Le relazioni pericolose
« L’amore che vantiamo come la causa dei nostri piaceri, non ne è in realtà che il pretesto »
Le relazioni pericolose (Les liaisons dangereuses) è un romanzo epistolare di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos del 1782. Il romanzo narra le avventure di due libertini appartenenti alla nobiltà francese del diciottesimo secolo, ed è considerato uno dei capolavori della letteratura francese.
Pierre-Ambroise-François Choderlos De Laclos, scrittore ed ufficiale (Amiens, 1741 – Taranto, 1803), figlio di un segretario dell’Intendenza di Picardie e di Artois. A diciotto anni entra come aspirante alla scuola d’artiglieria di La Fère (dove qualche anno dopo si formerà un artigliere ancora più famoso: Napoleone) celebre per il suo insegnamento delle discipline matematiche. Studente brillante, appassionato di armi da fuoco, Laclos tenterà di inventare un proiettile cavo (boulet creux) di grande potenza esplosiva. Nel 1763, col grado di tenente, aspetta l’imbarco per il Canada a La Rochelle. Proprio in quei giorni viene firmato il trattato di Parigi che mette fine alla guerra dei sette anni… niente imbarco, niente gloria militare ma una grigia carriera che lo porta di guarnigione in guarnigione: Toul, Strasburgo, Grenoble, Besançon, Valence, l’île de Ré e al grado di generale a quarant’anni. Tra pochi anni le carriere militari saranno assai più veloci grazie alla Rivoluzione francese, a Napoleone e ai fiumi di sangue che scorreranno in Europa, da Boulogne a Mosca, da Waterloo alle Piramidi. Avendo tempo a disposizione, De Laclos scrive e usa le stesse parole per l’amore e per la guerra, sino a partorire Le relazioni pericolose, autentica vetta del romanzo epistolare e della letteratura del Settecento. I due protagonisti, la Marchesa di Merteuil ed il Visconte di Valmont incarnano tutto ciò che De Laclos non è, confermando il compito del romanzo: descrivere il mondo com’è e come vorremmo che fosse, assecondando i nostri più nascosti desideri. Baudelaire ha definito le Liaisons: «Libro di un moralista elevato fra i più elevati, profondo fra i più profondi». Ed anche, a proposito della raggelante atmosfera erotico-amorosa che lo sorregge: «Se brucia questo libro, brucia alla maniera del ghiaccio». Il romanzo è il vero boulet creux, la bomba contro il potere, le istituzioni, i valori dominanti e descrive un amore di testa, intriso d’orgoglio, di cinismo, d’ipocrisia satanica, dove tutto ciò che è umano viene distrutto.
Romanzo vietato come «empio, criminale e blasfemo» e proprio per questo amatissimo dal pubblico sino ai giorni nostri. Le Liaisons sono una Héloïse alla rovescia; dal movimento ascendente ordinato e armonico verso Julie si passa al movimento verso il disordine; ciò che resta è la centralità della figura femminile dominante: la Marquise de Merteuil, immagine negativa e rovesciata sia di Julie sia di M.me de Tourvel, e vittima dell’uomo che è il rovescio esatto di Saint-Preux: Valmont. Amaro, lucido, ironico, spietato, a tratti divertente è comunque un grande romanzo d’amore e di critica violenta e feroce alle istituzioni. La tecnica letteraria dell’opera ricorda la guerra e le sue strategie, come scrive la Marchesa alla giovane Cécile de Volanges. Ogni lettera è necessaria e motivata, in un dialogo continuo e stringato, come un duello di fioretti. Ed ogni lettera è così ben indirizzata a qualcuno, cosi ben composta secondo il carattere del destinatario e della sua situazione attuale, che quel destinatario è presente nella lettera che sta per ricevere tanto quanto in quella che scriverà. Se c’è gente che, come Cécile Volanges, ignora questo principio dell’arte epistolare, nessuno meglio di M.me de Merteuil è in grado di ricordarglielo: ” … quando scrivete a qualcuno, è per lui e non per voi: dovete dunque cercare di dirgli meno quello che pensate voi, che quello che gli fa più piacere» (Lettera 105). Tradotto: si deve dire ciò che non si pensa. La lettera diviene un’arma micidiale, un proiettile che colpisce il cuore e uccide senza pietà. E così ci sono i guerrieri libertini come la Marchesa e il Visconte e gli ingenui loro vittime come il Cavaliere di Danceny, Cécile e soprattutto Madame de Tourvel che scrive “Non so né dissimulare né combattere le impressioni che provo” condannandoli alla sofferenza. Le lettere sono tutti pezzi di una scacchiera che corrisponde alle manovre militari di un’armata, un meccanismo freddo e razionale e Valmont è un generale seduttore che conquista donne come fossero fortezze apparentemente inespugnabili. Laclos è un Valmont della composizione, un tattico virtuoso, un maestro di una guerra in cui nulla è lasciato al caso… o così sembra… perché Valmont si innamora davvero della Tourvel e qui le cose si complicano. Madame De Tourvel muore di dolore perché viene abbandonata dall’amato, il Visconte pazzo di dolore e pentito di ciò che ha fatto cerca la morte in duello contro un ragazzo che potrebbe uccidere in due minuti, la Marchesa di Merteuil, vero motore demoniaco della storia, viene smascherata… e… sette anni dopo inizierà la Rivoluzione e De Laclos sarà l’ispiratote della marcia delle donne (e uomini armati) su Versailles; l’obiettivo era quello di uccidere Maria Antonietta, unica testa pensante della Corte. Il piano diabolico doveva servire a mutare dinastia e mettere sul trono di Francia il padrone di De Laclos, Filippo d’Orleans, il Duca che ostentava le sue relazioni pericolose col Terzo Stato. Salirà anche lui sul patibolo. Suo figlio, col nome di Luigi Filippo, diventerà re dei francesi per volontà della Nazione nel 1830, primo sovrano costituzionale della terra di San Luigi. Al tempo di Napoleone, De Laclos, combatterà col grado di generale e morirà in Italia, a Taranto.
Ovviamente il cinema si è occupato, con enorme successo, del romanzo. In particolare ricordiamo i film di Roger Vadim del 1959, Stephen Frears del 1988 e Milos Forman del 1989.
Personalmente amo quello di Frears con John Malcovich, Gleen Close e la bellissima Michelle Pfeiffer. Con una sceneggiatura del genere…
Alcune chicche di Valmont:
* Credetemi, mademoiselle. Se c’è una cosa che non posso sopportare… è la falsità.
* Faccio una vita casta come quella dei frati, per quello che a Parigi si dice dei frati.
* Trascende ogni mio controllo.
Ma la vera protagonista è la Marchesa di Merteuil:
* Ma è stato un disastro: come molti intellettuali, è profondamente stupido.
* Vendetta e passione. Due delle vostre favorite.
* La vanità e la felicità sono incompatibili.
* Sono nata per dominare il vostro sesso e per vendicare il mio.
* Quando feci l’ingresso in società avevo quindici anni; e io già sapevo che il ruolo a cui ero condannata, vale a dire stare zitta ed obbedire ciecamente, mi dava l’opportunità ideale di ascoltare e di osservare. Non quello che mi dicevano, che non era di nessun interesse, ma tutto quello che la gente cercava di nascondere; ed ho esercitato il “distacco”. Imparai a sembrare allegra, mentre sotto la tavola mi piantavo una forchetta nel palmo della mano e finii per diventare una “virtuosa nell’inganno”. Non era il piacere che cercavo, era la conoscenza; e consultavo i più rigidi moralisti, per la scienza dell’apparire, i filosofi, per sapere cosa pensare, e i romanzieri, per capire come cavarmela; e alla fine io ho distillato il tutto, in un principio meravigliosamente semplice: “vincere o morire”.
* Le illusioni sono ovviamente per loro natura dolci.
* Quando una donna mira al cuore di un’altra raramente lo manca, e la ferita è invariabilmente fatale.
* Io vi volevo ancor prima di conoscervi, lo esigeva la mia presunzione. Poi, quando cominciaste ad inseguirmi io vi volevo da morire.. la sola volta in cui mi son sentita dominata dal mio desiderio in un singolar tenzone.
* Io credo che sia alquanto avvilente avere un marito come rivale: è un’umiliazione se fallisci e un luogo comune se hai successo.
* Non si applaude mai un tenore per essersi schiarito la voce.
Per concludere riporto la voce pacata della saggezza degli anziani:
Sono i più meritevoli d’amore a non essere mai resi felici. (Madame de Rosemonde)
J.V.