La Peste, di Albert Camus

La peste è un romanzo di Albert Camus pubblicato nel 1947. Grande successo editoriale, vince il Prix des Critiques. Appartiene al “ciclo della rivolta”. La peste è una metafora del Male in generale e del Nazismo nello specifico (la Peste brune), una malattia contagiosa e portatrice di morte. Il dottor Bernard Rieux lotta ogni giorno contro la peste, mosso da un’esigenza etica ben precisa: la rivolta contro la presenza del Male nel mondo. Privo dell’assistenza di Dio, reo di un’indifferenza assordante, Rieux organizza una squadra di volontari, mosso più dalla voglia di opporre una dignitosa resistenza che dalla convinzione di poter sconfiggere il Male. Tutto si svolge a Orano, improvvisamente invasa dai topi che, nella disperata ricerca di aria, muoiono soffocati per le strade. Toni da Antico Testamento, città maledetta, climax ascendente: la tragedia prende avvio in Primavera, raggiunge l’apice in Estate e si conclude in Inverno. Racconto sotto forma di diario corroborato da testimonianze. Natura catartica. Mare salvifico (Rieux e Tarrou si purificano dal lerciume spirituale bagnandosi nel Mediterraneo). La rivolta nasce dalla presa di coscienza dell’assurdità dell’esistenza umana, dovuta alla Morte e si trasforma da rivolta solitaria in rivolta solidale. Dio diviene alleato dell’uomo nel tentativo di correggere una creazione imperfetta, crudele e assurda.
“Capisco”, mormorò Paneloux. “È rivoltante in quanto supera la nostra misura. Ma forse dobbiamo amare quello che non possiamo capire”.
Rieux si alzò di scatto; guardava Paneloux con tutta la forza e la passione di cui era capace, e scuoteva la testa.
“No, Padre”, disse, “io mi faccio un’altra idea dell’amore; e mi rifiuterò sino alla morte di amare questa creazione dove i bambini sono torturati”.
Dolore, sofferenza, disperazione sono gli ingredienti della dieta quotidiana. Miseria umana, speculazione dei profittatori, demagoghi che si arricchiscono sulle disgrazie altrui. Molti fingono di dormire e non vogliono vedere, pochi combattono come antieroi contro il Male e tentano di conservare così la Speranza di una rinascita dell’Umanità. La volontà di vita non cancella però il Male perché “il bacillo della peste non muore né scompare mai”. La peste è infatti nell’agire umano, nelle logiche totalitarie come il Nazismo, nella menzogna, nell’orgoglio. Paneloux si affida a Dio, Tarrou diventa un santo laico, senza Dio, che si purifica allontanandosi da tutto ciò: “Si può essere un santo senza Dio, è il solo problema concreto che mi interessi”.Rieux, non vuole diventare santo, ma soltanto essere uomo in mezzo agli uomini e mettere in atto le proprie conoscenze per combattere il flagello, lo scandalo del Male. A differenza di Caligola che, una volta scoperta l’assurdità dell’esistenza decide di comportarsi come gli Dei e ordina ai sudditi di portargli la luna per renderli consapevoli di tale assurdità e condurli così alla rivolta, Rieux, presa coscienza del male, invita alla rivolta pur essendo consapevole che il male esiste e non è possibile sconfiggerlo definitivamente. Però si può tentare di arginarlo nella consapevolezza di esserne vittima, una vittima pensante. Ecco perché è importante studiare, leggere… pensare. Soprattutto oggi dove il Male si ripresenta più forte di prima e si avvale della collaborazione di carnefici attivi ma soprattutto di molti spettatori conniventi. Dobbiamo combattere contro coloro che si vantano di essere ignoranti e disprezzano la cultura, contro coloro che pensano che tutto sia semplice. La vita è complessa, terribile, tragica, banale e assurda ad un tempo.

La tragedia del nostro tempo non consiste soltanto nell’aver certificato la morte di Dio ma soprattutto nel pensare che non esista il Demonio. Certo non esiste nelle forme canoniche ed ignoranti della superstizione ma si manifesta in mille modi dalle trincee della Grande Guerra ad Auschwitz ai genocidi dei nostri giorni. La Peste ritorna continuamente. Abbiamo bisogno di altri Camus, Sisifo, Rieux che ci indichino i pericoli legati ai pifferai magici.

J.V.

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