Fenomenologia del calcio moderno, di Romano Lupi
Fenomenologia del calcio moderno, di Romano Lupi
Romano Lupi, autore di Fenomenologia del calcio moderno è un giornalista e scrittore dotato di solida cultura, autore di diversi libri, appassionato di sport e di calcio in particolare. Cos’è di fatto il calcio moderno? Inevitabilmente si discute di globalizzazione e di società dello spettacolo. “Tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione” (Guy Debord, La società dello spettacolo). Riflessioni nostalgiche dei più anziani (quorum ego), sociologiche e critiche dei più giovani… tutto condito da autentica passione per un fenomeno, il calcio di un tempo, che non esiste più e non tornerà più.
“Con l’avvento della globalizzazione si è verificata… una ristrutturazione dei poteri. Per comprendere ciò è necessario contestualizzare il calcio moderno nel l’incremento della dimensione massmediatica, e di conseguenza, spettacolare del mondo globalizzato, inteso come ultimo stadio della società dello spettacolo” sostiene Lupi. Come non essere d’accordo con lui? Siamo di fronte ad un fenomeno sovrastrutturale che, gramscianamente, ha modificato in parte anche la struttura economica in cui è maturato. La globalizzazione è una tappa decisiva del capitalismo nel senso che scompare ogni limite e si può investire ovunque in spregio agli uomini e alla biosfera. Infatti le nazionali hanno perso il loro fascino e i club del vecchio continente sono appetiti da grandi gruppi finanziari cinesi, indiani, arabi o americani. La Premier League è il campionato più seguito al mondo e di conseguenza in grado di generare maggiori profitti televisivi. Si marcia verso l’Eurolega e tornei planetari. Pay TV, sentenza Bosman, personalizzazione dei nomi dei giocatori (vendita di magliette) sono state le tappe necessarie. I brand vengono adattati ai mercati. Caso esemplare quello del Real Madrid che toglie la croce cristiana dalla corona borbonica del suo logo per il mercato arabo. La Juventus toglie lo stemma di Torino e inserisce una J spendibile sul mercato asiatico. Insomma ciò che conta è il merchandising globale. Predominanza del calcio parlato su quello giocato, il calcio fatto di episodi (balla colossale), gossip continuo. L’ultimo scudetto del vecchio calcio è quello vinto dalla Sampdoria nel 1990/91 poi ha spiegato bene Galliani “Le squadre sono aziende… la partita è una pellicola che dura novanta minuti. Lo stadio è una sala cinematografica “. Mutazione antropologica del calcio, pornografia calcistica con le telecamere che entrano nello spogliatoio ed eliminano il sacro della ritualità.
Tifoso moderno, consumatore, giocatore moderno (il sopravvalutato Balotelli), allenatore moderno (il furbissimo Mou). Il tifoso moderno deve consumare e basta, è homo consumens come scrive Bauman. Presenza invasiva degli sponsor.
L’affare Neymar… calciatore rappresentativo del Brasile (il calcio di eccellenza) comprato dal PSG, società controllata dalla Qatar Invvestment Authority, presieduta dal businessman qatariota Nasser Ghanim Al-Khelaïfi, numero uno della Qatar Sports Investment. Quindi Neymar sarà il simbolo del mondiale giocato nel paese meno calcistico del mondo: il Qatar nel 2022. Tratta dei giocatori africani, ipocrisia sulla violenza negli stadi, meccanismi di repressione e di controllo, demonizzazione degli ultras… insomma un bel libro, scritto da una persona competente ed intelligente. Chi ama davvero il calcio deve leggerlo.
“Quando un gioco è importante per miliardi di persone, cessa di essere semplicemente un gioco. Il calcio non è mai solo calcio: aiuta a fare guerre e rivoluzioni, affascina mafiosi e dittatori” (Simon Kuper, Calcio e potere).
J.V.