Leopardi, Zibaldone di pensieri
Leopardi, Zibaldone di pensieri
Scritto tra il 1817 e il 1832. Prima edizione Firenze 1898-1900. Composto da 4526 facciate. Sei volumi conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Introduzione di Carducci per la prima edizione Le Monnier. Poi edizione Flora del 1937. Soltanto nel 1991, grazie a Giuseppe Pacella, prima edizione critica.
Diario interiore di altissimo livello intellettuale, filologico e teoretico. Un magazzino di idee. Il pensiero sotto forma di aforismi, diario, frammento, analisi. Esplosione di intelligenza e genio. Amore per la lingua. Costruzione di saperi, architettura filosofica, ingegneria delle passioni. Da accostare agli Essais di Montaigne. Struttura sempre aperta, non finita come alcune opere scultoree. Pensiero poetante di un filologo-filosofo. Brama del nulla, osservazione del Male, pessimismo radicale. Echi di Pascal e Spinoza, coraggio titanico, glaciale analisi del reale senza cedimento alcuno. Desideroso di vita piena come Nietzsche, amore per gli antichi e disprezzo per i moderni. Culto dell’arido vero, primitivismo classico, unità di pensiero e poesia. Zibaldone come movimento, divenire continuo, fuoco eterno, mancanza di gioventù. Infelicità totale “… che il gran dolore non ha linguaggio esterno. Io aggiungo che non ne ha neppure interno… l’uomo… allora non ha propriamente pensieri, non sa neppur bene la causa del suo dolore; egli è in una specie di letargo; se piange (e l’ho osservato in me stesso), piange come a caso, e in genere, e senza sapere dire a se stesso di che”. Morte come ultimo rifugio, valvola estrema di sicurezza in contrapposizione ad un’ardente desiderio di vita, ad una continua Illusione di giovinezza.
Zibaldone indispensabile e paradossale punto di riferimento per il pensiero moderno.
“Il tale diceva che noi venendo in questa vita, siamo come chi si corica in un letto duro e incomodo, che sentendovisi star male, non vi può star quieto, e però si rivolge cento volte da ogni parte, e proccura in vari modi di appianare, ammollire ec. il letto, cercando pur sempre e sperando di avervi a riposare e prender sonno, finché senz’aver dormito né riposato vien l’ora di alzarsi. Tale e da simil cagione è la nostra inquietudine nella vita, naturale e giusta scontentezza d’ogni stato; cure, studi ec. di mille generi per accomodarci e mitigare un poco questo letto; speranza di felicità o almen di riposo, e morte che previen l’effetto della speranza”.
J.V.