ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA VITTORIA DI TRUMP

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA VITTORIA DI TRUMP

La vittoria di Trump è in gran parte merito della strategia della coppia Susie Wiles-Chris LaCivita che trasformano le incertezze del 12 settembre (dibattito perso in tv con Kamala Harris) in una marcia trionfale. La prima è la consigliera politica del Presidente e una delle persone di cui lui si fida di più e Chris LaCivita è un ex Marine messo a capo della campagna. Loro due hanno guidato un gruppo agguerrito che ha eliminato i più pericolosi sfidanti per la nomination, Ron DeSantis (che Wiles conosce bene perché ha lavorato anche per lui) e Nikki Haley. Le loro mosse sembrano uscire da una sintesi di House of cards e Le idi di marzo. Poi hanno studiato come sconfiggere Joe Biden e assistere Trump nei processi giudiziari. Dopo il ritiro di Biden iniziano i guai per i due strateghi. La Wiles, detta “The Ice Lady”, e il Marine sono spiazzati da Harris e Trump ne combina di tutti i colori assieme al lobbista “spicciafaccende” Corey Lewandowksi e alla cospirazionista tossica Laura Loomer ispiratrice, tra l’altro, della sciocchezza sugli immigrati haitiani che mangiano gatti e cani a Springfield, in Ohio. A questo punto, Wiles e LaCivita minacciano le dimissioni e così la Loomer viene espulsa e Lewandowski collocato a svolgere un lavoro inutile in New Hampshire. Trump vince le elezioni con notevole margine e grave scorno dei sondaggisti. Annuncia subito che alzerà i dazi e la borsa americana carica come un toro mentre quelle europee sono più freddine. Il voto ha concentrato in mano al trumpismo un enorme potere (investitura popolare, Congresso, Corte suprema) e chiude, si spera, la follia woke dopo una decennale sbornia. Si confida, per chiudere la partita definitivamente, nella sconfitta imminente del leader canadese Justin Trudeau, il politico più woke del pianeta. Del resto l’acuta Hillary Clinton con naturale buon senso già nel 2022 aveva dichiarato al Financial Times “se andiamo avanti così andremo a sbattere”. Il paternalismo con cui attori, attrici, politici hanno detto alle donne di sentirsi libere di “tradire” i loro mariti votando diversamente da loro ha deformato ulteriormente una presunzione sbagliata: il divario di genere, tra i voti degli uomini e delle donne, si è ridotto, da 23 punti nel 2020 a 20. Molte donne hanno votato il misogino Trump perché hanno priorità diverse rispetto ai diritti riproduttivi e alla battaglia dei sessi. Lo stesso errore di valutazione riguarda gli altri segmenti chiacchierati in questa campagna elettorale: gli uomini afroamericani e gli uomini ispanici. La coalizione dei democratici mette la questione identitaria davanti all’economia, all’immigrazione e al costo della vita davanti. E’ questo che ha determinato il ritorno di Trump, lo ha fatto vincere in tutti gli stati in bilico. I mercati sono euforici e i suoi crimini vengono cancellati.

Poi i dem si sono frantumati anche grazie alle follie di Biden e agli errori del vero leader: Barak Obama. Intanto la scelta della debolissima Kamala Harris, imposta perché sua pupilla contro il parere della scafata e assai pragmatica Nancy Pelosi. Trump aveva già battuto una donna bianca nel 2016. Figuratevi una donna nera! Evidentemente Pelosi intuiva che il popolo non era pronto per questo passaggio. Lo sfacciato e volgare Trump ha giocato facile sul malumore popolare. Obama è un uomo colto, elegante, intelligente, razionale mentre Trump è un demagogo senza scrupoli ma i dem non hanno saputo esprimere un altro Obama da contrapporre all’orco. La coppia Barak-Michelle è rimasta colpevolmente dietro le quinte pur sapendo di mandare in prima linea un soldato inadeguato come Kamala Harris, poco stimata e chiacchierata anche dai suoi. Trump ha pescato nel torbido usando paura misoginia, razzismo e ansia suprematista, giocando sulle debolezze dem e sul caos americano. Personalmente non ho dubbi sul fatto che Obama sia “buono” e Trump “cattivo” ma la gestione della politica imperiale passa dalle fogne maleodoranti, dai draghi sputafuoco della propaganda, dai dollari di Elon Mask che i dem hanno colpevolmente regalato a Trump. Petrolio, immigrati ed Elon Musk sono le chiavi di lettura della vittoria.

Il 5 novembre 2024 si è chiuso il sessantotto con la sua dissennata assenza di limiti e ritorna per contrappasso il rozzo richiamo della foresta: l’America agli americani. Trump incarna selvaggiamente la reazione popolare all’ipocrisia del politically correct e al perbenismo moralista dei salotti. Il “grande Paese”, spaventato dalla fine del benessere, estremizza il disagio e si affida a Trump perché rimprovera alla sinistra americana e mondiale l’estremismo per cui essere un maschio bianco e non pentirsene è una grave colpa. Ora si spera che le élite culturali repubblicane non si appiattiscano sul trumpismo e quelle democratiche facciano tesoro della batosta elettorale per ripensare tutto il ciarpame woke che hanno prodotto in questi anni. Sarebbe stato sufficiente, per comprendere la frattura della società americana, leggere il libro del vicepresidente J. D. Vance “Hillbilly Elegy: memorie di una famiglia e una cultura in crisi” e vedere il film di Ron Howard. Storia di una famiglia disastrata tra alcolismo e mamme inaffidabili. Per fortuna la terribile nonna, armi in pugno, conservava lo spirito dei pionieri. Adesso suona la sveglia per noi europei ma pare che in Italia la confusa Schlein non voglia sentirla: la gioiosa alleanza tra élite e democratici, incardinata sul woke, si è frantumata, il sogno è finito, è un duro mattino e dal salotto si deve uscire. Il tedesco Scholz è già in crisi e Macron verrà licenziato a breve. La presidenza Trump potrebbe comunque offrire a Bruxelles il pretesto per una revisione critica delle sciagurate ed esasperate politiche eco Green modus Greta ed avviare serie e ragionevoli politiche ambientali con raziocinio e senza fumisterie ideologiche. Magari è anche giunto il tempo di non demonizzare più il nemico e smetterla di offendere coloro che non votano per i dem. Si prenda esempio dalla senatrice del Missouri Claire McCaskill che ha detto in tv “prima di tutto dovremmo riconoscere che Donald Trump conosce il nostro paese molto meglio di noi”. Sintesi precisa della sconfitta. L’America di Trump non è fascista (termine talmente abusato al punto di divenire insulso) ma un’altra America che magari a noi non piace ma quella è. Occorre ammettere con realismo ed onestà intellettuale che il discorso corrente del centrosinistra progressista dei paesi avanzati è morto perché incapace di interpretare la realtà odierna. Adesso l’Europa deve svegliarsi e decidere dove andare in modo realistico e pragmatico. Macron e Scholz sono due anatre zoppe e Trump avrà facile gioco con un’Europa allo sbando. L’Italia in particolare è dipendente dai dazi americani e Giorgia Meloni, amica del potentissimo Mask, brucia Salvini nella corsa alla corte del nuovo imperatore. Il segno dei tempi: Angela Merkel, una volta definita fenomenale statista, ora viene dipinta come sciagurata pasticciona. Non era né l’una né l’altra ma così va il mondo.

Concludo queste bagatelle con un’osservazione dell’anziano e saggio Adriano Sofri sul mondo di ieri “C’erano quattro tabù, all’ingrosso. Cose da non nominare invano, tutte eredità del 1945. L’atomica – mai più. Auschwitz, la Shoah – mai più. Il nazismo. Lo stalinismo. Sono caduti tutti, uno dietro l’altro, nei nostri giorni. L’atomica alla portata di tutte le bocche, di tutte le tasche. La Shoah vilipesa, abusata e rinfacciata. Il nazismo rimbalzato da un fronte all’altro della guerra europea, rimesso all’onore del mondo tedesco, i suoi generali rimpianti dal cialtrone Trump. Il comunismo “reale” rianimato dagli spiriti rossobruni. Un mondo senza tabù: il paradiso, prima della mela. La terra, prima del diluvio. Alleluja.”

Il Progresso è ingannevole e faticoso, fatto di piccoli passi avanti. Il ritorno all’indietro è invece a volte repentino e spietato.

Molte nubi all’orizzonte, dall’Ucraina al Medio Oriente… un disilluso come me è preoccupato e ormai non possiedo più neppure l’obbligo dell’ottimismo pedagogico. Sul cinico e pragmatico Machiavelli si impone il più pessimista e disilluso Guicciardini.

“Quanto è diversa la pratica dalla teoria! Quanti sono coloro che pur intendendo bene le cose, non se ne rammentano al momento giusto o non sanno metterle in atto! A queste persone l’intelligenza è inutile, perchè è come avere un tesoro in un’arca con obbligo di non tirarlo mai fuori.

(Francesco Guicciardini, Ricordi, 35)

J.V.

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