Bloom
Harold Bloom
“Il canone letterario non ci battezza dandoci accesso alla cultura, non ci affranca dall’ansia culturale. Anzi, conferma le nostre ansie culturali, ma contribuisce a dare loro forma e coerenza”.
“il mio precursore, Samuel Johnson, la figura che ho emulato, diceva che la funzione della vera critica è trasmutare le opinioni in conoscenza. Questo è il mio lavoro”
Harold Bloom, New York, 11 luglio 1930. Figlio di ebrei russi. Uno dei più importanti critici letterari statunitensi. Memoria prodigiosa e capacità di lettura impressionante. Recita a memoria, secondo le testimonianze, tutto Shakespeare, l’intero Paradiso perduto di Milton, tutte le poesie di Blake, la Bibbia ebraica e molto altro. Professore emerito all’Università di Yale, dove era stato Sterling Professor of the Humanities and English (Discipline Classiche), il più alto rango accademico di quell’Ateneo. Decisivo il suo Canone occidentale, dove Dante e Shakespeare sono le colonne portanti. ”Shakespeare è Dio“, scrive. Ha il merito di portare la critica letteraria, sino ad allora riservata agli specialisti, al grande pubblico senza alcuna banalizzazione. ”L’angoscia dell’influenza”, saggio sulla poesia pubblicato nel 1973 riprende teorie freudiane e sostiene che ogni generazione di scrittori si contrappone allo stile e ai temi della precedente, in una sfida e al contempo in una rielaborazione continua della tradizione. A metà degli anni settanta diviene l’accusatore implacabile del mondo accademico statunitense a causa delle controculture radicali. Parla di School of Resentment in riferimento agli accademici “risentiti”, colpevoli di trascurare i valori estetici a favore dell’ideologia. Una lotta serrata contro gli -ismi letterari: marxismo, neostoricismo, femminismo, multiculturalismo, decostruzionismo e chi più ne ha più ne metta. Accusa coloro che mettono sullo stesso piano fumetti e sonetti frantumando così gli standard di giudizio. The Western Canon viene pubblicato nel 1994. Difende il concetto di Canone occidentale attraverso la presentazione di 26 scrittori:
1. William Shakespeare
2. Dante Alighieri
3. Geoffrey Chaucer
4. Miguel de Cervantes
5. Michel de Montaigne
6. Molière
7. John Milton
8. Samuel Johnson
9. Johann Wolfgang von Goethe
10. William Wordsworth
11. Jane Austen
12. Walt Whitman
13. Emily Dickinson
14. Charles Dickens
15. George Eliot
16. Leo Tolstoy
17. Henrik Ibsen
18. Sigmund Freud
19. Marcel Proust
20. James Joyce
21. Virginia Woolf
22. Franz Kafka
23. Jorge Luis Borges
24. Pablo Neruda
25. Fernando Pessoa
26. Samuel Beckett
Accusato di maschilismo, afferma che la lista è soltanto indicativa e redatta a scopi puramente editoriali dove però viene salvaguardato il valore estetico.
Poi feroci stroncature di alcuni Nobel per la letteratura, da Doris Lessing al “ridicolo” Dario Fo.
Nonostante ciò il suo canone viene in seguito ammorbidito von “L’anatomia dell’influenza” del 2011, in cui dichiara che un vero critico debba conoscere tutte le tradizioni culturali, anche quelle non occidentali.
Poi nel 2015 pubblica The Deamon Knows: Literary Greatness and the American Sublime e, malgrado la malattia ormai devastante, tra il ‘17 e il 19 scrive cinque monografie di personaggi shakespeariani: Falstaff, Cleopatra, Lear, Iago, Macbeth. Nel 2019 esce la sua autobiografia.
Quasi sempre in posizioni scomode, sostenitore di tesi forti. Un esempio su tutti: l’Antico testamento è uno dei romanzi migliori mai scritti e il Dio della tradizione giudaico-cristiana è un perfetto personaggio letterario, creato addirittura dall’immaginazione di una donna. Dandy eccentrico, pessimista, disilluso, etilista cronico, sgomento e impotente di fronte al trionfo dell’immondizia Harry Potter o al “pessimo” Stephen King. Il suo invidioso collega Frank Kermode lo critica malevolmente “Ha in mente solo chi professa il canone come uno strumento di egemonia culturale e quindi politica, un inganno sottile escogitato da uomini morti bianchi per rinforzare un’oppressione etnica e sessista“. Al netto delle polemiche l’opera di Bloom è meritoria per lo sforzo di sistemazione di un immenso materiale. Ovviamente un tale sforzo lascia dietro di sé morti e feriti. Bloom sfida il caos ed è un terribile profeta.
Harold Bloom muore a New Haven il 14 ottobre 2019.
Oggi la generica “cultura”, dal fumetto alla televisione, dalla musica rock alle più basse forme di espressione subumana sostituiscono Shakespeare e Dante. Meritiamo di sprofondare come Atlantide. Già Flaubert con “Bouvard et Pécuchet” aveva celebrato il lutto della letteratura.
Globalizzazione, multiculturalismo, femminismo, plurilinguismo e, soprattutto, cospicui interessi editoriali considerano superato il canone. Per quanto mi riguarda considero il lavoro di Bloom un eccellente mezzo per la formazione di buona cultura di un essere umano. Studio Dante e Shakespeare, leggo i classici da mezzo secolo e non ho nessuna intenzione di smettere perché mi resta poco tempo da vivere e non intendo sprecarlo correndo il rischio di leggere sciocchezze nella consapevolezza comunque che altre parti del pianeta possano produrre buona letteratura. Non disprezzo i fumetti ma non li considero letteratura. Ascolto le canzonette ma non le accosto a Puccini o a Wagner. Non mi piace il relativismo culturale e detesto il politicamente corretto. Si può ancora dire? Considero il valore estetico fondamentale per un’opera d’arte e detesto i moralisti e i pressapochisti che dicono “tutto è cultura” per nascondere la propria ignoranza. Dante non è uguale a qualche poetastro contemporaneo…
“Senza cultura e la relativa libertà che ne deriva, la società, anche se fosse perfetta, sarebbe una giungla. Ecco perché ogni autentica creazione è in realtà un regalo per il futuro.”
(Albert Camus)
J.V.