IL COLONNELLO CHABERT
IL COLONNELLO CHABERT
Film di Yves Angelo del 1994, tratto dall’omonimo romanzo breve di Honoré de Balzac. Con Gérard Depardieu, Fanny Ardant, Fabrice Luchini, André Dussollier.
“Dopo la battaglia di Eylau, l’imperatore trascorse diverse ore al giorno sul campo di battaglia: uno spettacolo orribile ma reso necessario dal dovere. Ci è voluto molto lavoro per seppellire tutti i morti […] S’immagini in uno spazio di una lega quadrata 9 o 10.000 cadaveri, 4 o 5.000 cavalli uccisi, file di sacchi russi, detriti di fucili e sciabole, la terra ricoperta di palle di cannone, granate, munizioni, 24 pezzi di cannone, vicino ai quali si potevano vedere i cadaveri degli autisti uccisi nel momento in cui si sforzavano di rimuoverli; tutto questo risaltava ancor di più su uno sfondo innevato. Questo spettacolo è stato concepito per ispirare nei principi l’amore per la pace e l’orrore per la guerra.”
(Jacques Peuchet, Campagne des armées françaises, en Prusse, en Saxe, en Pologne, sous le com- mandement de S. M. L’Empereur et Roi, en 1806, v. 4, p. 104)
Parigi, febbraio 1817, Napoleone sconfitto e prigioniero da due anni a Sant’Elena. In Francia regna il cinico e gretto Luigi XVIII. Il geniale avvocato Derville riceve la visita di uno strano personaggio che afferma di essere il “defunto” Colonnello Chabert, morto nella Battaglia di Eylau del 1807, dove aveva contribuito alla vittoria delle truppe napoleoniche guidando la famosa carica della cavalleria di Murat contro i russi. In realtà si tratta di un sepolto vivo che ritorna e reclama la sua identità e il proprio titolo. Vuole citare in giudizio la ex moglie, che nel frattempo, durante la sua assenza, è diventata ricchissima e si è risposata con lo spiantato ed ambizioso Conte Ferraud. Il brillante e profondo Derville accetta di assistere Chabert e propone un accordo finanziario. La contessa inizialmente nega di riconoscere il “defunto”, poi tenta di manipolarlo concedendo un vitalizio a patto che egli firmi un documento dove dichiara “di non essere il colonnello Chabert”. Amareggiato e disgustato da un simile comportamento Chabert rinuncia a tutto e si rifugia nella follia. Soltanto l’avvocato andrà a trovarlo in convento portandogli pane bianco, formaggio e vino rosso.
Film di alto livello girato con scarsi mezzi. Attori strepitosi (Luchini su tutti nei panni dell’avvocato), musiche meravigliose, battaglia di Eylau memorabile. Film sulla guerra e sulla morte. “La morte è bianca e silenziosa”. Raramente si sono visti personaggi ributtanti come il Conte Ferraud (Dussollier) e la moglie (Ardant). Il loro comportamento arrivista, cinico e spietato contrasta con quello del colonnello (eccellente Depardieu come al solito) nobile e nostalgico.
“Quando rinvenni, signore, mi ritrovai in una posizione e in un’atmosfera delle quali non riuscirei a darvi un’idea neppure se ve ne parlassi fino a domani. La poca aria che respiravo era mefitica. Cercai di muovermi, ma non trovai spazio sufficiente. Aprendo gli occhi, non vidi nulla. La rarefazione dell’aria era la minaccia più grave e non mi lasciava dubbi sulla mia situazione. Mi resi conto che nel punto in cui mi trovavo l’aria non si rinnovava e che, di conseguenza, stavo per lasciarci la pelle. Questo pensiero mitigò quella sensazione di dolore inesprimibile che mi aveva ridato i sensi. Le orecchie mi fischiavano terribilmente. Udii o credetti di udire – non posso dirlo di preciso – dei gemiti che si levavano da quel cumulo di cadaveri in mezzo ai quali mi trovavo. Sebbene la memoria di quegli attimi sia molto vaga e i miei ricordi molto confusi, malgrado le impressioni di sofferenze ancora più terribili che ho dovuto sopportare e che mi hanno offuscato la mente, ci sono delle notti in cui mi sembra ancora di udire quei gemiti soffocati! Ma c’è stato qualcosa di più terribile di quei gemiti: un silenzio che non ho più ritrovato in alcun altro luogo, il vero silenzio di tomba. Alla fine, sollevando le mani, brancicando i morti, avvertii un vuoto tra la mia testa e quel carnaio umano che mi sovrastava. Potei così misurare lo spazio che, per puro caso, mi era stato lasciato chissà come. Penso che, grazie alla noncuranza o alla fretta con cui ci avevano gettati alla rinfusa in quella fossa, due morti, sopra di me, si erano incrociati in modo da comporre un angolo simile a quello formato da due carte messe una dinanzi all’altra da un bambino con la voglia di costruire un “castello”. Mentre frugavo spasmodicamente – non potevo certo prendermela con calma – per una fortunata coincidenza mi trovai un braccio che non era attaccato a niente, un braccio di un Ercole, un osso robusto al quale dovetti la mia salvezza. In effetti, senza quell’aiuto insperato sarei morto! Con un’ansia che potete ben capire, cominciai a farmi largo tra i cadaveri, che mi separavano dalla coltre di terra che, senza dubbio, doveva essere stata gettata su di noi: dico noi come se si fosse trattato di persone vive! Ci detti sotto con tutte le mie forze, ed eccomi qui! Ma ancora oggi non so come sono riuscito a forare quella massa di carne umana che costituiva una barriera tra la vita e me. Voi mi direte che ne avevo tre di braccia! Quella leva di cui mi servivo con una certa abilità mi procurava quel poco d’aria che si trovava tra quei cadaveri che andavo rimuovendo. Dosavo il respiro con parsimonia. Finalmente vidi il chiarore del giorno, ma attraverso la neve, caro signore!”
(Honoré de Balzac, Le colonel Chabert, Paris, La Renaissance du Livre, 1820, pp. 23-24, traduzione di Roberto Bonchio, 2012)
“Il colonnello Chabert”, apparso nel 1832 e poi inserito nel grande mosaico della Commedia umana. Balzac ci offre da par suo un quadro potente e intenso della vita francese sotto la Restaurazione. Chabert piange dinanzi ad una società corrotta, ipocrita e spietata. Non gli resta che rifugiarsi nella nostalgia e in una apparente follia dal momento che “a Eylau sono stato sepolto sotto i morti ed ora sono sepolto dai vivi”.
J.V.