Caligola

Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, detto Caligola, affettuoso nome datogli dai legionari romani, regna dal 37 al 41. Soltanto quattro anni ma lascia un segno indelebile. Despota stravagante, intelligente, folle, depravato. La storiografia lo inchioda. Eppure aveva iniziato bene con riforme eccellenti. Terzo figlio di Agrippina maggiore e dell’eroe Germanico, generale amatissimo dai soldati. I suoi fratelli sono Nerone Cesare, Druso Cesare, Agrippina minore (madre del futuro imperatore Nerone), Drusilla e Giulia Livilla. I primi due sono messi a morte da Tiberio perché considerati suoi concorrenti. Stessa sorte, probabilmente per avvelenamento ad opera di Pisone, tocca a suo padre Germanico. Il piccolo Caligola, cresciuto in mezzo agli affetti familiari, sia pure sui campi di battaglia, comprende che la sua infanzia è finita e deve stare molto attento dal momento che vive stabilmente a Capri con Tiberio.

Autocontrollo e dissimulazione ai fini della sopravvivenza. Assiste imperturbabile ad ogni tipo di crudeltà e tortura. Tiberio intuisce la vera natura del nipote e in odio al popolo romano (odio ricambiato) lo alleva dicendo “Gaio vive per la rovina sua e di tutti; io educo una vipera per il popolo romano, un Fetonte per il mondo”. Alla morte di Tiberio Caligola torna a Roma e viene acclamato dal popolo “Quando Gaio, dopo la morte di Tiberio Cesare, assunse il potere […] tutto il mondo, dall’alba al tramonto del sole, tutti i paesi da questa parte ed al di là dell’Oceano, tutte le persone romane e tutta l’Italia e anche tutte le nazioni asiatiche ed europee se ne rallegrarono“. Festa per sette mesi, più di 160.000 animali sacrificati, amnistia per i condannati, riforme anticorruzione e a favore di una maggiore libertà ai cittadini, opere pubbliche, costruzione di acquedotti. Politica giudiziaria filo-popolare.

Poi inizia la seconda fase: politica dispotica, follia, violenze di ogni genere “[…] non passò molto tempo e l’uomo che era stato considerato benefattore e salvatore […] si trasformò in essere selvaggio o piuttosto mise a nudo il carattere bestiale che aveva nascosto sotto una finta maschera”. Un folle sanguinario, autocrate e dispotico, violenta alcune mogli di senatori, adotta una concezione orientale del potere e vuole spostare la capitale ad Alessandria come desiderava il suo bisnonno Marco Antonio. Dal 40 inizia ritenersi un Dio. Ossessionato dall’idea di regalità divina “Di giorno… parlava in segreto con Giove Capitolino, ora sussurrando e porgendo a sua volta l’orecchio. Ora a alta voce e senza risparmiargli rimproveri. Infatti si sentirono le sue parole di minaccia. O tu elimini me o io te, finché non si lasciò persuadere – a sentir lui – dall’invito a condividere la sede e collegò i palazzi imperiali del Palatino al Campidoglio con un ponte che passava sopra il tempio del Divino Augusto”. Vuole essere il nuovo Sole, Neos Helios, un Dio vivente. Obbliga il suocero a suicidarsi, associa lo zio Claudio al potere ma lo deride in continuazione e lo tiene in vita per proprio trastullo. Consuma rapporti incestuosi con le sorelle e non lo nasconde, il che non gli impedisce, dopo la morte dell’amata Drusilla, di spedire in esilio le altre due. I suoi matrimoni sono segnati da violenze e sopraffazioni di ogni genere.

Questo clima di terrore gli procura ovviamente infiniti nemici “Mentre tiranneggiava su tutto con la più grande avidità, licenziosità e crudeltà, fu assassinato nel Palazzo, nel ventinovesimo anno di età, nel terzo anno, decimo mese e ottavo giorno del suo regno.” Il 24 gennaio del 41, durante l’annuale celebrazione dei ludi palatini,un gruppo di pretoriani, guidati dai due tribuni Cherea e Cornelio Sabino, mettono in atto il loro piano per assassinare il princeps. Caligola viene pugnalato a morte. Qualche ora dopo viene assassinata l’ultima moglie Milonia Cesonia. La figlia Giulia Drusilla scaraventata contro un muro. Lo sbeffeggiato Claudio viene elevato al rango imperiale. Per Caligola scatta la damnatio memoriae.

J.V.

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