Appunti sulla tristezza
Appunti sulla tristezza
“Bisogna ridere della propria tristezza come ridono gli dèi.” (Ferruccio Masini)
Esistono nature tristi, immancabilmente tristi, perdutamente tristi anche quando sono momentaneamente felici. Nature troppo delicate e complesse per poter davvero gioire pienamente. Nature assai poetiche e tristi senza ragione come è giusto che sia. Nature solitarie che restano tali anche in mezzo alla folla e che vivono e soffrono le pene di tutti. Esse possiedono un cuore triste e buono perché la loro pietà è una tristezza mescolata all’amore.Sono tristi sin da bambini, amano i tramonti, le sale cinematografiche, i romanzi d’amore, i sogni e le utopie, le lacrime nascoste, la sacralità del dolore silenzioso, la magia della pioggia e della neve. I loro sorrisi sono meravigliosi perché colmi di speranza, rari e sinceri, dolorosi e carichi di significato, leggeri e pesanti ad un tempo. Marguerite Duras scrive “Aspettavo questa tristezza, era dentro di me, sono sempre stata triste.” Difficile rendere meglio la tristezza. Le persone dolcemente tristi si riconoscono tra loro, parlano per un momento e poi fissano il vuoto come la Merlettaia o Monsieur Hire con lo sguardo perduto e la mente chissà dove.
Amano la musica ed in lei trovano un po’ di pace. La loro tristezza non è disperazione ma ricerca d’amore, tentativo di riunirsi alla metà un tempo perduta e rientrare così nell’Essere uscendo dall’insostenibile leggerezza del divenire. Grazie alla tristezza riescono a cogliere l’arte e la magia, la sacralità nascosta nelle cose del mondo apparente. Le persone autenticamente e gentilmente tristi non polemizzano e non litigano, non alzano la voce. Guardano con occhi tristi e rassegnati e al massimo dicono “Sì, va bene”. Non amano il combattimento e la guerra, non criticano nessuno e diffidano istintivamente degli idealisti raddrizzatori di torti e censori del comportamento altrui. La natura triste non intende cambiare nessuno, accetta il destino della necessità come il saggio e velatamente triste Spinoza. La tristezza dell’immenso Spinoza discende dalla consapevolezza della malvagità umana e delle brutture del mondo. Una tristezza che scaturisce dalla sua infinita sensibilità accompagnata da una gigantesca e possente cultura, dalla condizione di perseguitato esposto alla follia imbecille e devastante degli altri uomini, dalla mancanza del minimo odio verso chi lo perseguita. Una tristezza talmente nobile che non genera neppure una lacrima nella consapevolezza che la tristezza durerà in eterno. Sì, lo confesso, penso davvero che Dio sia triste e lo immagino come una ragazza che osserva silenziosamente la pioggia dietro una finestra. Nessuno può cancellare dal volto la tristezza di Jean Valjean ma grazie a quella tristezza consapevole egli salva Cosette. Ogni buon Maestro dovrebbe essere triste come Jean Valjean. Se non lo è gli manca l’amore necessario per far crescere i suoi allievi. La tristezza mi ha accompagnato per tutta la vita e mi ha consentito di poter forse salvare qualcuno, di amare, di essere anche felice. Va bene così. Nessun dolore ha saziato la mia tristezza e anche questo va bene. Ora mi attende una tristezza che possiede profonda coscienza di sé, quella della vecchiaia. Va bene anche questo. Vorrà dire che dovrò amare ancora di più. Da molto tempo non nutro speranze e quindi non ho paura alcuna. Leggere e meditare le opere del Maestro Spinoza, sia pur nella siderale distanza tra Lui e me, a qualcosa è forse servito.
“Osservò la scena e pensò alla vita- e come regolarmente gli succedeva quando pensava alla vita, diventò malinconico. Una tristezza dolce discese in lui. Sentì quanto era vano lottare contro la sorte- era questa la saggezza che i secoli gli avevano tramandato.”(James Joyce)
Credo veramente che senza una sincera, pacata e benevola tristezza sia assai difficile amare gli altri, essere comprensivi e non giudicanti, amorevoli e caritatevoli. Ho subito molte ingiustizie e ricevuto molto male ma, grazie alla mia tristezza, non riesco ad odiare nessuno. E non odiare è molto, molto importante.
J.V.