Hegel
Hegel
Stoccarda 1770. In apparenza borghese, filisteo, conformista. Dal padre eredita scrupolosità e meticolosità burocratiche, dalla madre, donna sensibile e di temperamento artistico, l’amore per la cultura ed uno spiccato interesse per i problemi religiosi. Studi teologici allo Stift, antico monastero agostiniano, di Tubinga assieme a Hölderlin e Schelling.
Entusiasmo per Kant e la rivoluzione francese. Pianta alberi della Rivoluzione. Precettore privato in Svizzera prima e a Francoforte sul Meno poi. Professore universitario a Jena dove già insegna Schelling. Qui vede il Weltseele Napoleone.
Preside di Liceo a Norimberga. Sposa l’aristocratica ventenne Marie von Tücher. Matrimonio felice. Cattedra ad Heidelberg, poi a Berlino dove diviene addirittura rettore. Ora non è più giacobino. Il clima della restaurazione fa di lui il filosofo tedesco per eccellenza. Ovviamente suscita l’invidia dei malevoli. Uno su tutti: Schopenhauer “Hegel, un ciarlatano insulso, privo di spirito, schifoso, ripugnante e ignorante, che scribacchiava con incomparabile insolenza, demenza e insensatezza cose che erano strombazzate come immortale saggezza dai suoi venali adepti e venivano prese sul serio dagli idioti… ha provocato l’avvelenamento intellettuale di un’intera generazione di dotti”. Un tantino esagerato. Non contento, dopo attenta riflessione continua “misero patrono, calibano dello spirito, corruttore delle menti, buffone filosofico” e altre amenità.
Il povero Arthur non lo sopporta per motivi personali e per la profonda amicizia di Hegel con l’odiato Goethe, amico di sua madre Johanna. Malgrado la malevolenza di Schopenhauer il pensiero di Hegel è un termine di confronto per qualsiasi filosofo, da Schopenhauer stesso a Karl Marx, da Kierkegaard ad Heidegger e in generale per tutto il pensiero filosofico seguente. Magistrale a questo proposito il libro di Karl Löwith, Da Hegel a Nietzsche.
Hegel non spiega bene, si interrompe spesso, non ha un eloquio fluente, non trascina. Eppure le sue lezioni sono affascinanti, le aule stipate da folle di allievi (mentre Schopenhauer spiega ai banchi vuoti) che ascoltano la sua voce metallica marcata da un forte accento svevo. Incute rispetto, a volte la voce si alza e gli occhi si infiammano. Un uomo serio, lettore instancabile, docente appassionato, buon marito e padre. A volte manifesta la collera con grande forza ed è capace di nutrire odio profondo. Con Schleiermacher arriva ad armarsi di coltello per aggredirlo. Notevole la sua influenza universitaria e culturale. Persino alti ufficiali e consiglieri di Stato seguono le sue lezioni a Berlino. La formazione dell’élite prussiana è di matrice hegeliana. Il colera stronca la sua vita nel sessantunesimo anno, nel 1831. Vita consacrata alla filosofia da lui intesa come ultima grande Metafisica occidentale. Torna all’intero superando il dualismo kantiano tra io autentico consapevole della legge morale e io empirico bisognoso e desiderante. Unità trovata nell’Amore, punto di partenza della Dialettica, struttura della realtà concreta. Tesi, antitesi, sintesi come struttura complessiva dell’accadere dell’amore. All’Amore appartiene anche l’uscita da sé da parte di colui che ama, il concedersi all’amata estraniandosi dal sé… “la vera essenza dell’amore consiste nel rinunciare alla consapevolezza di sé, nel dimenticarsi in un altro sé, e tuttavia nel giungere a ritrovarsi e possedessi soltanto internamente a questa rinuncia e a questa dimenticanza… L’amato non è contrapposto a noi, è un tutt’uno con il nostro essere; noi ci vediamo soltanto in lui”. Dietro l’evidenza dell’amore si apre per Hegel un infinito universo della vita, il fondamento da cui deriva ogni vivente. Ogni realtà è fondata nell’assoluto. Tutto è manifestazione dell’assoluto. La filosofia è scienza assoluta. La vita che domina la realtà fin dal fondamento è un processo dialettico, un continuo accadere di separazione e connessione, alienazione e conciliazione. Il ritmo eterno della vita crea continuamente nuove figure. La totalità della vita è divinità. Dio è la vita infinita. Un Dio non trascendente o creatore ma Dio del mondo, Spirito assoluto. Fine della trascendenza. Tutto è Spirito. Il nostro punto di vista particolare e finito ci induce a pensare erroneamente che la realtà sia materiale e non spirituale. Solo lo spirituale è reale. “Il concetto fondamentale dello spirito assoluto è la conciliazione e il ritorno dal suo altro a se stesso”. Dio si differenzia da se stesso, diviene oggetto di sé e torna ad essere identico a se stesso. Il movimento dialettico è il modo in cui la divinità si manifesta nel mondo. Lo spirito, a partire dallo spirito umano, è cosciente di sé, è autocosciente. Esistono vari gradi di autocoscienza e tre tappe: idea in sé, fuori di sé, in sé e per sé. Padre, Figlio, Spirito Santo in chiave teologica. Modo di produzione schiavile, feudale, capitalistico in chiave marxista. Dio ha una storia e deve prendere coscienza di sé. La storia interiore di Dio si compie in un processo dialettico. L’autoalienazione del divino consiste nel suo farsi mondo. Il mondo è la rappresentazione di Dio nella sua autoalienazione. Il mondo si mostra da un lato come natura, dall’altro come spirito umano. Entrambi sono rappresentazioni di Dio. La Natura è Dio fuori di sé e la nostra conoscenza della Natura significa che il divino presente nello spirito umano conosce se stesso. Il ritorno di Dio a Dio stesso si compie nell’uomo attraverso la Storia. Hegel descrive la “tragedia… che l’assoluto eternamente rappresenta a se stesso; il fatto che esso eternamente si partorisca nell’oggettività, che in questa sua figura si consegni al dolore e alla morte, e infine si sollevi dalle sue ceneri alla bellezza… non la vita che teme la morte, e si mantiene intatta dalla devastazione, bensì quella che la sopporta e si mantiene in essa, è la vita dello spirito. Lo spirito guadagna la sua verità soltanto se trova se stesso nell’assoluta separazione”. Tentativo grandioso e fallimentare. La più alta forma di presunzione filosofica. I fatti sono duri e rifiutano il sistema. Esistono forme mondane espressione immediata del divino: organismo mondano, stato etico, opera d’arte, religione, filosofia. Piccole oasi in mezzo al deserto dei fatti, all’incompiuto e all’insensato, alle ripetizioni forsennate. Il mondo è caotico e resiste alla razionalità. Solo in parte Dio si riconosce nel mondo. Il resto è tramonto. Il tentativo hegeliano è grandioso: trovare un punto a partire dal quale il mondo possa essere compreso unitariamente. Qui sta il suo titanismo: aver provato ad offrire un senso,un modello per chiunque voglia pensare.
Non è poco per uno che era stato liquidato con “non è ignorante di filologia e non ha mostrato alcuna diligenza in filosofia”.
Ammiro il suo potente sforzo. Tenta di offrire un senso all’insensato. Il Geist, lo Spirito, conduce all’Assoluto, al Tutto chiamato Dio. Per Hegel Dio è la Ragione e non opera fuori dalla Storia ma dentro la Storia. Il pensiero umano è Storia ed è pensabile soltanto grazie al pensiero umano. Fuori dalla Storia non esiste nulla. Gli Dèi sono licenziati. La Verità non viene rivelata ma si trova con sforzo continuo attraverso le verità che si sono succedute nel tempo storico. Religione ed Arte sono immense ma si tratta di scorie dello Spirito. Non esiste origine, principio. Ogni momento è inizio della Storia dello Spirito. Persino il grande Goethe è inessenziale in quanto poeta. La sua grandezza sta nell’aver visto Mephisto, il negativo, il principio dialettico. Mephisto partecipa alla messa in scena del gran teatro del mondo. Il romanzo dello Spirito è affascinante, un Don Chisciotte filosofico. Hegel scopre l’immane potenza del negativo e la furia eraclitea del dileguare, del Divenire. I Romantici non capiscono che Spirito e Bellezza senza Forza non valgono nulla. Soltanto nella lacerazione lo Spirito trova la propria forza, la propria potenza. Soltanto guardando in faccia il negativo la ferita dell’esistenza può essere curata. Il pensiero è un continuo movimento, una danza dionisiaca eterna. Anassimandro, Parmenide, Eraclito, Platone sono le chiavi del pensiero hegeliano. Essere e Nulla stanno di fronte e si dileguano incessantemente con sfrenata inquietudine.
La ferita della Ragione è la Ragione stessa. Hegel chiude il giardino dei sogni dove l’uomo è divino, è natura. L’uomo è Storia, soltanto Storia ovvero Spirito, Geist. Finisce l’era dei fatti. Qualche anno più tardi il nipote di Hegel, Friedrich Nietzsche, dirà che “Non esistono fatti morali ma soltanto interpretazione morale dei fatti”. Esatto. Perfetto. Fine della corsa trascendente. Il tram del kindergarten si ferma. Si va all’osteria, si beve il vino cattivo dell’esistenza. Però finalmente si beve e si smette di masturbare i grilli. Il giocattolo trascendente bimillenario è rotto e non si ripara più. L’Eden non c’è più. Esiste la dura terra e qui si gioca la partita. Dio non esiste. Non esiste nelle forme classiche e non esiste nelle forme moderne inventate dopo l’immenso Hegel (Progresso, Mercato, Giustizia, Tecnica, Etica). Hegel è un grande pensatore; un mondo come il nostro che ha considerato Popper e la sua prezzolata congrega un pensatore, merita di cessare di esistere.
Ricordo le parole dei miei professori universitari, con orientamenti diversi sul piano politico, da Costantini, a Cataluccio, da Pistarino a Luraghi, ma d’accordo tutti su un punto: con Hegel devono fare i conti tutti, marxisti e crociani, liberali e comunisti, anarchici e cani sciolti. Ognuno poi cerca di tirare il Titano dalla sua parte ma il Titano apparentemente filisteo non si fa tirare. Sta lì a ricordarci la grandezza titanica del Pensiero. Senza Pensiero non si va da nessuna parte. Al di là del Pensiero non esiste nulla, non esiste realtà fuori dal Pensiero. Il Pensiero è il Tutto, Realtà assoluta e divina dove Dio e uomo coincidono.
Ricordiamoci un paio di cosette:
c’è più filosofia e comprensione del reale in due paginette di qualsiasi opera di Hegel che in centinaia di pagine sproloquianti degli odierni pseudofilosofi di… qualche cosa. La filosofia è teoretica, non di…
Hegel ha un padre nobile. Si chiama Spinoza.
Come diceva L’immenso Totó: e con questo ho detto tutto.
J.V.