Churchill
Churchill
“… noi non capitoleremo. Andremo avanti fino alla fine. Combatteremo in Francia, combatteremo sui mari e sugli oceani, combatteremo con crescente fiducia e crescente forza nell’aria, difenderemo la nostra isola, qualunque possa essere il costo. Combatteremo sulle spiagge, combatteremo sulle piste d’atterraggio, combatteremo nei campi e nelle strade, combatteremo sulle colline. Non ci arrenderemo mai.”
30 novembre 1874, Blenheim Palace nell’Oxfordshire, nasce Winston, discendente dei duchi di Marlborough. Massimi livelli dell’aristocrazia inglese e della Massoneria. Studente mediocre e dalla salute precaria. Interessato agli studi storici. Carriera militare. Assiste alla rivolta cubana contro la Spagna. Da quel momento nasce la sua passione per i sigari. Poi Stati Uniti, patria di sua madre. Poi India e Sudan. Partecipa alla guerra boera. Assai critico verso la democrazia…
“La democrazia è più vendicativa dei Gabinetti. Le guerre dei popoli saranno più terribili di quelle dei re.”
Entra in Parlamento con i conservatori. Dopo il 1904 passa coi liberali e ottiene il primo incarico ministeriale. Collaborazione con David Lloyd George. Con l’esplosione della Prima Guerra Mondiale è a capo della Marina. Promotore della complessa operazione Gallipoli, viene costretto alle dimissioni nel 1915 a causa del disastro militare. Inviato al fronte col grado di tenente colonnello si distingue per capacità organizzative e sensibilità per il benessere dei soldati. Diviene ministro degli Approvvigionamenti nel nuovo governo di Lloyd George. Dopo la vittoria suggerisce moderazione con la Germania sconfitta, essenzialmente per evitare lo scoppio di una rivoluzione comunista nel Paese. Ministro della guerra e dell’aviazione sempre con Lloyd George, sostiene che il Bolscevismo va “strangolato nella culla” e aiuta i Bianchi prima e i polacchi poi nella guerra civile russa. A causa della sua intransigenza anticomunista rompe clamorosamente con Lloyd George. Inventore dello Stato iracheno, organizzatore della violenta repressione in Irlanda, inventa anche la Giordania, stato cuscinetto tra l’Arabia Saudita e la Palestina destinata all’insediamento sionista. L’impostazione della politica occidentale nello scacchiere mediorientale voluta da Churchill, amico personale del colonnello Lawrence, è ancora attuale.
Le simpatie di Churchill vanno comunque al sionismo, laico e “occidentale”, piuttosto che ai musulmani, pur tenendo conto degli interessi arabi.
Si schiera a favore di Michael Collins nella lotta del neonato stato libero d’Irlanda contro gli irriducibili dell’IRA che rifiutano la firma del trattato. Cancelliere dello Scacchiere tra il 1924 e il 1929 col governo Baldwin lavora per il ritorno della Gran Bretagna al Gold standard, scelta decisa dopo aver ascoltato i pareri di John Maynard Keynes, peraltro assai critico, del Governatore della Banca d’Inghilterra Montagu Norman e del Segretario permanente al Tesoro Sir Otto Niemeyer. Sarà un errore perché un ritorno alle condizioni prebelliche di supremazia internazionale della sterlina determinano una depressione mondiale. Scelta eminentemente politica a difesa dell’Impero ma storicamente superata dal nuovo scenario internazionale. La sterlina torna nel 1930 al valore dell’età vittoriana ed è la moneta più forte del mondo ma non vi è coordinamento con prezzi e salari. In sostanza Churchill è risolutamente contrario alle politiche economiche di Keynes, pur stimando l’uomo, e all’aumento della spesa pubblica tramite indebitamento.
Le industrie inglesi subiscono un duro colpo dal crollo delle esportazioni dovuto alla sterlina troppo forte. Sciopero generale dei minatori nel 1926. Churchill risponde con estrema durezza. Dal 1929 si trova all’opposizione e si dedica alla storia e alla filosofia politica. Matura la convinzione che il sistema democratico sia al collasso “La democrazia si è dimostrata incauta proprio in merito a quelle istituzioni mediante cui ha ottenuto il proprio status politico. Sembra ormai pronta a cedere i tangibili diritti conquistati con secoli di aspre lotte alle organizzazioni di partito, alle leghe e associazioni, ai capi militari o a varie forme di dittatura”. Parla di “Fiori appassiti del liberalismo vittoriano”.
Nutre profonda diffidenza nei confronti della democrazia di massa facilmente sconfinante nella tirannide. Si oppone al progetto di larga autonomia per l’India perché ritiene prematura l’indipendenza indiana a causa delle divisioni religiose e della rigida separazione castale. Non stima Gandhi “Un avvocato sedizioso del Middle Temple che ora si atteggia a fachiro di un genere ben noto in Oriente” e sostiene che, in caso di sciopero della fame, sarebbe bene assecondarlo e lasciarlo morire. Al di là delle dichiarazioni pubbliche Churchill è convinto che l’India debba raggiungere l’indipendenza prima o poi e quindi tesse sottobanco stretti rapporti con eminenti personalità del Congresso e con lo stesso Gandhi che dirà di lui “Ho un buon ricordo del signor Churchill quando era al Colonial Office e in qualche modo ho sempre avuto da allora l’idea che si potesse sempre contare sulla sua simpatia e buona volontà”. La stima verrà ricambiata “Il signor Gandhi è salito di molto nella mia stima da quando ha preso le difese degli Intoccabili. Non sono d’accordo con la legge ma ormai è passata. Consideratelo un successo.”
Ostile sin dal primo giorno al nazismo, non approva la politica di disarmo del governo di unità nazionale. Probabilmente è l’unico a capire, sin dal 1933, che prima o poi bisognerà affrontare la bestia.
Se Hitler fosse stato solo un anticomunista, Churchill l’avrebbe apprezzato. Ma lui vedeva altro nel nazismo: un’entità tanto pericolosa da mettere a rischio l’adorato Impero britannico. Dal 1935 scema anche la sua stima nei confronti di Mussolini che sino a quel momento Churchill vedeva come freno all’espansionismo hitleriano e, soprattutto, acerrimo nemico dei comunisti. Suggerisce la linea neutrale e il non intervento nella guerra civile spagnola.
Propone una Grande Alleanza dei paesi europei contro l’espansionismo tedesco. Incontra soprattutto politici francesi come Pierre-Étienne Flandin, i generali Maurice Gamelin e Joseph Georges, Paul Reynaud ed Édouard Daladier; incontra anche il premier socialista Léon Blum per il quale nutre grande stima. Complessivamente però, pur essendo francofilo convinto, comprende che la Francia non sarà un alleato affidabile nella futura guerra. Vede lontano. La Francia è assai affascinata da Hitler e cova forti sentimenti antisemiti.
Sull’abdicazione di Edoardo VIII, suo amico personale da 25 anni, si rompe le ossa e rischia la fine politica. Il suo discorso in difesa del Re, interrotto dai fischi, viene visto come tentativo di rovesciare il governo. Giorgio Galli ha visto bene: Churchill, assai legato alla famiglia reale, intendeva tenere sotto controllo Edoardo, le cui simpatie filonaziste erano note, ed evitare la fine della monarchia. Malgrado l’isolamento Churchill insiste nella lotta contro la Germania e disapprova la linea di appeasement del governo Chamberlain. Il ministro degli Esteri Anthony Eden si dimette e si lega a Churchill. Per fermare i nazisti Winston è disposto ad un alleanza persino con Stalin. Dopo Monaco afferma ”È tutto finito. Muta, triste, abbandonata, smembrata, la Cecoslovacchia svanisce nell’oscurità… Questa è una sconfitta totale e assoluta. In un periodo che si può misurare in anni, ma anche solo in mesi, la Cecoslovacchia sarà inghiottita dal regime nazista… Ci troviamo di fronte ad un disastro di prima grandezza… Non abbiamo nessuna difficoltà a stringere relazioni cordiali con il popolo tedesco. Il nostro cuore gli è vicino. Ma esso non ha nessun potere. Si possono avere rapporti diplomatici e corretti, ma non ci può essere amicizia tra la democrazia britannica e il potere nazista… Mai siffatto potere potrà essere l’amico fidato della democrazia inglese. Trovo intollerabile l’idea che il nostro Paese cada sotto il potere e l’influenza e nell’orbita della Germania nazista… Non mi lamento del nostro popolo leale e coraggioso… ma esso deve sapere che abbiamo subito una sconfitta senza guerra, le cui conseguenze ci accompagneranno a lungo… Non pensate che sia finita; questo è solo l’inizio della resa dei conti… Potevamo scegliere tra il disonore e la guerra; abbiamo scelto il disonore e avremo la guerra.”
Purtroppo i fatti gli daranno ragione. Il 3 settembre Chamberlain gli offre l’incarico di Primo Lord dell’Ammiragliato. “Winston is back” (Winston è tornato). Deciso assertore dell’intervento, spinge il governo ad attaccare la Germania. Le indecisioni gravi di Chamberlain convincono, il 10 maggio 1940, Giorgio VI ad affidare il governo a Churchill “Era come se tutta la mia vita fosse stata una lunga preparazione a quel momento.” Ricompone la frattura con sindacati e comunisti e si avvale della collaborazione della deputata laburista (ex comunista) Ellen Wilkinson, come sottosegretaria al Ministero della Sicurezza interna, donna energica e con un forte ascendente sui lavoratori, acerrima nemica di Winston nel corso degli scioperi del 1926. Aveva definito Churchill “pilastro della reazione” ma gli riconosceva di essere “il più intelligente guerriero della classe dominante“. Tra i due nasce una profonda stima. Dopo la vittoria laburista nel 1945, la Wilkinson sarà l’unica deputata a complimentarsi con Churchill “Il nostro grande Capitano”. Inoltre lo stesso ministro del lavoro Ernest Bevin proviene dal sindacato. Il diritto di sciopero viene mantenuto.
Al momento dell’insediamento alla Camera dei Comuni Churchill dice ”Non posso promettervi altro che sangue, fatica, lacrime e sudore. Chiedete, qual è la nostra politica? Rispondo che è condurre la guerra per mare, per terra e nel cielo con tutta la forza e tutto lo spirito battagliero che Dio può infonderci; condurre la guerra contro una tirannide mostruosa che non ha l’eguale nel tetro, miserabile catalogo del crimine umano… Chiedete qual è il nostro scopo? Rispondo con una parola sola: vittoria, vittoria ad ogni costo, vittoria nonostante ogni terrore, vittoria, per quanto la strada possa essere lunga e dura. Senza vittoria infatti non c’è sopravvivenza.”
In breve tempo l’ateo maverick Winston si guadagna la stima della famiglia di Giorgio VI in un primo tempo assai ostile per i suoi rapporti con ”David” Edoardo VIII e Wallis Simpson. La primogenita Elisabetta lo considera un secondo padre.
Dopo Dunkerque, nell’ora più buia, Churchill pronuncia il famoso discorso “Anche se un gran numero di antichi e famosi Paesi sono caduti o possono cadere nelle grinfie della Gestapo e di tutto l’odioso apparato del dominio nazista, noi non capitoleremo. Andremo avanti fino alla fine. Combatteremo in Francia, combatteremo sui mari e sugli oceani, combatteremo con crescente fiducia e crescente forza nell’aria, difenderemo la nostra isola, qualunque possa essere il costo. Combatteremo sulle spiagge, combatteremo sulle piste d’atterraggio, combatteremo nei campi e nelle strade, combatteremo sulle colline. Non ci arrenderemo mai. E anche se, cosa che non voglio credere neanche per un momento, l’isola o gran parte di essa fosse soggiogata e affamata, il nostro Impero di là dei mari, armato e sorvegliato dalla flotta britannica, porterebbe avanti la lotta finché, quando sarà il momento, il Nuovo Mondo, con tutto il suo potere e la sua forza, si farà avanti per la salvezza e la liberazione del vecchio.”
Poi, dopo la caduta della pusillanime Francia, il discorso sull’“Ora più bella”.
”Quella che il generale Weygand ha chiamato la battaglia di Francia è finita, la Battaglia d’Inghilterra sta per cominciare. Da questa battaglia dipende la salvezza della civiltà cristiana. Da questa battaglia dipende la nostra stessa vita come britannici, e la sopravvivenza delle nostre istituzioni e del nostro Impero. Tutta la furia e la potenza del nemico si rivolgeranno presto contro di noi. Hitler sa che deve sconfiggerci su quest’isola o perdere la guerra. Se gli resisteremo, tutta l’Europa potrà essere liberata e la vita del mondo intero potrà avanzare verso un futuro radioso. Ma se cadiamo, allora il mondo intero, compresi gli Stati Uniti, compreso tutto ciò che abbiamo conosciuto e amato, affonderà nell’abisso di una cupa Nuova Era resa ancor più sinistra, e forse più lunga, dai lumi di una scienza perversa. Cerchiamo quindi di prepararci ai nostri doveri, e così sostenerci, cosicché se l’Impero britannico e il suo Commonwealth dureranno per mille anni, gli uomini potranno dire ancora: Questa fu la loro ora più bella.”
Winston Churchill vince la guerra. Poi perde le elezioni. Così funziona la gratitudine umana.
Poi cortina di ferro e guerra fredda. Di nuovo primo ministro dal 1951 al 1955. Nel 1956 la Gran Bretagna perde il controllo di Suez. L’Impero, che ha già perso l’India, è finito. Del resto la Translatio imperii” dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti era già avvenuta. Elisabetta II e la sua costosa e farraginosa ditta sono ancora oggi il sontuoso drappo rosso che maschera i buchi e gli strappi. Il vecchio Churchill, il salvatore dell’isola, scrive, vince il Nobel per la letteratura, dipinge. Infarti, ictus, sordità e, soprattutto, il suicidio di una figlia depressa, gli funestano la vecchiaia. Il 24 gennaio 1965 muore nella sua casa di Londra. Impressionanti i funerali di Stato voluti da Elisabetta. Il suo avversario politico Clement Attlee lo definisce “il più grande inglese del nostro tempo e a mio giudizio il più cittadino del mondo del nostro tempo.” Persino i portuali abbassarono le gru dei Docks in segno di saluto.
Un giudizio equilibrato sull’uomo e lo statista è quello di Giorgio Galli “È un conservatore con tratti reazionari… È convinto che la democrazia rappresentativa sia la forma di governo ideale per i popoli di lingua inglese, ma poco esportabile e per nulla adatta ad alcuni popoli come l’italiano: da qui l’ammirazione per Mussolini (scrisse articoli per il Popolo d’Italia nel 1927), sino al patto con Hitler… Anticomunista convinto infine, Churchill poteva essere tra i più sensibili all’impostazione hitleriana: intesa con l’Inghilterra per il “Drang nach Osten”. Invece Churchill è il più intransigente oppositore di ogni politica di intesa con la Germania nazista. La osteggia con una ostinazione che ne farà agli occhi di Hitler un nemico personale che ingiuria e disprezza… Il futuro premier avvertiva che il nazismo era qualcosa di più di un sistema politico. Aveva obiettivi non negoziabili.”
A me tanto basta per ammirare l’uomo e il politico. Uomo del Novecento con radici nel razionalismo vittoriano e nella massoneria ( quella importante), capace di riconoscere i propri errori, deciso, risoluto, coraggioso, mai banale. Più volte isolato si è mantenuto saldo nei propri convincimenti. È poi come si fa a non ammirare un uomo che arriva a novant’anni dopo aver bevuto fiumi di champagne, cognac, vino e fumato dieci doppia corona al giorno restando lucido e vincendo la seconda guerra mondiale?
Oggi, nell’ora più buia, non vedo alcun Churchill all’orizzonte… forse mi difetta la vista.
J.V.