Grazie, una semplice, potente, magica parola.
Grazie, una semplice, potente, magica parola.
“Mio gentile Antonio, altra risposta Non posso darvi che “grazie”, e ancora “grazie”. I buoni servigi sono spesso ripagati Con questa moneta fuori corso, ma fossero I miei beni saldi come la mia coscienza otterreste una ricompensa migliore”(William Shakespeare, La dodicesima notte)
Diamo spesso per scontato ciò che meriterebbe invece la nostra gratitudine. É un grave errore perché la gratitudine ci migliora e contribuisce alla costruzione di un clima più sereno e civile nei rapporti umani. Coloro che non ringraziano sinceramente per un bene ricevuto sono in genere poveri di spirito, infelici e malvagi. Le persone umili e buone ringraziano, i saccenti presuntuosi no. Chi pensa ringrazia, chi non riflette crede che tutto sia scontato. Purtroppo l’esperienza mi insegna che i secondi sono la schiacciante maggioranza. I lamentosi non ringraziano mai, tutto gli è dovuto, sono incontentabili. Non si tratta soltanto di buone maniere ma di educazione, gentilezza, bontà, pensiero, civiltà, comprensione. Gli ingrati sono pessimi soggetti che operando male invidiano coloro che naturalmente tentano di fare stare meglio gli altri. La loro vendetta è l’ingratitudine. L’ingrato è invidioso, calunniatore, incapace di nobili sentimenti, memore di qualche piccola ingiuria ma incapace di gratitudine per un grande bene ricevuto. Anzi, più il bene ricevuto è grande e maggiore sarà l’irritazione. Non ti perdonerà mai il bene che gli hai fatto. Le persone buone non si aspettano gratitudine, operano il bene in silenzio. Così si comportano i buoni genitori. Essi non si aspettano un grazie dai figli ma se quella parola pesante giunge il genitore tocca il cielo con un dito.
Per l’idiota la riconoscenza è un pesante bagaglio. Egli si fa cura di ripagare il benefattore con maldicenza ed antipatia immediate. Come sempre coglie il punto Nietzsche “Ringraziamento. Un’anima delicata è angustiata dal sapere qualcuno obbligato a ringraziarla; un’anima gretta, dal sapersi obbligata a ringraziare qualcuno.” L’ingratitudine è la condizione tipica dei superbi orgogliosi ed incapaci mentre “Grazie” è la preghiera più breve e più bella, nobile e densa di vita. Da molti anni, appena sveglio, ringrazio per tutto ciò che mi circonda: amore, amicizia, lealtà, buone letture, bei film, buona salute. Chi ringrazio? Non lo so, ma chi mi permette tutto ciò lo sa sicuramente e sarà felice del mio ringraziamento. In mezzo all’infinito dolore del mondo devo ringraziare di aver potuto studiare, amare, essere in salute. Non ho diritto al lamento. Penso spesso ai morti in mare mentre tentano di raggiungere quello che credono un mondo migliore e mi vergogno, mi sento inutile e malvagio perché non sono in grado di aiutarli. Penso ai miei studenti e vorrei che anche i figli di chi fugge dalla propria terra avesse un luogo caldo dove vivere e studiare. Più tempo passa e più mi sento piccolo, impotente ed incapace. Da molti anni ho messo da parte l’orgoglio giovanile e tento di riflettere sul male e sul dolore che ci circondano. La conclusione è che chi come me vive nella parte ricca del pianeta ringrazia sempre meno e dimentica i disgraziati.
Quante persone devo ringraziare? Tante, davvero tante. Dimenticherei sicuramente qualcuno. Però mi corre l’obbligo di ringraziare chi scientemente mi ha fatto del male, molto male… senza rendersene conto probabilmente mi ha reso un uomo migliore.
“Quando fai un dono agli altri non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra e non affaticarti a ricordare il bene fatto ma quando ricevi un dono non dimenticarlo e cerca di essere grato verso chi ti ha fatto del bene.”(Padre Enzo Bianchi)
J.V.