Le Benevole

Le benevole, romanzo del franco-americano Jonathan Littell, pubblicato nel 2006. Scritto originariamente in francese, narra in prima persona la storia di Maximilien Aue, un ex ufficiale delle SS responsabile di orribili massacri. Diviso in 7 parti che prendono nome dai movimenti di una suite di danze, genere musicale per il quale sono famosi due compositori  amati dal protagonista: Johann Sebastian Bach e  Jean-Philippe Rameau.

Io narrante direttore di una fabbrica di merletti: Maximilian Aue. Sposato, due figli gemelli, vive nel nord della Francia. Ricorda la Seconda guerra mondiale.  Madre francese e padre alsaziano. Laureato in giurisprudenza, prima della guerra lavora come archivista per il servizio di sicurezza della polizia del Führer, poi  collabora all’organizzazione dello sterminio ebreo. Alla fine della guerra Aue abbandona Berlino distrutta e fugge  in Francia. Nuova vita. Impunità.  Eumenidi contrapposte ad  Erinni (le divinità della vendetta che proteggono Oreste dalla furia degli dèi nonostante il matricidio di Clitennestra.  Personaggio complesso e  uomo banale ad un tempo,  nazista razionale,  uomo, purtroppo, normale e reale.  Prosa ricca e scorrevole,  citazioni colte, ma…  “È questo un uomo?”… La risposta purtroppo è “Sì”. 

Ho passato molti anni della mia vita a studiare la Shoah. Questo libro mancava. Va letto senza fermarsi. Va consigliato a persone in possesso di buona cultura e che abbiano un’immagine “alta” della Letteratura e della Storia. Ha vinto il Goncourt e lo merita. Con questo romanzo si fa piazza pulita delle banalità sul bene e sul male, sul disumano. Aue è un uomo che disprezzo, ma purtroppo fa parte del genere umano. Le Benevole presenta la Storia, con le sue storture, i drammi, le mancanze di senso. Comprendo che Littel può spaventare i perbenisti e i semplici. In periodi di ipocrita “politicamente corretto” fa bene alla nostra salute mentale. Alcuni punti sono magistrali: l’interrogatorio-colloquio col funzionario comunista prigioniero a Stalingrado, la descrizione dei dirigenti della I.G. Farben, le riflessioni su vincitori e vinti. Non si deve aver paura di questo libro se si vuole veramente affrontare la riflessione critica su nazismo, stalinismo e democrazia borghese. I giovani possono imparare più da Littell che dai manuali di storia. Si sente in modo forte l’influenza di Eschilo ma soprattutto di Platone. Chi, come me, ha passato anni a polemizzare con i revisionisti, forse non ne ha più bisogno: un ufficiale nazista, colto e razionale, descrive in modo diretto ciò che i nazisti e i “buoni cittadini” tedeschi, francesi, polacchi, ucraini, russi hanno fatto contro ebrei, omosessuali, zingari, malati gravi. Raramente ho visto affrontare in modo così elegante sul piano letterario temi storiografici complessi come la differenza tra Kultur tedesca e Civilisation francese o il rovesciamento delle alleanze nella guerra dei trent’anni del Novecento. Un libro contro gli stereotipi e dalla parte della Storia. L’orrore non è fuori di noi ma è dentro di noi e accettare questo significa compiere il primo passo verso la comprensione spinoziana del mondo.

J.V.

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