Bulgakov
Bulgakov
“Per dirigere bisogna per questo avere un piano preciso per un periodo di tempo almeno rispettabile. E come può dirigere l’uomo, se non soltanto gli manca la possibilità di fare un piano anche per un periodo di, poniamo mille anni, ma non può disporre neppure del proprio domani? Immagini che lei, ad esempio, cominci a dirigere, a disporre di sé e degli altri, insomma a prenderci gusto, quando improvvisamente le capita… eh… eh… un sarcoma al polmone – e lo straniero socchiuse gli occhi come un gatto – ed ecco che tutto il suo dirigere è finito! Nessun destino, a parte il suo, le interessa più. I parenti cominciano a mentirle mentre lei si precipita prima dagli specialisti, poi dai ciarlatani, se non addirittura dalle chiromanti. E alla fine, colui che s’immaginava di dirigere qualcosa si trova a giacere in una cassa di legno, e gli altri lo cremano in un forno.”
(Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita)
Nei primi anni Novanta del Novecento non esiste più l’Unione sovietica. Negli archivi del KGB viene ritrovata una copia fotografica del diario di Michail Bulgakov. Pensiamo che in futuro verrà alla luce altro di questo medico che di notte si trasforma in scrittore, amato soprattutto per Il Maestro e Margherita, ma che in realtà ha scritto altri libri importanti, da Diavoleide del 1924 a Uova fatali e Cuore di cane del 1925 e molto altro ancora.
Vive nella Russia anteguerra (nasce nel 1891) e continua a vivere nella Russia rivoluzionaria illusa e affamata, per morire nella Russia staliniana dove la neve copre gli orrori e i massacri. Come Gogol brucia parte del suo romanzo per timore di un sequestro. Lo ricostruisce a memoria, lotta con gli editori e con la censura, soffre per il doloroso divorzio dalla prima moglie e si innamora della donna della sua vita, che lo accompagnerà sino alla morte atroce il 10 marzo del 1940. Ha inciso assai sulla mia formazione, sul carattere, sulle scelte di vita.
Viene da Kiev, figlio di un teologo, docente di storia delle religioni occidentali all’Accademia teologica di Kiev. Educato ai valori cristiani, conservatore nemico del brusco e repentino cambiamento, cresce nel nido caldo e affettuoso ascoltando la lettura della Bibbia. Poi diviene medico, perde la fede, si sposa troppo giovane con Tat’jana Lappa. Ama la musica di Verdi e il teatro. Assiste i feriti che tornano dal fronte. Passa le giornate ad amputare arti e veder morire i giovani soldati. Si forma un carattere fermo e determinato, in grado di reggere alle dure sofferenze che l’esistenza ci riserva. A soli venticinque anni assume la direzione dell’ospedale di Nikol’skoe, un villaggio sperduto del governatorato di Smolensk e conosce il paesaggio spettrale della Russia profonda.
Cura i contadini, sino a 100 al giorno, sperimenta la vita dura della campagna. Ha una visione lucida, čechoviana, della situazione. Non idolatra i contadini, anzi ne coglie la rozza barbarie e la diffidenza ma nello stesso tempo è cosciente che il suo dovere consiste nell’educarli ed istruirli. Diffida dei rivoluzionari e comprende profeticamente che il paese si avvia al disastro totale. Tutto sarà confermato dopo il colpo di stato (rivoluzione?) di ottobre. Scrive il 13 gennaio 1918 “Il presente è tale che cerco di vivere senza farci caso… non vedere, non sentire!… Ho visto grigie folle che von urla d’incitamento e ignobili imprecazioni rompevano i vetri dei treni, le ho viste picchiare la gente. Ho visto, a Mosca, case distrutte e in cenere. Facce ottuse e bestiali… Ho visto tutto con i miei occhi e ho capito definitivamente quello che è successo”. Nel febbraio si trasferisce a a Kiev. La guerra è finita col terribile diktat di Brest Litovsk ma ormai la Russia è dilaniata dalla guerra civile. Per combattere atroci dolori diviene morfinomane. Guarisce grazie alla pazienza e alle cure della moglie. Intanto a Kiev la Čeka, la polizia politica voluta da Lenin, compie orribili massacri. Bulgakov descrive questa crudeltà selvaggia ne La guardia bianca e ne I giorni del Turbin. Comprende che il popolo russo pagherà un prezzo altissimo per essersi fatto abbindolare da avventurieri come Lenin e Trotzky. Per lui è giunto il tempo della Colpa e dell’Espiazione. Si ammala di tifo. Guarisce miracolosamente e altrettanto miracolosamente non viene ucciso dai bolscevichi dopo la disfatta di Wrangel. I Bianchi hanno perso. Amarezza e povertà totale. Ritorna a Mosca per vivere sotto i vincitori in un paese che non può smettere di considerare il suo. È un paria, non è più il signor medico. La morte di Lenin e il grottesco omaggio tributato alla salma rafforzano in lui la convinzione della commistione tra cultura russa e nuovo ateismo talmente cinico da usare la ritualità cristiana per celebrare i propri santi. Incontra Ljuba, divorzia dalla povera Tat’jana distrutta dal dolore. Dopo la prima de I giorni del Turbin, diviene famoso, invidiato e osteggiato. Problemi con la censura. Sequestri e requisizioni. Le sue opere teatrali vengono sospese. Majakovskij paragona Bulgakov a Molière.
Difficoltà materiali e delusioni professionali lo portano a scrivere al fratello “Con queste stesse mani ho gettato nella stufa le minute di un romanzo sul diavolo, di una commedia e l’inizio di un altro romanzo”. Il “romanzo sul diavolo“ però non può bruciare veramente. Scrive una lettera al governo sovietico chiedendo il permesso di espatriare avendo di fronte a sé come prospettiva “soltanto la miseria, il vagabondaggio e la morte”. Gli telefona Stalin in persona il 18 aprile, il giorno dopo i funerali di Majakovskij che si era suicidato quattro giorni prima. Resta in patria e lavora come assistente regista teatrale. Gli verrà sempre impedito di uscire dall’URSS malgrado la relativa benevolenza staliniana. Nel ‘32 si sposa per la terza volta con Elena Sergeevna Šilovskaja. Lavora faticosamente al romanzo. Inizia il Grande Terrore del ‘37. Si salva grazie alla benevolenza di Stalin nei suoi confronti mentre quasi tutto gli scrittori che non appoggiano la dittatura vengono uccisi. Lui viene semplicemente condannato all’oblio. Muore di nefrosclerosi, come suo padre, a soli 49 anni. Silenzio su di lui sino al 1961, poi, all’improvviso esplode il “fenomeno Bulgakov” dovuto a Il maestro e Margherita, pubblicato quasi trent’anni dopo la sua morte. In Italia lo pubblica Giulio Einaudi. In Unione sovietica circola clandestinamente come samizdat.
Il Maestro e Margherita è il romanzo di una vita, da leggere e rileggere. Un capolavoro di intelligenza, capacità letteraria, cultura teatrale, conoscenza dei Vangeli, sensibilità e desiderio di esprimere sentimenti e amore in un mondo infernale come l’Unione sovietica staliniana. Diversi temi si intrecciano, storia d’amore tra due anime sensibili,il processo a Gesù, l’arrivo del diavolo (Woland) a Mosca, l’ipocrisia e il conformismo delle anime morte, la distruzione dell’opera letteraria, il teatro e il rovesciamento del male in bene, la follia, la sofferenza, il manicomio, la forza di una donna innamorata che si trasforma in strega vendicatrice, la redenzione, l’ateismo e l’esistenza di Dio e del diavolo. Non è il caso di andare oltre.
Sia sufficiente citare Eugenio Montale “Il Diavolo è il più appariscente personaggio del grande romanzo postumo di Bulgakov. Appare un mattino dinanzi a due cittadini, uno dei quali sta enumerando le prove dell’esistenza di Dio. Il neovenuto non è di questo parere… Ma c’è ben altro: era anche presente al secondo interrogatorio di Gesù da parte di Ponzio Pilato e ne dà ampia relazione in un capitolo che è forse il più stupefacente del libro… Poco dopo, il demonio si esibisce al Teatro di varietà di fronte a un pubblico enorme… Un romanzo-poema, o se volete, uno show in cui intervengono moltissimi personaggi, un libro in cui un realismo quasi crudele si fonde o si mescola col più alto dei possibili temi: quello della Passione”.
“Su, chi sei?” “Una parte della forza che vuole sempre il male e opera sempre il bene” Goethe, Faust
Fortunato chi si appresta a leggerlo per la prima volta.
“L’amore ci si parò dinanzi come un assassino sbuca fuori in un vicolo, quasi uscisse dalla terra, e ci colpì subito entrambi.
Così colpisce il fulmine, così colpisce un coltello a serramanico!”
(Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita)
J.V.