Il settimo sigillo
« Questa è la mia mano, posso muoverla, e in essa pulsa il mio sangue. Il sole compie ancora il suo alto arco nel cielo. E io… io, Antonius Block, gioco a scacchi con la Morte. »
(Antonius Block)
Il settimo sigillo (Det sjunde inseglet) è un film svedese del 1957 diretto da Ingmar Bergman, trasposizione cinematografica della pièce teatrale Pittura su legno (Trämålning) che lo stesso Bergman aveva scritto nel 1955 per la sua compagnia di attori teatrali.
Presentato in concorso al 10º Festival di Cannes, il film vinse il Premio Speciale della Giuria, ex aequo con I dannati di Varsavia di Andrzej Wajda.
* Max von Sydow: Antonius Block, il cavaliere
* Gunnar Björnstrand: Jöns, lo scudiero
* Bengt Ekerot: la Morte
* Nils Poppe: Jof
* Bibi Andersson: Mia
* Inga Gill: Lisa
* Maud Hansson: strega
* Inga Landgré: Karin Block
* Gunnel Lindblom: giovane che segue lo scudiero
* Bertil Anderberg: Raval
* Anders Ek: monaco
* Åke Fridell: Plog, il fabbro
* Gunnar Olsson: Albertus Pictor
* Erik Strandmark: Jonas Skat
Danimarca medievale fredda e terribile, peste, morte e disperazione dappertutto.
Il cavaliere Antonius Block ritorna al proprio castello con il suo scudiero, reduce dalla Crociata in Terra Santa. Incontra la Morte e la sfida a scacchi al fine di ritardare il suo spaventoso compito. La partita ha inizio ma poi il viaggio riprende. Block incontra una coppia di attori con il loro bambino, una strega e altri personaggi. La peste intanto miete vittime ovunque. “E quando l’agnello aperse il settimo sigillo, si fe’ nel cielo un profondo silenzio di mezz’ora. E vidi i sette angeli che stavano dinanzi a Dio, e furono date loro sette trombe poi un altro angelo si fermò davanti all’altare con un turibolo e gli fu data gran quantità d’incenso. E allora il primo angelo die’ fiato alla tromba, e ne venne grandine e fuoco misto a sangue e così furono gettati sopra la terra, e la terza parte della terra fu arsa, e la terza parte degli alberi fu arsa, e fu arsa l’erba verdeggiante. E quindi il secondo angelo die’ fiato alla tromba e una specie di grande montagna di fuoco ardente fu gettata in fondo al mare, e la terza parte del mare diventò sangue… E anche il terzo angelo die’ fiato alla sua tromba. E dall’alto del cielo cadde una stella grande, ardente come fiaccola. La stella si chiamava Assenzio…” Con queste parole vengono tradotti i versetti 1-11 del capitolo 8 dell’Apocalisse di San Giovanni nella versione italiana del film.
Da qui il titolo che Bergman dà a uno dei film più noti in assoluto della sua produzione . Quasi tutti hanno visto la scena in cui il cavaliere Block gioca a scacchi con la morte ma molti forse non hanno mai visto il film per intero senza così poterne valutare la complessità. Bergman era figlio di un pastore protestante (come Nietzsche) e si interroga al massimo livello culturale sul silenzio di Dio e sul destino umano dopo la morte. Fede del Cavaliere ed ateismo dello scudiero. Vale la pena perdere la partita con la Morte pur di garantire una via di fuga ad una famiglia di poveri cristi. La Fede vince anche la Morte. Il regista, in questo caso teatrale, riflette sul potere che la rappresentazione (anche dell’ultimo passaggio della vita) ha avuto in campo artistico perché l’arte è l’ultima nostra umana illusione. Non sono in grado di esprimere col linguaggio scritto ciò che Bergman esprime col linguaggio filmico-teatrale… me ne scuso, ma il mio intento è che qualche essere umano in più guardi questo film. Meglio citare direttamente Bergman:
Antonius Block
Voglio parlarti il più sinceramente possibile, ma il mio cuore è vuoto. Il vuoto è uno specchio che mi guarda. Vi vedo riflessa la mia immagine e provo disgusto e paura. Per la mia indifferenza verso il prossimo mi sono isolato dalla compagnia umana. Ora vivo in un mondo di fantasmi, rinchiuso nei miei sogni e nelle mie fantasie.
Perché non posso uccidere Dio dentro di me? Perché egli continua a vivere in questo modo doloroso e umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparmelo dal cuore? Perché, nonostante tutto, egli è un’illusoria realtà ch’io non posso scuotere da me? Mi ascolti?
La Morte: Ti ascolto.
Antonius Block: Io voglio la conoscenza, non la fede, non supposizioni, la conoscenza. Voglio che Dio tenda la sua mano verso di me, si riveli e mi parli.
La Morte: Ma egli rimane zitto.
Antonius Block: Lo chiamo nel buio, ma sembra come se non ci fosse nessuno.
La Morte: Forse non c’è nessuno.
Antonius Block: Allora la vita è un atroce orrore. Nessuno può vivere in vista della morte, sapendo che tutto è il nulla.
Se tutto è imperfetto in questo imperfetto mondo, l’amore invece è perfetto nella sua assoluta e squisita imperfezione.
(Lo scudiero e il maniscalco)
Dall’oscurità che tutti ci attornia mi rivolgo a te, o Signore Iddio: abbi misericordia, che siamo inetti, e sgomenti, e ignari. […] Dio, tu che in qualche luogo esisti, che devi certamente esistere, abbi misericordia di noi.
(Antonius Block)
Difficile poter dire qualcosa in più o meglio…
J.V.