Il principio speranza, di Ernst Bloch
Contrapposto all’attualità e all’ideologia della “fine della storia”, “Il principio speranza” – che fonda la sua ontologia sulla potenzialità dell’essere e sull’apertura al cambiamento – risulta oggi audacemente inattuale ma ricchissimo di suggestioni su temi sempre aperti. Nelle cinque parti che costituiscono il suo capolavoro (iniziato nel 1938 e dato alle stampe per la prima volta nel 1959) Bloch esplora la dimensione utopica del pensiero in tutte le sue molteplici manifestazioni: oltre il “principio del piacere” delle vecchie utopie, ma anche oltre il “principio di realtà”, inteso come passiva accettazione del già-dato. Gran parte del “Principio speranza” è dedicata a una fenomenologia degli stati utopici della coscienza: dai desideri più profondi dei singoli alle opere d’arte e ai grandi miti collettivi, fino alle forme che si annunciano nell’arte di consumo. In tutte queste forme, attraverso una “ontologia del non ancora”, si delineano i tratti di una realtà conciliata che servono da guida e da orientamento per l’azione storica. In questo senso, “Il principio speranza” individua un possibile antidoto al nichilismo e all’angoscia: senza promettere redenzione e salvezza, senza confondere la caduta di alcuni idoli con la caduta degli ideali. (risvolto di copertina)
« L’importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all’aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L’affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all’esterno può essere loro alleato. Il lavoro di questo affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono »
(Ernst Bloch, Il principio Speranza Premessa)
Ernst Bloch (Ludwigshafen, 8 luglio 1885 – Tubinga, 4 agosto 1977) nasce da genitori di origine ebraica. Laurea in filosofia, due mogli, una figlia. Amico di Max Weber, Bertolt Brecht, Kurt Weill e Theodor W. Adorno, tra gli altri. Dopo il 33 emigra in Svizzera, poi in Austria, in Cecoslovacchia e in Francia, finché non si stabilisce negli Stati Uniti, dove scrive “Il principio speranza”. Dal 48 insegna a Lipsia e si scontra col regime comunista. Accusato di revisionismo (un classico) e “tentatore della gioventù” (altro classico), viene sospeso dall’insegnamento (terzo classico). Nel 61 fugge a Tubinga. Alla sua morte verrà osannato dagli studenti e dai colleghi che in lui riconoscono un autentico maestro. Speranza e Utopia sono i pilastri della sua opera, Marx in chiave messianica, forte influenza di Goethe e Schelling, filosofia della natura, registri linguistici alti e solenni, profetici. Contro Heidegger e l’angoscia, contro il marxismo freddo dell’est, sostenitore del marxismo caldo, umano e utopico. Razionalità Hegelo- marxiana non disgiunta dalle emozioni, dagli affetti, dalla sensibilità. Mette in evidenza i limiti enormi del socialismo scientifico, le sue grottesche pretese di condizionare e negare i bisogni umani. “Cogli l’eternità nell’istante” è un principio fondamentale per Bloch, dove per eternità si intende la pienezza dell’esistere, la scoperta del senso delle cose al di là dell’oscurità dell’attimo vissuto.
“Il principio che Bloch ritiene più originale di tutta la sua filosofia è quello di aver scoperto che la nostra coscienza del presente, che a noi sembra così cristallina, così trasparente, è in realtà opaca, e che quindi il presente in effetti è oscuro, o, usando un proverbio cinese che usava Bloch, “alla base del faro non c’è luce”; questo significa allora che noi dobbiamo non proiettarci nel futuro in quanto tale, ma illuminare, attraverso la conoscenza e attraverso la conoscenza della speranza, quello che è il centro del nostro essere, cioè dobbiamo buttare luce, dare senso a ogni momento della nostra esistenza. Questo accade ad esempio attraverso l’arte, attraverso la musica in particolare, dove si ha il massimo di esattezza matematica e il massimo di pathos: questa è una bella illustrazione del principio speranza, la speranza non è soltanto pathos ma è anche misura e quindi la speranza è una forma che mobilita gli animi, come la musica ci può dare questo senso di esaltazione, di tristezza, ma nello stesso tempo questo senso di esaltazione o di tristezza è retto da una struttura matematica rigorosa.” (Remo Bodei)
“Selbstbegegnung”, incontro con noi stessi, perché noi siamo in compagnia di noi stessi, ma è come se non ci incontrassimo mai. Scopo del principio speranza è offrire un senso ai nostri sogni e ai messaggi che giungono dall’inconscio. Le forze invisibili incontrollabili vengono chiamate Dio dalla tradizione, ma Bloch non crede nel Dio personale, anzi pensa che “il miglior cristiano è l’ateo” perché l’atto elimina dalla religione l’aspetto immaginifico legato a Gesù o a Buddha e lascia intatto il nucleo potente, i desideri umani. La sua Speranza è un corale di Bach dove tutti gli individui polifonicamente cercano l’unità.
È stato chiamato il «profeta della speranza» perché la speranza è l’essenza della sua filosofia. Se nell’etica cristiana la speranza è una delle virtù cardinali, nella filosofia di Bloch è principio metafisico, come si legge nel suo notissimo libro «Das Prinzip Hoffnung» (Il principio speranza)…
La filosofia di Bloch è anche una delle più valide esperienze ideologiche del marxismo e una delle più aperte ricerche di verità del secolo…
Tutta la sua produzione affascina per l’inesplicabile contraddizione tra la dialettica anti-utopica […] e uno spirito irrefrenabile di immaginazioni e metafore, alimentato dalle inestinguibili speranze della nostra esistenza interiore. (Ester Dinacci)
J.V.