Buenaventura Durruti 

Buenaventura Durruti

“Al Fascismo no se le discute, se le destruye.”
(Buenaventura Durruti)

Buenaventura Durruti nasce a León il 14 luglio 1896, figlio di un ferroviere iscritto al sindacato dell’UGT (Union general de trabajadores).
Ottimo studente, inizia a lavorare a 14 anni ma continua a studiare e a leggere appassionatamente. Nel 1916 trova lavoro presso la Compagnia ferroviaria della Spagna del nord e l’anno seguente si impegna attivamente nello sciopero generale proclamato dall’UGT. Nel corso degli scontri muoiono 70 persone, 500 restano ferite e oltre 2000 arrestate dalla polizia.

«Quando venne lo sciopero del 1917, avevamo dicianove anni giusti giusti […] Non volevamo permettere che lo sciopero finisse in una bolla di sapone. Avevamo anche qualche arma, niente di speciale, ma abbastanza da fare un poco di paura ai soldati […] Già avevamo occupato la stazione […] Già era scuro, vedevamo brillare le divise dei soldati, e poi incominciò: “Bang! Bing-bang, bing-bang!” Era come una piccola guerra. Subito ci venne sopra la Guardia Civil. E qua con quei revolver piccoli non c’era da fare più niente. Ci cercammo qualche pilone dell’alta tensione al centro di Lèon, che erano altissimi, e in posizione buona, davanti ci stavano gli alberi. Ci arrampicammo lassopra e ci nascondemmo bene bene, e tutti avevamo cappelli e tasche pieni di pietre, e le buttammo in testa ai poliziotti […] I poliziotti caricarono coi cavalli sulla gente. Ma a noi non ci presero […] mano mano venne fuori un clima rivoluzionario, che poi è stato portato in tutto il paese dalla CNT. Naturalmente, quello che già allora era il capo in tutte queste lotte, era Durruti». (Florentino Monroy. Si trova in H.M Enzensberger, La breve estate dell’anarchia, Feltrinelli, pag. 20-21)

Durruti perde il lavoro e si trasferisce a Gijon, nelle Asturie, dove conosce Manuel Buencasa, segretario generale della CNT. Renitente alla leva fugge in Francia dove incontra gli anarchici Sébastien Faure, Louis Lecoin e Émile Cottin.
Nel 1920 rientra a Barcellona e diviene un militante influente all’interno delle due organizzazioni anarchiche più importanti di Spagna: la Confederación Nacional del Trabajo (CNT) e la Federazione Anarchica Iberica (FAI).
Aderisce al gruppo “Los Solidarios” di cui fanno parte anche Juan Garcia Oliver e Francisco Ascaso. Attaccano il sistema capitalistico spagnolo con rapine in banca e l’uccisione del cardinale Romero, colpito per ritorsione in seguito all’assassinio dell’anarchico Salvador Segui. Emigra in Sudamerica dove continua l’opera anticapitalista. Ricercato dalle polizie di mezzo mondo viene arrestato a in Francia nel 1926. Viene liberato il 14 luglio del ‘27 ed espulso dalla Francia. Intanto a Parigi conosce Emilienne Morin alla Libreria Internazionale anarchica di Parigi e diviene il suo compagno. Così, la stessa Morin, racconta il loro incontro:
“Ci eravamo conosciuti a Parigi. Dev’essere stato il 1927. Lui usciva proprio allora di prigione. In tutta la Francia c’era stata un’enorme campagna, il governo aveva ceduto, i tre moschettieri – era un nomignolo che aveva trovato la stampa – erano stati rilasciati. Durruti uscì, la sera stessa fece visita a qualche amico, io ero presente, ci vedemmo, ci innammoramo a rotta di collo e le cose rimasero così.”

Torna in Spagna nel ‘31 e in poco tempo, grazie all’immenso coraggio e l’instancabile attivismo diviene il riferimento degli anarchici spagnoli.
Il 23 luglio è a capo di diecimila anarchici (poi Colonna Durruti) ottenendo diverse vittorie sul fronte Aragonese. Quando la Colonna Durruti, «marciando verso il fronte, attraversava un villaggio, per prima cosa i suoi consiglieri politici deponevano il giudice. I problemi locali venivano risolti in base alle seguenti tre domande: «Dov’è il tribunale? Dov’è il catasto coi registri? Dov’è la prigione?». Poi incendiavano gli atti giudiziari e i registri catastali e liberavano i prigionieri. In seguito venivano fatti riunire tutti gli abitanti del villaggio e si spiegavano loro i principi del comunismo libertario.
(H. M. Enzensberger, La breve estate dell’anarchia, Feltrinelli, pag. 192)
Quando i miliziani anarchici si lasciano andare a violenze ingiustificabili a causa dell’odio covato da tempo immemorabile, Durruti interviene duramente per salvare persone innocenti.
A Madrid, il 20 novembre 1936, Buenaventura Durruti viene colpito mortalmente da un’arma da fuoco che lo raggiunge all’altezza della settima\ottava costola toracica.
La versione ufficiale, avallata anche dalla CNT, attribuisce la responsabilità ad un cecchino fascista della Guardia Civil. È invece assai probabile che sia stato assassinato dagli stalinisti.
Al suo funerale a Barcellona partecipa un milione persone.
Così le esequie di Durruti vengono raccontate da Hanns-Erich Kaminski:

« I miliziani con il fucile al braccio, circondarono il catafalco […] poi alcuni uomini della colonna Durruti che erano venuti da Madrid con la bara la portarono alla “casa” [l’ex-sede della Camera di Industria e commercio di Barcellona] […] Il coperchio della bara fu tolto e Durruti apparve, sotto vetro, coricato sulla seta bianca con una sciarpa bianca avvolta intorno alla testa; aveva l’aria di un arabo […] Migliaia e migliaia di persone sfilarono davanti a Durruti per tutta la notte. Il giorno dopo, la mattina, ebbero luogo i funerali […] era grandioso, sublime e bizzarro, poiché tutta quella folla non era diretta, non c’era né ordine né organizzazione; nulla funzionava, il caos era indescrivibile […] alle dieci e mezza, coperto di una bandiera rossa e nera, lascia la “casa degli anarchici” sulle spalle dei miliziani della sua colonna […] No, non erano funerali regali, erano funerali popolari […] funerali anarchici […] Ai piedi della colonna di Cristoforo Colombo […] furono pronunciate le orazioni funebri […] Era previsto che il corteo si sarebbe sciolto dopo i discorsi […] fu impossibile seguire il programma […] Scendeva la notte […] all’ultimo momento si decise di rimandare l’inumazione […] soltanto il giorno dopo Durruti fu sotterrato ».

Un grande uomo, un uomo giusto. Mi piace ricordarlo oggi in tempi confusi nei quali spesso perdiamo l’orientamento. Durruti non lo perse mai…

J.V.

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