Europa
Europa
Sento parlare spesso di Europa… Un tempo era sinonimo di Cristianità. Nel XVIII secolo Novalis identifica la Cristianità con l’unità e quindi con l’Europa. Per Curtius è Romania e solo grandi opere come la Commedia o il Faust la rappresentano culturalmente in una logica unitaria e sovranazionale. Per Novalis e Curtius la radice del Male è lo Stato nazionale moderno. Così sarà poi anche per Eliot. Stato nazionale come anti Europa. Se esistono gli Stati non esiste l’Europa e viceversa. Se tramonta il grande disegno Cristiano l’Europa diviene semplice materia, perde l’anima, perde il senso. Altri invece sostengono che la complessità apporta senso e che il policentrismo è un vantaggio; la genesi della tragedia barocca offre significato. Nella tragedia barocca tutto nasce dalla decisione del Principe, magari ingiusta e drammatica, oscura e terribile ma decisiva per i destini umani, da King Lear a La vita è sogno, dal gesto sconsiderato del vecchio re a quello di Sigismondo.
Il trono di sangue è il simbolo dello Stato moderno, sinonimo di stato assoluto e quindi di finis Europae nel disegno cristiano. Hegel e Kierkegaard vedono invece in questa nascita tragica il destino d’Europa. Nasce così il romanzo moderno, dal Bildungsroman al romanzo di adulterio a quello storico. Poi l’esplosione attorno al 1830: Stendhal, Balzac, Puškin e Manzoni tra gli altri. Ormai è una repubblica delle lettere che tocca anche il freddo nord borghese e l’est asburgico e persino russo. Solo la letteratura? Ma no, ma no, anche la musica e le arti figurative offrono un’idea di Europa unita culturalmente ma spezzettata in stati nazionali.
E malgrado tutto è “piena”, da Dublino a Praga, a San Pietroburgo; un fiorire di nuove forme narrative, dal melodramma al gotico, dal poliziesco al fantascientifico. Occorre ora rappresentare ciò che si tende a nascondere: sfruttamento, colonialismo, imperialismo ma soprattutto trionfo della modernità. Un Altro dall’Europa va raccontato e il compito viene assolto dalla letteratura di massa e dalla sua fede nella trama mentre l’alta cultura ragiona sull’uomo senza qualità, sull’ambiguità, l’indecisione. Ormai si è aperto il baratro, siamo in pieno Novecento e al compimento del dramma. L’arte diviene superflua, la cultura viene messa da parte dall’Economico, la cultura di massa prevale. L’alta cultura perde la sua funzione critica e di sorveglianza della decisione politica e quindi può sperimentare, vendere l’anima al diavolo. Nulla ormai è proibito all’arte… tanto non conta più nulla. La lingua predominante è l’inglese e l’Europa esce da se stessa. È il tempo di Conrad, della contemporaneità del non contemporaneo, delle Demoiselles d’Avignon e la Sagra della Primavera. Sanguinosa barbarie e tradimento dei chierici, bisogno di mito per le masse che vogliono credersi colte e si sentono perdute a causa delle devastazioni belliche.
Gli Stati nazione sono sempre più deboli e cedono sovranità agli americani. Altro che dibattito su Cristianità o polimorfismo statuale! E oggi?… non vale la pena parlarne.
J.V.