Guerre puniche
Guerre puniche
Quando inizia la Storia d’Italia? Culturalmente con le guerre puniche, col bisogno del nemico, come spesso avviene. Tre guerre, tre vittorie, sofferenza, sangue, pericolo, destini paralleli, grandi personaggi… Annibale su tutti. Oligarchie potentissime a confronto. Con la prima guerra Roma conquista la Sicilia, la Sardegna e la Corsica; con la seconda la Spagna meridionale; con la terza l’Africa cartaginese. Il Mediterraneo lago romano. Qart Hadash, la città nuova viene distrutta da Roma. Tragedia e dolore, funesti presagi e dura realpolitik. Polibio racconta che prima le due città si rispettano, poi, dopo la sconfitta di Pirro, la posta in gioco è alta: la Sicilia. Simmetria degli interessi, terrestri romani, navali punici, tramontata. Inizia un conflitto di 118 anni, una lotta mortale, all’ultimo sangue, o tu o io, amico-nemico, non esiste altra soluzione.
I siciliani come al solito chiamano altri per risolvere le loro contese. Romani riluttanti, Cartaginesi entusiasti di mettere piede sull’isola. Roma interviene e viola il trattato, firmato nel 300, che vietava interventi in Sicilia. Guerra dichiarata dai cartaginesi che si alleano col nemico storico siracusano. Guerra sul mare. Roma inesperta. Il corvo, una delle poche esperienze storiche liceali che tutti ricordano. Agganci la nave nemica e combatti come se fossi sulla terraferma. La differenza la fanno le fanterie romane. Flotte romane annientate dal maltempo, caduta di Agrigento, vittoria di capo Eknomos, Attilio Regolo che vince la battaglia di Adysperò poi commette gravi errori di valutazione. Il mercenario Xanthippos a Tunes ferma le legioni di Roma, mentre la flotta romana viene distrutta dalla tempesta al largo di Kamarina. Roma stringe i denti, aumenta la tassazione, ricompone una flotta e conquista Panormus, quartiere generale dei cartaginesi. La sciagurata politica consolare elettiva romana non consente però di raccogliere frutti decisivi. Intanto Amilcare Barca supera i consoli romani per capacità e tattica militare. Colpo di reni e sparigliamento dei giochi: Roma decide di giocarsi tutto sul mare. Isole Egadi, 10 marzo 241, Gaio Lutazio Catulo annienta la flotta nemica. Una città a capo di una confederazione di popoli autonomi vince contro una città che impiega stranieri per combattere. Incredibile come Cartagine, vera potenza sul mare, riesca a perdere sei battaglie navali su sette. I romani vincono le battaglie navali ma non le tempeste. La differenza è costituita dai soldati che servono come marittimi e dalla scarsa tenuta dei mercenari cartaginesi.
E adesso inizia l’epopea, la Storia più appassionante di Roma grazie ad un nemico formidabile, forse il più grande soldato di ogni tempo: Annibale. Ciò che conta per caratterizzarti è il nemico, non l’amico: Annibale e Scipione.
I Barcidi Amilcare e Asdrubale si muovono in Spagna, fondano città, contrastano la politica pacifista del latifondista Annone. Nel 218 Annibale attacca Sagunto, alleata di Roma ma posta a sud dell’Ebro, entro i “confini” punici. Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Il Generale attraversa le Alpi con 50.000 uomini, 6.000 cavalieri e 37 elefanti. Perde mezzo esercito ai passi alpini ma raggiunge la pianura padana. Con geniale uso della cavalleria sbaraglia i romani sul Ticino e sulla Trebbia. Attraversa l’Appennino e vince sul Trasimeno con superiorità di manovra impedendo al nemico qualsiasi azione tranne la resa. I romani preferiscono farsi massacrare ma non si arrendono. Prima di attaccare Roma attende la ribellione degli alleati e si dirige al sud mentre suoi agenti sobillatori fanno il lavoro sporco. A Roma eleggono Quinto Fabio Massimo. Verrà detto Cunctator. In realtà non aveva tutti i torti nel non voler affrontare il cartaginese su campo aperto. Con mosse azzeccate Annibale porta il nemico a combattere presso Canne, grande deposito granario romano, la mattina del 2 agosto 216. Capolavoro militare di ogni tempo, ossessione di ogni ufficiale alla scuola di guerra. Studiata a fondo da Napoleone, Federico il grande, Von Moltke e, soprattutto, von Schlieffen nella prima guerra mondiale. Annibale imbottiglia 80.000 romani con una manovra a tenaglia pur essendo in forte inferiorità numerica (1 a 3). Sa che i romani, consapevoli della loro forza, vogliono sfondare al centro per vincere. I Galli alleati del cartaginese arretrano ma il centro rinforzato dallo stesso Annibale, tiene, mentre la cavalleria cartaginese con l’inganno annienta quella romana e accerchia le legioni. I fanti romani non hanno spazio, sono imbottigliati. Un massacro: 70.000 soldati romani passati a fil di spada. I cartaginesi perdono 6.000 uomini, di cui 4.000 Galli. Una tragedia per Roma, la più grave sconfitta militare della sua storia. Un esempio di arte militare che non trova eguali nella scienza della guerra. Eppure è da questa sconfitta che Roma trarrà la forza per divenire ancora più grande. Ovviamente la storiografia romana enfatizza le capacità, indubbie, di Annibale. Occorre in qualche misura giustificare una sconfitta di tale portata.
Il generale Maarbale spinge Annibale a prendere Roma. Non sarà così. Fiumi di inchiostro si sono spesi su questa decisione attendista. Lo stratega cartaginese sa che la Spagna è a rischio, gli alleati di Roma sono rimasti fedeli e i mari sono controllati dalle navi romane. Il piano generale di Annibale è accerchiare l’Italia grazie ad una fitta rete di alleanze e tenere in scacco l’esercito romano nella penisola. Il 211 vede due vittorie romane. Sette anni dopo, nel 204 Publio Cornelio Scipione, vincitore della guerra di Spagna, viene nominato comandante di una imponente spedizione che deve attaccare Cartagine. Il numida Massinissa appoggia Scipione. Annibale rientra a Cartagine e alla fine dell’estate del 202 in località Naraggara (Zama), si scontra con Scipione. Trionfo romano. Scipione, da ora, detto l’Africano. Insopportabile Catone censore. Per Cartagine è la fine. Nel 149, dopo una serie infinita di provocazioni, Scipione Emiliano distrugge Cartagine. Rasa al suolo, bruciata, le mura abbattute, il porto distrutto, cosparso il sale sulla terra. Si narra che Scipione pianse nel vedere la città bruciare… gli sembrava di vedere Roma in mezzo alle fiamme.
J.V.