Benedetto Croce

Benedetto Croce

“La storia non è giustiziera, ma giustificatrice”

Semplicità elegante, intuizione geniale, cultura immensa, serenità straordinaria, equilibrio intellettuale, coscienza del proprio valore. Questo è Benedetto Croce. Per mezzo secolo influenza la cultura italiana ed europea, soprattutto tedesca. Autodidatta talentuoso. Nasce a Pescasseroli nel 1866. Terremoto di Casamicciola gli cambia tragicamente l’esistenza. A Napoli, sua città d’adozione, muore nel 1952. Liberalismo, neoidealismo, storicismo assoluto, filosofia dello spirito ossia pensiero storico, pensiero che ha come contenuto la storia. Rivolta sacrosanta contro il Positivismo: la scienza misura la realtà, la filosofia comprende il reale. Oppositore convinto e forte del totalitarismo. La scossa di terremoto che gli porta via la famiglia a diciassette anni gli pone il problema del Male.

“Quegli anni furono i miei più dolorosi e cupi: i soli nei quali assai volte la sera, posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato di non svegliarmi al mattino, e mi siano sorti persino pensieri di suicidio.”

Tre anni a Roma grazie allo zio Silvio Spaventa. Influenza marxista di Antonio Labriola. Non ha bisogno di laurearsi e continua gli studi eruditi a Napoli nella casa che fu di Giambattista Vico. Viaggi europei, amore infinito per la Storia, unica guida esistenziale.

Inizialmente pensa al Fascismo come un bene “non poteva e non doveva essere altro che un ponte di passaggio per la restaurazione di un più severo regime liberale”, poi lo avversa duramente quando ne comprende lo spirito totalitario. Scrive il Manifesto degli intellettuali antifascisti in contrapposizione al Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile.

“Contaminare politica e letteratura, politica e scienza è un errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso, per patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà di stampa, non può dirsi nemmeno un errore generoso. E non è nemmeno, quello degli intellettuali fascisti, un atto che risplende di molto delicato sentire verso la patria, i cui travagli non è lecito sottoporre al giudizio degli stranieri, incuranti (come, del resto, è naturale) di guardarli fuori dei diversi e particolari interessi politici delle proprie nazioni. […]

In che mai consisterebbe il nuovo evangelo, la nuova religione, la nuova fede, non si riesce a intendere dalle parole del verboso manifesto; e, d’altra parte, il fatto pratico, nella sua muta eloquenza, mostra allo spregiudicato osservatore un incoerente e bizzarro miscuglio di appelli all’autorità e di demagogismo, di proclamata riverenza alle leggi e di violazione delle leggi, di concetti ultramoderni e di vecchiumi muffiti, di atteggiamenti assolutistici e di tendenze bolsceviche, di miscredenza e di corteggiamenti alla Chiesa cattolica, di aborrimenti della cultura e di conati sterili verso una cultura priva delle sue premesse, di sdilinquimenti mistici e di cinismo. […] Per questa caotica e inafferrabile “religione” noi non ci sentiamo, dunque, di abbandonare la nostra vecchia fede: la fede che da due secoli e mezzo è stata l’anima dell’Italia che risorgeva, dell’Italia moderna; quella fede che si compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l’educazione intellettuale e morale, di sollecitudine per la libertà, forza e garanzia di ogni avanzamento.”

Fine dell’amicizia con Gentile. Da questo momento Croce sarà l’unica voce antifascista tollerata dal regime. Comunque nel novembre 1926 i fascisti gli devastano la bella casa napoletana non potendo toccare la persona troppo nota a livello internazionale. Si oppone alle sciagurate leggi razziali del 1938 e si rifiuta di compilare il questionario ai fini della classificazione razziale “L’unico effetto della richiesta dichiarazione sarebbe di farmi arrossire, costringendo me, che ho per cognome Croce, all’atto odioso e ridicolo insieme di protestare che non sono ebreo, proprio quando questa gente è perseguitata.”

Dopo la caduta del Fascismo viene nominato Presidente del Partito Liberale Italiano. Membro dei governi Badoglio e Bonomi, vorrebbe l’abdicazione di Vittorio Emanuele III ma si scontra con gli inglesi. Rifiuta la candidatura di Capo provvisorio dello Stato e la nomina a senatore a vita.

Ictus nel 1949 e morte nel 1952. Funerali solenni.

Agnostico convinto, riconosce però il valore del Cristianesimo “Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non maraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall’alto, un intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. Tutte, non escluse quelle che la Grecia fece della poesia, dell’arte, della filosofia, della libertà politica, e Roma del diritto: per la capacità dei princìpi cristiani di contrastare il neopaganesimo e l’ateismo propagandati dal nazismo e dal comunismo sovietico… sono profondamente convinto e persuaso che il pensiero e la civiltà moderna sono cristiani, prosecuzione dell’impulso dato da Gesù e da Paolo. Su di ciò ho scritto una breve nota, di carattere storico, che pubblicherò appena ne avrò lo spazio disponibile. Del resto non sente Ella che in questa terribile guerra mondiale ciò che è in contrasto è una concezione ancora cristiana della vita con un’altra che potrebbe risalire all’età precristiana, e anzi pre-ellenica e pre-orientale, e riattaccare quella anteriore alla civiltà, la barbarica violenza dell’orda?”

Idealista sino al midollo, sostiene il principio che l’unica realtà è il pensiero concepito dal soggetto e nega l’esistenza autonoma della realtà fenomenica. Può essere, come dicono alcuni, che il suo pensiero oggi sia superato ma, a mio modesto avviso, ogni intellettuale degno di tale nome deve aver fatto i conti con Croce, da Gramsci a Bobbio, da Eco a Evola. Non esiste un buon docente che non abbia letto e meditato Croce.

Il suo pensiero è caratterizzato da un hegelismo serio, profondo, improntato da razionalismo gnoseologico e dialettico. Kant, Vico ed Hegel lo conducono allo Storicismo assoluto. Per Croce non esiste realtà al di fuori della Storia con buona pace del povero (di Spirito) Popper. Per Croce la verità è dialettica e lo Spirito, in quanto intelletto umano, si realizza nella storia ma nel rispetto della libertà. Per questo ogni fatto è calato nella realtà storica, ma non possono trovare giustificazione né l’attualismo gentiliano né tanto meno il materialismo marxista. Per Croce la radice totalitaria si trova nell’antistoricismo. Critica pesantemente Heidegger, troppo vicino al nazismo “un Gentile più dotto e più acuto, ma sostanzialmente della stessa pasta morale… Scrittore di generiche sottigliezze, arieggiante a un Proust cattedratico, egli che, nei suoi libri non ha dato mai segno di prendere alcun interesse o di avere alcuna conoscenza della storia, dell’etica, della politica, della poesia, dell’arte, della concreta vita spirituale nelle sue varie forme – quale decadenza a fronte dei filosofi, veri filosofi tedeschi di un tempo, dei Kant, degli Schelling, degli Hegel! -, oggi si sprofonda di colpo nel gorgo del più falso storicismo, in quello, che la storia nega, per il quale il moto della storia viene rozzamente e materialisticamente concepito come asserzione di etnicismi e di razzismi, come celebrazione delle gesta di lupi e volpi, leoni e sciacalli, assente l’unico e vero attore, l’umanità. […] E così si appresta o si offre a rendere servigi filosofico-politici: che è certamente un modo di prostituire la filosofia.”

Per Croce la Storia è hegelianamente storia di libertà.

Polemica forte col matematico e filosofo della scienza Federigo Enriques. I concetti scientifici non sono veri e propri concetti puri ma pseudoconcetti, falsi concetti, strumenti pratici di costituzione fittizia “La realtà è storia e solo storicamente la si conosce, e le scienze la misurano bensì e la classificano come è pur necessario, ma non propriamente la conoscono né loro ufficio è di conoscerla nell’intrinseco… Gli uomini di scienza sono l’incarnazione della barbarie mentale, proveniente dalla sostituzione degli schemi ai concetti, dei mucchietti di notizie all’organismo filosofico-storico… I nuovi congegni [della logica matematica] sono stati offerti sul mercato: e tutti, sempre, li hanno stimati troppo costosi e complicati, cosicché non sono finora entrati né punto né poco nell’uso. Vi entreranno nell’avvenire? La cosa non sembra probabile e, ad ogni modo, è fuori della competenza della filosofia e appartiene a quella della pratica riuscita: da raccomandarsi, se mai, ai commessi viaggiatori che persuadano dell’utilità della nuova merce e le acquistino clienti e mercati. Se molti o alcuni adotteranno i nuovi congegni logici, questi avranno provato la loro grande o piccola utilità. Ma la loro nullità filosofica rimane, sin da ora, pienamente provata… Le scienze naturali e le discipline matematiche, di buona grazia, hanno ceduto alla filosofia il privilegio della verità, ed esse rassegnatamente, o addirittura sorridendo, confessano che i loro concetti sono concetti di comodo e di pratica utilità, che non hanno niente da vedere con la meditazione del vero… Le finzioni delle scienze naturali e matematiche postulano di necessità l’idea di un’idea che non sia finta. La logica, come scienza del conoscere, non può essere, nel suo oggetto proprio, scienza di finzioni e di nomi, ma scienza della scienza vera e perciò del concetto filosofico e quindi filosofia della filosofia.”

Ovviamente contro Croce le ingiurie di pseudoscienziati. La verità è che tale gigante si confronta con Einstein (vedi rispettoso carteggio) non certo con i pigmei. Stesso giudizio tranchant contro le scienze umane. Non capisce perché si debba sprecare tempo a studiare “i cretini, i bambini e i selvaggi, quando esistono pensatori come Kant”.

Pur essendo hegeliano critica l’idea di Stato etico. La Storia è l’attuazione della Ragione e compito dello storico è possedere una visione la visione logica della realtà “… la storia non è giustiziera, ma giustificatrice”. La Storia è sempre storia contemporanea con buona pace di quanti, in modo dilettantistico, vorrebbero confondere Storia e cronaca. La Filosofia è metodologia della Storia e non esiste realtà fuori dalla scienza storica.

La sua serenità viene intaccata soltanto dalla prima guerra mondiale. Il filosofo avverte che qualcosa ha intaccato nelle fondamenta il mondo in cui crede. Avversa il Fascismo con tutte le sue forze ma dopo il 1945 comprende di non poter più essere una guida per l’Italia. Il suo sogno, confessato ad un amico, è vivere in un convento secentesco napoletano, con le sue bianche celle e il suo chiostro, in mezzo ad un giardino di aranci e limoni mentre fuori infuria il tumulto che batte forte contro le sue alte muraglie.

Oggi, mentre i cani latrano contro di te, Don Benedetto, mi rammarico di averti conosciuto soltanto (ed è un privilegio) sui tuoi libri… avrei voluto conoscerti personalmente per dirti che il tuo sogno è anche il mio. Con affetto e riconoscenza…

J.V.

Rispondi