ADDIO ROMBO DI TUONO
ADDIO ROMBO DI TUONO
“Quando il pallone arrivava dalle sue parti, calava il silenzio. Improvvisamente. Un silenzio assoluto e impossibile: era l’attesa dell’evento. E Riva partiva. Come un treno, come un’onda in piena. L’aria cominciava piano piano a vibrare: prima un brivido, poi un sussurro, poi un brusio che cresceva con l’incedere potente e dirompente del gladiatore con la maglia numero 11. Fino a diventare un ruggito, un boato, quasi un tuono che metteva i brividi ed era capace di scuoterti le budella. E Riva pareva volare su quel fragore che sembrava un’onda violenta. Eccolo, era il Rombo di Tuono.”
(Gianni Brera)
Addio Gigi, ti abbiamo amato tutti, eri un uomo formidabile e un calciatore fortissimo. Addio Gran Signore. Sei stato il mio idolo quando ero ragazzino, un atleta da ammirare e a cui voler bene. Piansi quando ti ruppero le gambe e quando con Rivera e gli altri campioni di Mexico ‘70 entrasti nella mitologia del calcio. Uomo di altri tempi. Avevi un profilo da dio greco, il viso segnato da una muta sofferenza solitaria. Una bellezza antica, virile, tenebrosa e malinconica. La voce grave e fascinosa, frutto di un fumare continuo. Poche parole, pochi sorrisi, molta malinconia. Neppure le sirene dei potenti ti hanno allontanato dall’isola che ti aveva adottato e che hai amato profondamente. Nessun tifoso avversario ti ha mai fischiato perché tu eri il calcio, il calcio come sogno, come mito, come leggenda. Tu eri il calcio descritto da Camus, il riscatto esistenziale, il sacrificio, la sofferenza, il rito. Un grande rammarico non averti conosciuto personalmente per mia colpevole mancanza malgrado si fosse presentata l’occasione. Ricordo i duelli con Santin, Burgnich e tutti gli altri giganti di quel tempo. Hai reso grandi il Cagliari e la Nazionale, hai portato dignità e signorilità ovunque. Per descrivere la tua gentilezza e signorilità sia sufficiente il ricordo di un mio caro amico che giocò contro di te in allenamento a Genova nel 1973 il giorno prima di una partita della Nazionale. Gli dicesti “vuoi far bella figura? Ora scatto con la palla a sinistra, parti prima di me così puoi anticiparmi”. Solo un Dio si rivela così agli uomini.
Con te svanisce la dimensione onirica del calcio, finisce l’età dell’oro.
“Simbolo della nostra Sardegna. Lui ci ha scelto. Noi lo abbiamo ammirato, amato, respirato. Continueremo a farlo: per sempre, di generazione in generazione”
(Gianfranco Zola)
Buon viaggio nostro eroe, Franz ti aspetta col braccio al collo. Addio hombre vertical.
J.V.