Arpad Weisz

Arpad Weisz

Il 31 gennaio del 1944 ad Auschwitz morì soffocato in una camera a gas uno dei migliori allenatori dell’epoca. Aveva solo 48 anni, il suo nome era Arpad Weisz. La sua è una delle vicende che meglio raccontano di cosa è stata capace l’umanità. In senso negativo.

Weisz era ungherese. Nato in una cittadina vicino Budapest, fu spedito giovanissimo in trincea nella Prima Guerra Mondiale. Soldato dell’Impero asburgico, venne fatto prigioniero dalle truppe italiane sul Carso. Qualche anno dopo l’Italia sarebbe diventata casa sua. Finita la guerra, si diede al pallone. Era una buona ala sinistra. Venne a giocare nell’Alessandria, poi passò all’Inter. Un infortunio lo costrinse al ritiro quando aveva nemmeno 30 anni. Decise di fare l’allenatore. Buona scelta. Guidò prima il club nerazzurro, che nel frattempo il Regime fascista aveva obbligato a chiamarsi Ambrosiana, e poi il Bologna. Vinse tre scudetti, il primo a soli 34 anni. Con gli emiliani trionfò anche a Parigi, nel Torneo dell’Expo, una sorta di antenato della Coppa Campioni. Era un allenatore moderno, innovatore, molto preparato. Ma era ebreo. E nel 1938 in Italia essere ebreo divenne un problema. Le leggi razziali lo costrinsero a lasciare il Paese nel vile silenzio generale. Riparò in Francia, ma ben presto anche oltralpe l’aria iniziò a farsi pesante. Si spostò in Olanda. Ma i cacciatori di ebrei arrivarono pure lì. Nel 1941 di Arpad Weisz si persero le tracce.

Per oltre mezzo secolo non si seppe che fine avesse fatto. Poi, nel 2007, un giornalista italiano, Matteo Marani, ha voluto vederci chiaro. E ha scoperto la terribile realtà. Nel 1942 Weisz fu deportato con la famiglia nel campo di transito di Westerbork. La moglie e i figli vennero trasferiti ad Auschwitz e immediatamente gassati. Arpad fu assegnato a un campo di lavoro nell’Alta Slesia. All’inizio del 1944 anche lui fu portato ad Auschwitz e fu ucciso.

J.V.

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