FEDERICO II DI PRUSSIA
FEDERICO II DI PRUSSIA
“Signori, toglietevi il cappello. Perché, se lui fosse ancora vivo, noi non saremmo qui.”
(Napoleone Bonaparte)
Federico II di Hohenzollern, detto Federico il Grande (Friedrich der Große) nasce nel 1712 in pieno assolutismo. Luigi XIV il Re Sole morirà tre anni dopo. Uomo affascinante, cinico, sleale e ingrato, misantropo e misogino, gran combattente e ammiratore della forza. Alla battaglia di Kunersdorf, vedendo i suoi soldati fuggire di fronte all’avanzata russa gli grida “Cani! Vorreste forse vivere per sempre?
Federico disprezza gli uomini “Gli uomini non sono fatti per la verità; per me sono come un branco di cervi nel parco di un grande nobile, che non serve a nient’altro se non a riprodursi e popolare il parco” (lettera a Voltaire). È ancora “Il grosso della nostra specie è stupido e cattivo”. Il sentimentalismo gli ripugna e prova affetto soltanto per la sorella Guglielmina. Ama i suoi levrieri e di loro si fida. Vestito sempre con la stessa uniforme sporca di tabacco e caffè, si presenta in modo sgradevole e ripugnante. Eppure lo chiamiamo il grande perché ha influenzato in modo notevole la storia d’Europa, trasformando un piccolo regno tedesco in una grande potenza. Con lui la Prussia si propone come la nuova potenza guida del mondo tedesco. La Prussia oggi non esiste più: è stata abolita per decreto il 25 febbraio 1947 ed è divisa tra Germania, Polonia, Lituania e Russia.
Federico nasce per divenire re di Prussia e viene educato in modo autoritario e feroce da suo padre il Re Sergente, l’uomo che fa del proprio regno una immensa caserma. Federico Guglielmo, il padre di Federico, detesta il francese, lo champagne, la cultura, la musica e la raffinatezza. Federico ama la cultura francese, suona il flauto, adora lo champagne, il caffè e il tabacco. Il rapporto padre-figlio è pessimo. Addirittura rischia una condanna a morte per tradimento e il suo migliore amico, Von Katte, verrà decapitato davanti a lui. Il giovane porterà i segni di questa tragedia per tutta la vita. Sopravviverà grazie all’ipocrisia nella speranza che suo padre muoia prima possibile. Eppure dall’autoritario genitore eredita la passione per l’esercito e l’attenzione ai problemi economici. Nel 1734, a ventidue anni, partecipa per la prima volta ad una campagna militare accompagnando il comandante dell’esercito imperiale, il mitico principe Eugenio. Da questo momento capisce che il suo obiettivo esistenziale è la gloria militare. Intanto il padre gli impone di sposare Elisabetta di Brunswick, non bella e non ricca ma tedesca. La madre di Federico, Sofia Dorotea di Hannover, era sorella del re d’Inghilterra Giorgio II e avrebbe voluto un matrimonio più prestigioso per Federico ma ovviamente non viene consultata. Federico ubbidisce, passa la prima notte di nozze con la giovane moglie e poi non avrà più rapporti con lei. Probabilmente non gli interessavano le donne. Il 31 maggio 1740 il Re Sergente muore e ora finalmente è “il padrone”. Ministri e generali gli rendono omaggio e lui mette subito in chiaro che in Prussia esiste un’unica autorità: la sua. Acquista immediatamente la fama di monarca illuminato, il Salomone del Nord. In realtà ciò che interessa Federico è la forza militare, l’esercito. La Prussia con lui diviene una grande caserma. Per capire tutto questo è sufficiente vedere il meraviglioso Barry Lyndon di Kubrick. Nobili Junker ufficiali preparatissimi al comando di un esercito di automi contadini o reclutati a forza tra delinquenti, malfattori, disperati e disertori. Il 20 ottobre 1740 muore l’imperatore Carlo VI d’Asburgo e dovrebbe salire al trono, in virtù della Prammatica sanzione che annulla la legge salica, sua figlia Maria Teresa. In realtà la carica imperiale era elettiva e così, morto Carlo, l’elettore di Baviera si candida all’impero. Federico si affretta a chiamare Maria Teresa “regina d’Ungheria” scatenando di fatto un gigantesco conflitto europeo. Vuole unire i frammentari territori prussiani e non gli importa quale sarà il prezzo da pagare. Così invade la Slesia e la annette allo stato prussiano. Una palese violazione del diritto internazionale ma a Federico poco importa. Ciò che conta è la forza. Inizia un antagonismo feroce tra Prussia e Austria che si concluderà col trionfo prussiano e la decadenza asburgica nella seconda metà dell’Ottocento. Cinismo e calcolo politico: il dado è tratto. Inizia la guerra di successione austriaca. Il 10 aprile 1741 gli austriaci, al comando del vecchio conte Wilhelm Reinhard von Neipperg, attaccano i prussiani. Gli ufficiali austriaci sono convinti di sbaragliare il nemico. La battaglia inizia al mattino. Nel primo pomeriggio il feldmaresciallo conte di Schwerin consiglia al giovane re Federico di mettersi in salvo perché la giornata sembra persa. Il re fugge e pensa al suicidio ma la fanteria prussiana resiste all’attacco austriaco e ribalta la situazione. Nel tardo pomeriggio Neipperg si ritira. I prussiani hanno vinto ma hanno pagato un altissimo prezzo in vite umane. Federico scrive al fratello “che Dio ci salvi da un’ altra battaglia così sanguinosa”. Ne combatterà altre quindici. Intanto Maria Teresa ripara in Ungheria e i suoi fedeli nobili le mettono a disposizione un altro esercito. Federico, dopo aver fatto cinicamente il triplo gioco con francesi, bavaresi e austriaci, invade la Boemia e affronta gli imperiali a Chotusitz. Malgrado le sue forze siano inferiori vince grazie ai suoi generali. Il re è ancora inesperto. Altra vittoria pagata cara: sul campo restano circa seimila morti e diecimila feriti. Maria Teresa è alle corde ma Federico, rompendo nuovamente i patti con gli alleati, offre la pace a Vienna gettando nella costernazione il primo ministro francese Fleury. Il re prussiano però sbaglia i calcoli perché gli inglesi ora sostengono Maria Teresa contro l’odiata Francia e sconfiggono i rivali a Dettingen. Adesso la sovrana austriaca può presentare il conto all’uomo malvagio (così lo chiamava). L’uomo malvagio si allea di nuovo con Francia e Baviera e attacca per primo nel 1744 in Boemia. La Boemia però non è protestante come la Slesia. È cattolica e fedele agli Asburgo. Federico perde metà del suo esercito a causa dell’opposizione della popolazione – molti i casi di diserzione – mentre l’elettore di Baviera firma la pace con Maria Teresa. Anche il Sassonia si schiera contro Federico e tutta Europa attende la sconfitta dell’uomo malvagio. Non andrà così. A Hohenfriedberg, con un piccolo esercito, Federico sbaraglia le forze imperiali e bavaresi. Inizia il mito del re invincibile. Ora invade la Sassonia e Maria Teresa si vede costretta a firmare la pace. Per celebrare la vittoria scrive persino una marcia militare dedicata alla cavalleria che ha travolto le linee nemiche (è la marcia che si ascolta in Barry Lyndon). Da questo momento sarà Federico il Grande e giura che non scenderà più sul piede di guerra. Adesso la Prussia è una potenza di rango superiore. Ci saranno dieci anni di pace per il razionalista disilluso. Ottimo amministratore, avarissimo e cinico, organizza un esercito sempre più disciplinato forte di duecentomila uomini. Vive a Sans-Souci, vicino Potsdam, in una corte esclusivamente maschile, bevendo champagne e caffè, scrivendo opere poetiche e suonando l’amato flauto. Conversa con Voltaire col quale ha un rapporto problematico ma ricco. A Sans-Souci non entrano donne e preti ma intellettuali e opere d’arte. Incontra l’anziano Bach nel 1747 e grazie a questo incontro abbiamo l’ Offerta musicale, un autentico capolavoro del Bach maturo. Nel 1756 finisce la pace e inizia la guerra che verrà poi detta dei Sette anni, una sorta di prima guerra mondiale perché combattuta in Europa, America, India e sugli oceani. La Francia ne uscirà con le ossa rotte e possiamo dire che la rivoluzione nasce con questa guerra che indebolisce parecchio i Capetingi. Maria Teresa, in odio all’uomo malvagio, si allea col nemico storico francese mentre gli inglesi appoggiano Federico. Un’altra donna, la zarina Elisabetta, appoggia l’imperatrice. Nell’estate del 1756 Federico, ormai convinto della piega sfavorevole, attacca per primo e invade l’odiata Sassonia. Poi sbaraglia gli austriaci di Carlo di Lorena vicino Praga e conquista la Boemia. L’imperatrice con sforzo titanico organizza un altro esercito e lo affida al maresciallo Daun. Federico attacca convinto di vincere ma questa volta incontra l’amara sconfitta a Kolin il 18 giugno del 1757. La guerra lampo è fallita, Fetonte è caduto. Il re cade in depressione e si trova in una situazione disperata perché tre grandi eserciti marciano contro la Prussia. Decide di affrontare prima i francesi e li annienta in due ore a Rossbach il 5 novembre con forze inferiori. La leggenda cresce. Il maresciallo Soubise scrive a Luigi XV e la Francia si ritira. Ora tocca agli austriaci che sono già entrati in Slesia al comando di Carlo di Lorena e con forze preponderanti. Federico scrive il testamento convinto di morire in battaglia. Li affronta a Leuthen il 5 dicembre e li annienta grazie al capolavoro militare dell’ordine obliquo. I vincitori in ginocchio sulla neve cantano Nut danket alle Gott. Federico è ateo e disilluso ma la religione protestante unisce i suoi soldati contadini e lui ormai è l’eroe del mondo protestante. Resta da battere l’esercito che viene da lontano: l’artiglio dell’orso russo. I russi avanzano distruggendo, violentando, annientando ogni ostacolo. Federico li disprezza e li considera barbari. È convinto di batterli. Non andrà così. Il 25 agosto 1758 i due eserciti vengono a contatto a Zorndorf. Sarà una delle battaglie più sanguinose della guerra. Trentacinquemila tra morti e feriti. I russi si ritirano e tecnicamente Federico vince ma il prezzo è altissimo. Il re non li sottovaluterà più. Ma la guerra continua perché il maresciallo Daun, il miglior comandante austriaco, attacca di nuovo a Hochkirch il 14 ottobre e vince. L’uomo malvagio finalmente è stato battuto. Papa Clemente XIII invia doni a Daun. Nello stesso giorno della sconfitta muore la sorella Guglielmina, una delle poche persone che Federico aveva a cuore. Intanto i russi, guidati dal generale Saltykov, si uniscono a Daun in località Kunersdorf sull’Oder. Federico è in forte inferiorità numerica ma attacca ugualmente. Un disastro. I suoi soldati hanno paura dei russi. Fuggono e lui, con la spada in pugno grida “Cani! Vorreste forse vivere per sempre?” La Prussia è minacciata seriamente, il re è disperato, la catastrofe è imminente. Dopo quattro anni di guerra Federico è irriconoscibile, invecchiato e senza denti a quarantasette anni. Uno scheletro. Neanche gli austrorussi stanno bene. La vittoria è costata cara e adesso avviene l’incredibile: Saltikov non attacca Berlino, scrive alla zarina e si ritira. Il mito di Federico l’invincibile salva i prussiani. Avviene il miracolo della casa di Brandeburgo. Nel 1945, con i russi vicini a Berlino, Hitler dirà ai suoi generali “Ricordatevi il 1759, il miracolo”. A lui non andrà bene.
Federico è consapevole che la guerra non è finita e nel 1760 attacca di nuovo la Sassonia e bombarda Dresda con proiettili incendiari. Il prudente e valoroso Daun, forte di centomila uomini, circonda Federico in forte inferiorità numerica e vuole vincere senza dare battaglia. Maria Teresa tempesta il suo maresciallo di messaggi. Vuole che attacchi e la faccia finita con l’uomo malvagio. Daun attacca, Federico coglie il momento favorevole e manda a vuoto i primi assalti. Poi attacca col suo piccolo esercito e in due ore sbaraglia gli austriaci a Liegnitz il 15 agosto 1760. Nel 1200 nello stesso luogo i cavalieri teutonici avevano fermato l’orda mongola. Daun abbandona il campo e in privato darà all’imperatrice la colpa della sconfitta. In tutta Europa ormai si pensa davvero che nessuno possa battere il re di Prussia. In realtà a Torgau il 3 novembre Federico rischia di nuovo la sconfitta con Daun ma l’ultimo assalto dopo otto ore di spaventosi combattimenti lo vede prevalere. I morti sono talmente tanti da entrambe le parti che si può definire Torgau la battaglia più sanguinosa prima delle guerre napoleoniche. Ogni nazione belligerante è stremata da questa guerra interminabile, l’Impero è in bancarotta, la Francia sta perdendo le colonie ed è al collasso finanziario. I ministri e i generali vorrebbero la pace. Ma le due donne no. Maria Teresa ed Elisabetta vogliono continuare la guerra. La Prussia è dissanguata, non ci sono più soldati, la realtà è intollerabile. E qui avviene un secondo miracolo: nel 1762 muore Elisabetta e sale al trono Pietro III, un giovanotto che ammmira Federico e lo ama alla follia. Pietro capovolge la politica della zia e si allea con la Prussia. Pietro, non tanto sano di mente, viene rovesciato dalla moglie Caterina. La nuova zarina considera una follia l’alleanza con la Prussia ma non intende continuare la guerra. Federico si avvia a vincere l’ultima battaglia contro Daun a Burkersdorf nel luglio 1762. Qualche mese dopo suo fratello Enrico sconfigge gli austriaci a Freisberg. Finalmente si aprono i colloqui di pace e nel 1763 si firmano i trattati di Parigi e di Hubertsburg. Federico dopo anni di guerra ritorna a Berlino e dimostra doti di ottimo amministratore. Ora la Prussia è una grande potenza. Il re è un vecchio cinico e stanco ma gran lavoratore. Si alza alle quattro del mattino e lavora tutto il giorno. Si veste sempre con la stessa logora divisa, mangia parecchio, beve fiumi di champagne e caffè, suona il flauto, ispeziona le truppe, controlla ogni cosa. Nel 1772 si spartisce la Polonia con Maria Teresa e Caterina aprendo una questione drammatica che tornerà nel novecento. Ormai è una leggenda vivente.
Il 17 agosto 1786 il re muore. Viene sepolto a Potsdam nella cripta dove Napoleone vincitore gli renderà omaggio. La cripta verrà distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e finalmente il re verrà sepolto, come da sua volontà, nel giardino di Sans-Souci, La storiografia è ovviamente divisa sulla valutazione di questo sovrano. Hitler è una conseguenza del suo militarismo e della politica di potenza? Personalmente non credo perché penso che il passato non si possa leggere con la lente deformante del presente, ma il mio giudizio vale poco.
J.V.