Jaspers

Jaspers

Oldenburg 1883. Famiglia agiata. Malato a cui è impedito quasi tutto tranne giocare a biliardo. Sentimento di solitudine e distanza dagli altri. Isolamento e distacco. Il giovane Karl studia diritto, poi si laurea in medicina e si specializza in psichiatria ad Heidelberg. Metodo fenomenologico husserliano contro le spiegazioni organicistiche. Distinzione diltheyana tra spiegare e comprendere. Comprensione genetica. Riserve verso la psicoanalisi freudiana troppo orientata su cause meccanicistiche della vita psichica e su un eccessivo peso della sfera sessuale. Poi svolta filosofica. Dal 1921 cattedra di filosofia sempre ad Heidelberg.

Platone, Plotino, Cusano, Bruno, Spinoza, Kant, Schelling ed Hegel studiati a fondo. Saranno però Kierkegaard e Nietzsche i suoi punti di riferimento. Nel 1938 il governo hitleriano proibisce le sue pubblicazioni. L’anno precedente aveva lasciato l’insegnamento per poter restare accanto alla moglie ebrea. Gira col cianuro in tasca temendo il peggio.

Poi l’esilio volontario. Torna in Germania nel 1945 e tratta la “questione della colpa della Germania”. Così si può riassumere:

1.Colpa giuridica

Si riferisce a quelle azioni che trasgrediscono la legge e che possono essere provate oggettivamente. L’istanza è il tribunale, il quale stabilisce precisamente gli stati di fatto e vi applica le leggi. La sua conseguenza è la punizione.

2.Colpa politica

Si riferisce alle azioni degli uomini di Stato e coinvolge quanti appartengono a quello Stato, perché ciascuno porta una parte di responsabilità riguardo al modo in cui viene governato.

Per quanto concerne i delitti che sono stati commessi in nome del Reich tedesco, ogni cittadino viene reso corresponsabile. Se ne risponde collettivamente. Rimane da vedere in che senso ciascuno di loro si senta corresponsabile, perché non significa necessariamente che ciascuno sia colpevole anche nel senso morale di aver preso parte, o nei fatti o intellettualmente, a quei delitti.

L’istanza è la forza e la volontà del vincitore nella politica interna come nella politica estera. La conseguenza è una riparazione e una perdita ulteriore, oppure una limitazione della potenza politica e dei diritti politici.

3.Colpa morale

È individuale, della propria coscienza, per ogni azioni che si compie come singolo (anche quelle di ordine politico e militare). I delitti, quindi, rimangono sempre delitti anche quando vengono ordinati (sebbene possano valere circostanze attenuanti, in base al livello di coercizione).

La colpa morale sussiste per tutti coloro che danno spazio alla coscienza e al pentimento. Sono colpevoli in tal senso coloro che sono capaci di espiazione, coloro che pur sapendolo, o pur in condizioni di poterlo sapere, hanno intrapreso una via che essi, nel loro auto-esame, vedevano condurre all’errore colposo. Sia che questo avvenga per semplice seduzione, per trarre vantaggi personali o che si obbedisse per paura.

Su quest’ultimo punto, dobbiamo ricordare che molti vissero sotto il regime nazista indossando una maschera che li portava a dichiarare lealtà sotto minaccia della Gestapo, che faceva fare loro gesti come il saluto hitleriano e a partecipare a riunioni di partito. Un camuffamento, questo, che pesava indubbiamente sulla coscienza di ogni tedesco intimamente contrario al nazismo.

Per contro, c’era chi liquidava il proprio comportamento con la frase “si tratta di un ordine”, ovvero un modo per scaricare la coscienza con un’alzata di spalle. Una condotta di tal genere, pienamente colpevole dal punto di vista morale, si trasformò in una tendenza a ubbidire ciecamente, tendenza del tutto impulsiva, per cui ciascuno si sentiva in pace con la propria coscienza, mentre di fatto aveva abolito ogni coscienza.

Per paura si è lasciato che l’ingiustizia vincesse, senza opposizione, rimanendo ciechi di fronte alla sventura degli altri e mancando di immaginazione nel non sentirsi colpiti nel cuore da quelle sofferenze che si avevano davanti agli occhi.

L’istanza è qui la propria coscienza e la comunicazione con gli amici e le persone più care, con coloro che ci amano e si interessano della nostra anima.

4.Colpa metafisica

Investe qualsiasi uomo tollerante verso ingiustizie e malvagità che possono essere inflitte a un proprio simile e non fa nulla per impedirlo. Questa colpa ha per oggetto l’infrazione della principio della solidarietà tra gli uomini (“il dolore dell’altro è il mio dolore”), offesa la quale viene messa a rischio quella base di appartenenza al genere umano che poggia sul riconoscimento di se stessi nell’altro.

Quando un’individuo non fa tutto il possibile per impedire un delitto, diventa anche lui colpevole, in un senso che non può essere adeguatamente compreso da un punto di vista giuridico, politico o morale. Il fatto che questo impulso non agisca nella solidarietà di tutti gli uomini, ma rimanga solamente circoscritto a quei legami umani più intimi, costituisce la colpa di tutti noi.

L’istanza è solamente Dio e la conseguenza di questa colpa è la trasformazione dell’autocoscienza umana innanzi a Lui.

Questa matrice sentimentale che consente agli uomini di riconoscersi come appartenenti allo stesso genere, collima con il pensiero di Kant quando afferma: “L’uomo va trattato sempre come un fine e mai come un mezzo”. Nessuna norma giuridica, infatti, così come nessun accordo politico, nessuna legge morale sono in grado di trovare un minimo di fondazione e un residuo di plausibilità se l’uomo tratta il proprio simile non come uomo, ma come cosa.”

Il nazismo, invece, ha significato proprio questo: la riduzione dell’uomo a cosa.

Questa è la colpa metafisica. Una colpa da cui non è possibile riscattarsi, perché ciò che il nazismo ha inaugurato, l’oggettivazione dell’uomo, è la forma che l’umanità ha via via assunto sotto il regime della tecnica che proprio nell’organizzazione nazista ha trovato il suo primo abbozzo.”

Rapporti tesi con l’amico/nemico Heidegger. Jaspers isolato, come sempre, e criticato da molti. Spalle larghe e schiena diritta. Lascia la Germania e torna in Svizzera, a Basilea. Insegna sino al 1969, anno della sua morte. Una vita alla ricerca della Giustizia e della vera essenza dell’uomo. Combatte il totalitarismo in ogni sua forma, critica la scelta americana di usare la bomba atomica contro il Giappone, rimprovera ai tedeschi la rimozione della Shoah. Etica della responsabilità weberiana contrapposta alla Realpolitik basata sull’uso esclusivo della forza. Cosmopolitismo e ricerca della libertà politica, sodalizio culturale con Hannah Arendt, coscienza della crisi nichilistica che attanaglia l’occidente. Dura polemica con la balzana idea che la conoscenza scientifica possa comprendere l’Essere. La scienza non offre risposte alle domande che riguardano il Senso. Presa di coscienza dello scacco esistenziale. Distinzione tra esserci ed esistenza, situazione e libertà. In quanto mero esserci l’uomo è cosa tra le cose, essere-nel-mondo immerso nella temporalità. Esistere comporta una rottura nell’esserci del Mondo, uscir fuori, distinguersi. Esserci è datità e necessità, esistenza è possibilità, quindi libertà. Spinoza e Nietzsche lo spingono verso l’Amor fati. La libertà è un’esistenza fatale e determinata dalla finitudine situazionale. “Io «sono» nella situazione storica se mi identifico con una realtà e col suo inesauribile compito. Non posso stare in ogni luogo, ma debbo stare interamente in un solo luogo per poter stare in qualche luogo. Posso appartenere solo ad un popolo, posso avere solo questi genitori, posso amare una sola donna; tuttavia posso in ogni caso tradire, ma tradirei me stesso se tradissi gli altri, se non fossi deciso ad assumere incondizionatamente il mio popolo, i miei genitori, il mio amore: io debbo loro me stesso. […] Privo di coscienza storica l’uomo cade in quello stato in cui tutto è perduto. I legami fra esserci ed esistenza… cessano di essere catene solo se io consapevolmente li afferro. Ciò che le scioglie è la libera appropriazione dell’esserci. L’essenziale per me è che, nelle manifestazioni di me stesso, faccia tutt’uno con l’esserci. […] Per l’esistenza possibile si fa chiaro che il terreno per la mia ricerca dell’essere non è l’esserci, non è il molteplice delle determinazioni degli esseri particolari in quanto conosciuti, non è nel mio isolamento e neppure nella comunicazione. In nessun modo posseggo l’«essere». Ovunque urto contro limiti. Se invece mi pongo innanzi all’essere intendendolo come trascendenza, allora cerco l’estremo fondamento in un modo del tutto particolare. Sembra che mi si apra, ma tosto che pare visibile, dilegua. Se tento afferrarlo resto con nulla.”(Jaspers, Filosofia)

Destinazione ultima… il naufragio. La sperimentazione della situazione-limite è l’esistenza stessa. Sono me stesso quando la mia insufficienza coincide con la ricerca della Trascendenza… “L’esistenza o esiste in rapporto alla Trascendenza o non esiste affatto”. Apertura salvifica alla Trascendenza che si rivela nascondendosi. Debito verso Cusano e trascendenza immanente. Come dice Agostino possiamo confidare soltanto nell’inconcepibile. Fede filosofica, presentimento dell’Assoluto attraverso “cifra” e “simbolo”. Il mondo è una scrittura cifrata, una traccia della presenza di Dio. Echi del poeta Rilke “… arrivò un altro uomo e si chinò verso la bambina:

“Che cosa cerchi?”

Maria – stava per piangere – si fece coraggio e con convinzione rispose:

“Il buon Dio”.

L’uomo sorrise, la prese semplicemente per mano e lei si lasciò condurre, come se ora tutto si fosse sistemato. “Guarda qui che bel ditale ho trovato oggi…”, l’uomo le mostrò lungo la via ».

La bambina ritrovò il sorriso, mente il nuvolone che copriva il cielo e minacciava la pioggia, fu trascinato via da nuvole ben più chiare e benigne.”

Differenza tra fede filosofica e religiosa. La fede religiosa ecclesiastica annuncia la Trascendenza secondo la rivelazione stabilità dogmaticamente da un Deus revelatus e deve far valere un’assoluta da far valere nel mondo. In questo modo si toglie il rischio è si costruisce il cortile della Chiesa nel cui recinto i fedeli si sentono sicuri senza accorgersi che in questo modo la loro fede viene meno. Per Jaspers Dio è absconditus, si rivela come cifra della Trascendenza, come vestigium. Il tutto è nulla di fronte alla Trascendenza e l’accadere della Nullità è il naufragio esistenziale. Senza la difficilissima lettura della Trascendenza ci attende la disperazione radicale.

Atteggiamenti polemici di fronte alla riflessione di Jaspers non sono mancati, ad iniziare da Einstein. Questa la risposta “L’ultima questione è di sapere se dal fondo delle tenebre un essere può brillare.”

J.V.

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