Male

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Il Male ha una sostanza ontologica o è non-Essere come pensano gli stoici e i neoplatonici? Plotino e i cristiani ritengono che il Male sia assenza di Bene, il non-Essere come assenza di Essere. Anche il laico Benedetto Croce è convinto che il Male, di fatto non esista se non transitoriamente. La questione si complica con quanti non lo considerano come irrealtà ma come oggetto negativo del desiderio, con coloro che difendono la teoria soggettivistica del Bene, da Hobbes a Kant, attraverso Spinoza. Immanuel Kant, nella Critica della Ragion Pratica sostiene che il Male altro non è che un disvalore. Persino l’immenso Dostoevskij scrive di una precisa triangolazione composta da Nichilismo, Male e Potere e della dicotomia Vittima-Carnefice: chi esercita il Male e chi lo subisce.

Ora mi chiedo se anche dopo Auschwitz e gli altri genocidi del Novecento e del nostro tempo valga ancora, per semplificare, il paradigma Dostoevskij, o se non si debba ripensare il problema uscendo dallo schema dualistico. Hannah Arendt e Michel Foucault, tra gli altri, si sono spinti oltre con riflessioni che introducono i cosiddetti “crimini di obbedienza” e la presenza di un terzo soggetto: lo spettatore. Primo Levi ha scritto pagine magistrali sul funzionamento della zona grigia. Elias Canetti in “Massa e potere” sostiene che “la situazione del sopravvivere è la situazione centrale del potere” e che lo statuto di vittima non conferisce di per sé il certificato di innocenza. Il dualismo, il paradigma Dostoevskij, è in qualche modo rassicurante e quindi assai diffuso ma in realtà gli uomini normali collaborano col Male e col Potere. La zona grigia è sempre più ampia e il Male ormai si alimenta da sé massimizzando la vita individuale.

Vivere a qualsiasi costo! Accettare qualsiasi nefandezza, chiudere gli occhi di fronte al Male che si traveste da Bene. Ovviamente occorrono i Capri espiatori… ma quelli si trovano facilmente… soprattutto tra gli innocenti. Il Male del mondo contemporaneo viene originato dalla scomparsa del senso del tragico, dalla banale semplicità con la quale anestetizziamo il negativo e ci adattiamo alla norma di vita egemonica (il politicamente corretto), ci appoggiamo colpevolmente al Kitsch, all’accordo con l’idea che il mondo è giusto e l’Essere è il Bene.

Il mondo non è affatto giusto e l’Essere non è il Bene. Ciò che mi infastidisce non è tanto la percezione del brutto esistente, dal socialismo reale all’osceno neoliberismo, all’ignorante populismo, ma la maschera di apparente bellezza che il regime di turno vuole imporre. Per strappare la maschera occorre rischiare, dissociarsi dal volgare senso comune, scegliere di non accordarsi in modo categorico con l’Essere, mettere in atto una rivoluzione esistenziale, urlare che il re è nudo oppure restare in silenzio quando ci chiedono di accettare le banalità che ammorbano l’esistenza. Non è semplice… e si rischia l’isolamento ma il Silenzio è una grande scelta.

J.V.

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