L’ultima parata

L’ultima parata

1926, Mario Seghesio è il portiere dell’Andrea Doria. Così lo ricorda Vasco Pratolini:

“Nelle mie domeniche, salto la messa, mai la partita. Ed onestamente parlando, oggi come oggi, non so cosa possa accadere di più importante nel resto del mondo, in quelle ore della domenica, di quanto non accade negli Stadi, e che meriti di essere veduto e vissuto… Era un ragazzo esile, bruno, il campo di Marassi gli apparteneva, dovevano convocarlo per la nazionale. Ed ecco, un giorno, che il mezzodestro avversario è solo in area, scende libero verso la rete. Seghesio abbandona i pali, ha una scelta di tempo, un’audacia sue proprie, eccezionali. Una frazione di secondo, quanto basta tuttavia perché l’attaccante tenti di precederlo: la cannonata parte che Seghesio è già lanciato. Sempre dentro una frazione di secondo tutto questo. Ora Seghesio si rimette in piedi inarcandosi sulle reni, un macigno viene ad urtargli contra il petto e lui riesce a trattenerlo, poi cade, in ginocchio, la testa reclina, il pallone tra le braccia, stretto. Vedetelo, è sul campo di Marassi, tra la prigione e il mare, una domenica di primavera, sul finire di una partita che la sua prodezza conclude nella vittoria… Il grido della folla, i compagni che gli corrono incontro, lo rialzano, lo baciano, e lui mantiene il pallone sotto il braccio, nascostamente lo pulisce del sangue appena vomitato. Lo portano in trionfo, e lui sorride: sarà la sua ultima partita da giocatore”.

Il pallone di un secolo fa è pesante, una camera d’aria ricoperta da dodici strisce di cuoio cucite tra loro. Quando piove diviene un pericoloso proiettile.

L’Andrea Doria è una delle tre squadre liguri iscritte al massimo campionato 1925/26: le altre sono il Genoa e la Sampierdarenese. Il ventiduenne Mario Seghesio è un bravo portiere. Il suo idolo è Franz Calì, capitano della Nazionale italiana nella partita d’esordio contro la Francia nel 1910.

I compagni lo chiamano Gheghe e gli vogliono bene per il buon carattere e il coraggio in campo e nella vita. Il 21 marzo 1926 l’Andrea Doria gioca contro il Pisa alla Cajenna, nel quartiere di Marassi. A pochi minuti dalla fine il giovane portiere si lancia contro l’attaccante avversario. Parte un tiro fortissimo, il pallone è un macigno, Seghesio lo ferma con le mani e col petto. Tutti esultano… sarà una tragedia. Il portiere pulisce con la maglia il pallone sporco di sangue e lo rilancia. Il sangue gli esce dalla bocca, i polmoni sono compromessi. È stata l’ultima parata del giovane portiere.

L’11 aprile i calciatori dell’Andrea Doria scendono in campo contro il Torino con il lutto al braccio. Qualche ora prima avevano partecipato ai funerali dello sfortunato portiere.

J.V.

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