Bloch Marc
Bloch Marc
“Non ho chiesto che sulla mia tomba fossero recitate le preghiere ebraiche, anche se le loro cadenze hanno accompagnato all’ultimo riposo tanti dei miei antenati e anche mio padre. Non l’ho chiesto, ma mi sarebbe ancora più odioso che qualcuno potesse vedere in questo mio sforzo di sincerità un rinnegamento. Affermo dunque, davanti alla morte, che sono nato ebreo e che non ho mai pensato di negarlo. Non voglio preghiere, perché anche in questo caso non voglio mentire: non ci credo. Vorrei che sulla mia pietra tombale fossero incise queste semplici parole: «dilexit veritatem»”.
Probabilmente l’uomo che ha inciso in misura maggiore sui miei studi. Grazie ai suoi scritti ho imparato le cose buone della vita.
Piccolo di statura, assai elegante, porta i baffi, gran fumatore. Innamorato della moglie, affettuoso con i figli. Severo e portato a scatti d’ira. Di se stesso dice che ha un cattivo carattere. In realtà è esigente, intransigente con gli studenti svogliati. Ama la buona cucina, il cinema, il teatro. Ha molti amici. È un solidissimo borghese, paterno e severo. I figli lo adorano così come gli studenti.
Nasce a Lione da famiglia ebraica di origine alsaziana. Figlio dello storico Gustave Bloch. Tutti gli storici del Novecento gli sono debitori. Opere come I re taumaturghi e La società feudale sono capolavori assoluti. Lavora molto, partendo dall’uso della menzogna nel caso Dreyfus, sulla falsa notizia, sul processo di falsificazione delle notizie orali creatosi tra i soldati grazie all’azione della censura. Comprende già in quegli anni quanto sia potente l’informazione e ne diffiderà per tutta la vita. I giornali gli appaiono come una fabbrica di false notizie. Definisce i giornalisti in genere fomentatori di menzogne. Combatte tutta la vita contro le fausses nouvelles (notizie erronee, dicerie). Invita i suoi studenti a studiare e scrivere Storia con spirito critico. Il contrario del giornalismo. Ariosto scriveva “Questo creduto fu, che il miser suole dar facile credenza a quel che vuole“. Bloch sapeva benissimo che la cattiva stampa può distruggerti e che i giornalisti sono in genere buccinatori, propalatori di fausses nouvelles. “Le notizie false della storia nascono certamente spesso da osservazioni individuali inesatte o da testimonianze imperfette, ma questo infortunio iniziale non è tutto e in realtà in se stesso non spiega nulla. L’errore si propaga, si amplifica e vive solo a una condizione: trovare nella società in cui si diffonde un brodo di cultura favorevole. In quell’errore, gli uomini esprimono inconsciamente i propri pregiudizi, odi e timori, cioè tutte le loro forti emozioni. Soltanto […] dei grandi stati d’animo collettivi hanno poi la capacità di trasformare una cattiva percezione in una leggenda.”
Nel 1908 Bloch ottiene l’agrégation in Storia e Geografia all’Ecole Normale Supérieur. Poi si perfeziona a Berlino e a Lipsia, dal 1909 al 1912 è borsista presso la Fondazione Thiers a Parigi e nel 1912 inizia ad insegnare nei licei di Montpellier e di Amiens. È consapevole di appartenere ad un’élite intellettuale, grazie agli studi fatti con i grandi storici Charles Seignobos e Charles-Victor Langlois. Dimostra, malgrado la giovane età, grande saggezza tenendosi fuori dalle sterili polemiche universitarie e soprattutto dalla battaglia tra positivisti e fautori delle scienze sociali. Bloch ha una chiara visione di cosa sia la Storia: non è una semplice erudizione come pretendevano i positivisti tedeschi e neppure sociologia come avrebbe voluto Durkheim. La Storia è forza unificatrice della conoscenza umana; a differenza della fisica è un processo di descrizione e narrazione, si occupa di linguaggio e di oggetti materiali umani. Lo storico è un giudice istruttore che non esprime giudizi morali ma ricostruisce i fatti attraverso un’inchiesta rigorosa. Deve poi trovare una sintesi. Bloch è un razionalista consapevole della forza dell’irrazionale. Per lui la Storia è un problema politico, costruzione di un’identità. Non gli interessano le piatte formulazioni teoriche delle scienze sociali. La sua è una storia incentrata sull’uomo. Si appoggia alle scienze ausiliarie ma non nutre un ideale panscientifico, riconosce il tecnicismo erudito ma sa che non basta. Lo storico deve comportarsi come l’orco delle fiabe, annusare l’odore di carne umana, deve cogliere la permanenza e il divenire. Era un professore severo ed esigente, contrario a tutte le dottrine, da quelle razziali a quelle ambientaliste. Per lui lo storico non è teologo né moralista, non è suo compito condannare o assolvere. Ha un solo compito: comprendere. Bloch è un maestro nato, gentile, brillante, colto e attento ai propri studenti. La Storia raccontata da lui esercita un fascino sull’immaginazione e sull’intelligenza. Pur essendo uno studioso rigorosissimo sa che la Storia sprigiona anche poesia, affascina con sottile incanto, offre un senso alla vicenda umana e ne assicura la comprensione.
Partecipa alla prima guerra mondiale e anche alla seconda, o se vogliamo alla guerra dei trent’anni del Novecento. Infine entra a far parte della Resistenza francese.
Non ama gli intellettuali che parlano e poi si ritirano in uno splendido isolamento nei momenti critici della Storia. Dopo l’assassinio del leader socialista Jean Jaurès, il suo punto di riferimento, pensa che il suo compito sia difendere il suo paese dal nemico esterno e dai nemici interni rappresentati dalle forze reazionarie e oscurantiste. Il suo senso del dovere, dell’onore e della disciplina gli consentono di accettare la durezza e le privazioni del servizio militare. Non è entusiasta di andare in guerra ma affronta con determinazione quello che considera il compito di un buon francese e lui, da ebreo assimilato, ama la Francia più degli stessi francesi. Il 4 agosto 1914 lascia Parigi per Amiens e viene a contatto con la dura vita del fante. 272esimo Reggimento della riserva. Alla fine di agosto i tedeschi prendono Bruxelles. Il giovane storico si abitua alle marce forzate, alle privazioni, alla paura, alla pioggia e alla morte. Il 10 settembre viene ferito ad un braccio. L’11 è felice di essere ancora vivo. Fallito il piano di sfondamento tedesco, il fronte si stabilizza su una linea di 790 km che va dal Mare del Nord alla Svizzera. Tra l’11 ottobre del ’14 e il 5 gennaio del ’15, quando viene sfollato per malattia, Bloch vive in trincea, in mezzo al fango e alle privazioni. Si distingue per coraggio e fermezza. Il 3 novembre viene promosso aiutante, ha diritto ad un angolo relativamente tranquillo che gli serve per scrivere e pensare, sia pur accanto alla morte. Alcuni amici gli muoiono tra le braccia. Agli inizi di gennaio viene colpito dalla febbre tifoidea, il flagello degli eserciti. Viene ricoverato all’ospedale di Troyes, rischia di morire. Passa quattro mesi a letto a Royan, nei pressi di Bordeaux, poi lentamente guarisce e scrive le sue impressioni sulla guerra. È severo nel giudizio sul comportamento degli alti comandi mentre apprezza il coraggio e il senso di disciplina di molti soldati-contadini strappati alle loro famiglie è gettati in quell’orribile carnaio. Il 7 giugno del ’15 ritorna al fronte. A metà luglio il principe ereditario tedesco sferra un violento attacco nelle Argonne. Bloch per la prima volta incontra i gas asfissianti. Riceve anche la sua prima decorazione per la decisione nel comando e per il coraggio dimostrato. Nell’aprile del ’16 viene promosso sottotenente e riceve la seconda menzione perché è sempre pronto a marciare e dare l’esempio… dotato di illimitata autorità presso i suoi uomini. Un uomo che coniuga pensiero e azione. Dal 14 dicembre 1916 alla fine di marzo del ’17 il suo reggimento combatte in Tunisia. Ne approfitta per scrivere. Si sente un po’ “imboscato” perché qui i suoi compiti sono molto più semplici. Il suo reggimento è incaricato di mantenere l’ordine e garantire il reclutamento della popolazione locale. Niente di paragonabile alla tremenda campagna della Somme. Intanto la direzione della guerra viene assunta dal maresciallo Nivelle prima – al posto di Joffre – e poi da Pétain, sostenitore di una tattica difensiva. Bloch ottiene la sua terza decorazione. Clemenceau diventa prima ministro e dichiara guerra integrale al nemico restituendo fiducia al paese e ai soldati. La Germania approfitta del crollo della Russia per spostare tutto il peso del proprio esercito sul fronte occidentale. Tra marzo e luglio del ’18 Ludendorff sferra cinque attacchi usando gas e cannoni di lunga gittata. Parigi viene bombardata. In aprile Ferdinand Foch prende il posto di Pétain e abbandona la tattica difensiva. Bloch inizia a capire che le conseguenze della guerra saranno enormi: nulla sarà più come prima. Combatte in micidiali battaglie presso Villers-Cotterêts vicino la foresta di Retz. In occasione del suo trentaduesimo compleanno, il 6 luglio del ’18 riceve la quarta decorazione. Il 18 agosto viene promosso capitano. L’11 novembre arriva finalmente l’armistizio di Rhetondes. La Francia è vittoriosa. Bloch torna a Parigi e riabbraccia la famiglia. Gli viene assegnata la Legion d’onore. A luglio sposa Simonne Vidal che gli darà sei figli: Alice, Etienne, Louis, Daniel, Jean-Paul e Suzanne. Nel 1922 muore suo fratello Louis e Marc si assume anche la responsabilità di cognata e nipoti. Le avversità purtroppo continuano perché l’anno dopo muore, come sappiamo, anche il padre. La vedova Sarah va a vivere con la numerosa famiglia di Marc. Intanto lavora al rivoluzionario Les Rois Thaumaturges che viene pubblicato nel 1924. Mentre intellettuali di destra e di sinistra parlano molto e polemizzano, Bloch lavora, non si sente engagé, è sinceramente democratico nei fatti e ha combattuto valorosamente per il suo
paese. È contrario alla pace punitiva nei confronti della Germania perché da storico finissimo comprende che il problema di riparazioni esagerate non favorisce il ritorno ad una pace duratura. Insegna a Strasburgo ed è benevolmente influenzato dal grande storico belga Henri Pirenne che lo spinge ad insistere su una nuova visione della storia. A Strasburgo lavora con molti autorevoli colleghi ma stringe un sodalizio particolare con Lucien Febvre. Tra i suoi colleghi c’è anche Georges Lefebvre, lo studioso principe della rivoluzione francese. Ormai Bloch è stimato a livello internazionale come un medievista di grande valore e nel 1929 a Strasburgo con Lucien Febvre fonda le Annales. L’amicizia e il sodalizio con Febvre, iniziato nel ’20, durerà per tutta la vita, sino alla morte di Bloch. Ci saranno, come vedremo, anche momenti di forte tensione dovuti alla guerra e alle sofferenze dei tempi. Febvre ha otto anni più di Bloch, meno innovatore ed eclettico, più legato a temi del Cinquecento. Bloch è più erudito, ma al di là delle differenze e delle somiglianze si influenzano a vicenda. Due solidi borghesi legati alle tradizioni. La grande stagione delle Annales va dal 1929 al 1938 e coincide con i terribili anni Trenta. Lo sforzo dei due direttori li costringe a ritardare la preparazione delle due grandi opere a cui si dedicano, La società feudale di Bloch e Il problema dell’incredulità Febvre. Il primo uscirà nel 1940, il secondo due anni dopo. Collaborano
Georges Lefebvre (La rivoluzione francese), Roberto Sabatino Lopez (origini del capitalismo), Robert Bosnier (storico del diritto), Henri Pirenne il più famoso, Fritz Rörig l’unico autore tedesco, Earl J. Hamilton, americano (economia), Henri Hauser (il ruolo delle banche nell’età moderna) e André-Emile Sayons (economia). Poi nel corso degli anni molti altri, da Maurice Baumont a Georges Méquet, da Franz Borkenau a Lucie Varga. Tra i nomi celebri e conosciuti André Piganiol e lo storico della letteratura e delle idee Paul Hazard. Il segretario della rivista è l’infaticabile Paul Lenilliot, ex studente dei due direttori. Un decennio leggendario. Nel 1936 viene nominato professore di Storia ed Economia alla Sorbona. Qualche anno prima Febvre era entrato nel Sancta Sanctorum della cultura francese: il Collège de France, anche grazie al ritiro della candidatura di Bloch che non voleva ostacolare l’amico più anziano. Bloch appena giunto a Parigi grazie alla nomina firmata dal ministro dell’Educazione Nazionale Jean Zay, avverte subito che il clima politico è terribile; la Francia è spaccata tra opposti radicalismi. Non c’è spazio per le persone razionali e di buon senso. Leon Blum si dimette il 22 giugno ’37 ma il governo socialista si trascina sino all’aprile del 1938 a causa dei propri errori e dell’odio degli oppositori. Nazionalismi e fascismi avanzano in tutta Europa. La Francia è isolata. Il Belgio torna alla sua pelosa neutralità, la piccola Intesa non funziona più a causa dei continui cedimenti inglesi di fronte alle richieste di Hitler. Bloch avverte il pericolo. Nel marzo del ’38 Hitler si prende anche l’Austria e molti francesi dicono “meglio Hitler che Blum”. La guerra viene evitata dopo la conferenza di Monaco del 30 settembre 1938 ma il prezzo pagato a Hitler è altissimo. Bloch viene richiamato per partecipare ad un corso di addestramento come ufficiale a Strasburgo. Non si preoccupa di produrre la documentazione per passare di grado. Resta, malgrado i suoi meriti di guerra, soltanto capitano della riserva. Di fronte al crescente antisemitismo risponde con coraggio e determinazione. In un quarto di secolo il suo mondo era drasticamente cambiato. Nel ’39 la situazione precipita.
Franco è dittatore in Spagna dal febbraio, nel marzo viene smembrata la Cecoslovacchia. Il 23 agosto viene firmato l’incredibile patto Molotov- Ribbentropp. Il giorno dopo Bloch viene richiamato alle armi. È pronto alla guerra per la sua amata Francia ma il suo cuore è colmo di angoscia e la sua mente prevede una disfatta. La guerra inizia con l’invasione della Polonia mentre molti francesi sostengono che “non vale la pena morire per Danzica”. Il 28 settembre la Polonia si arrende. Bloch si trova in Piccardia come ufficiale di collegamento con gli inglesi. Un’esistenza monotona da burocrate militare. Per otto lunghi mesi non accade nulla di rilevante sul fronte occidentale, una Sitzkrieg. Bloch, triste per la separazione dalla famiglia, irritato per l’inattività, convinto del decadimento morale della Francia, si chiede perché i vertici militari non sentano il pericolo imminente. Il 12 marzo del 1940 la Finlandia si arrende al dittatore Stalin e per Francia e Inghilterra è un’altra sconfitta morale. Primo ministro francese al posto di Daladier diviene Paul Reynaud. In Inghilterra Churchill sostituisce il timido Chamberlain.
Con la sua finezza psicologica e la sensibilità dello storico avverte il crollo interno del suo paese. Non è più la Francia del 1914. Secondo lui la Francia è più in pericolo dall’interno che dall’esterno. Comunque la guerra finta, la drôle de guerre, è finita. Era stato il giornalista Roland Dorgéles a coniare questo termine. Al mattino presto del 10 maggio 1940 Guderian sfonda le linee mentre la Luftwaffe bombarda Olanda, Belgio e Francia. La guerra vera è iniziata. Tre giorni dopo Rommel attraversa la Mosa. È scattato il piano di Von Manstein. Questa volta non ci sarà il miracolo della Marna a fermare i tedeschi. Bloch confronta la velocità dei generali tedeschi con la lentezza di quelli francesi. Il 19 maggio il settantatreenne generale Maxime Weygand prende il posto di Gamelin: dalla sconfitta alla catastrofe. Eppure Bloch sa che alla fine i tedeschi verranno sconfitti. Il 9 giugno scrive alla madre “Dobbiamo tenere duro e se lo facciamo, anche con qualche sconfitta, certamente riusciremo a prevalere… In ogni caso, alla fine di tutto ci saranno molti conti da sistemare”. Il 10 giugno il Governo fugge da Parigi. Il 14 giugno le truppe tedesche marciano sui Campi Elisi a Parigi. Il 17 giugno Pétain, che ha sostituito Reynaud come primo ministro, chiede un armistizio vergognoso e senza condizioni. Viene firmato il 22 giugno nella foresta di Rethondes sullo stesso vagone ferroviario sul quale il Reich aveva firmato la resa l’11 novembre del 1918.
Bloch ci offre un quadro completo di questa disfatta prima morale che militare nel manoscritto L’étrange défaite, con parole di dolore e rabbia, di critica verso i generali e di biasimo per la Madre-Francia. È un figlio che parla. Un figlio deluso ma che vuole continuare a combattere. Il suo mestiere di storico, vissuto con passione e coraggio, lo aiuta. Cerca le ragioni della mancata mobilitazione contro la minaccia nazista. La disfatta francese è per lui il risultato di una falsa percezione: l’incapacità di capire il flusso della Storia. Per lui si tratta di scegliere. Per lui e per tutti i francesi: da un lato Hitler, dall’altro la civiltà. Pensa di andare negli Stati Uniti dove lo aspetta una cattedra universitaria. Per lui e la sua famiglia vivere in Francia è ora assai pericoloso. Per gli ebrei non c’è più posto se non sui vagoni piombati che portano ad Auschwitz. È vero che malgrado lo Statut des Juifs lui gode ancora della possibilità di insegnare a Clermont-Ferrand dove è stata trasferita l’Universita di Strasburgo ma Bloch sa che la situazione peggiorerà continuamente. Il trasferimento negli Stati Uniti non va in porto perché Bloch non vuole lasciare in Francia alcun membro della sua numerosa famiglia. Accetta così il suo destino. Redige testamento. Nel ’41 muore sua madre; il suo nome, a causa delle leggi razziali, viene tolto dal frontespizio delle Annales. Tra il ’41 e il ’42 insegna a Montpellier e lavora ad Apologie pour l’histoire, una difesa appassionata della Storia in un momento cupo e terribile per la civiltà. Come Bloch aveva previsto la situazione precipita. Nel ’42 i tedeschi entrano anche nella zona non occupata. A marzo del ’43 Bloch decide di entrare nella Resistenza a Lione in Franc-Tireur. Ebrei, comunisti e gollisti vengono deportati. I nipoti degli antidreyfusard ottengono la loro sporca rivincita. Il velo di Vichy è caduto e il volto mostruoso del Nazismo si manifesta nella sua stolta e cieca brutalità. Eppure Bloch è certo della vittoria contro i nazisti. Il Terzo Reich sarà sconfitto. Il problema è quale sarà il prezzo da pagare. E sarà un prezzo altissimo. La bestia ferita a morte dopo Stalingrado diviene ancora – se è possibile – più feroce. Intanto nel novembre ’42 arriva a Lione il nuovo comandante della Gestapo. È l’Obersturmführer Klaus Barbie. Bloch sta già meditando il passaggio nella Resistenza per poter continuare a servire la Francia nella quale lui crede, la Patria. Non è facile entrare – per ovvii motivi – nella Resistenza. Occorre superare diffidenze e sospetti. Passa qualche mese. Dalla fine di marzo ’43, Bloch viene incaricato di svolgere compiti semplici. È in osservazione. Ma in pochi mesi tutti si accorgono delle sue capacità, della sua profonda intelligenza, della sua esperienza militare. Nel luglio ’43 termina il periodo di prova e Bloch prende il nome di Narbonne, portando ordine e disciplina, autorevolezza e rigore tra le fila dei suoi compagni. Possiede l’austerità di un clandestino, la capacità di comando, è stimato da tutti. Bloch lavora alacremente e pensa al futuro. Scrive “La Francia del rinnovamento sarà una Francia energica e dura, una Francia che saprà ripudiare ogni solidarietà con coloro che l’hanno venduta, schernita, assassinata; una Francia implacabile con i crimini del passato, che non avrà timore di continuare ad applicare nel presente il rigore di leggi eque”. Bloch però non si fa illusioni sul presente. Accetta con stoicismo il suo destino. Sa di aver corso troppi rischi e sente che il suo arresto è imminente. È preoccupato per la sorte del figlio Daniel entrato nei maquis. I grandi arresti iniziano il 7 marzo del 1944. Bloch viene arrestato il giorno dopo e portato al comando militare della Gestapo. Interrogato e torturato, viene trasferito alla prigione di Monluc. Ancora torturato, riesce a restare calmo e si comporta con grande dignità. Malgrado sia molto malato trascorre un mese in cella e racconta la storia francese ad un giovane résistant. I nazisti sanno che da lì a poco gli alleati invaderanno la Francia e così intensificano le condanne a morte. Dal 21 aprile al primo settembre vengono uccisi 713 prigionieri. Dieci giorni dopo lo sbarco in Normandia, 28 prigionieri vengono tradotti fuori Lione, in località La Roussille. Tra loro c’è il capitano Marc Bloch. Vengono fucilati quattro a quattro. Molti gridano “Vive la France”. Meno di un mese dopo la morte di Marc Bloch, muore anche la moglie Simone, provata dalla sofferenza e aggredita da un tumore allo stomaco. La morte di Bloch viene confermata nel novembre quando la figlia Alice e la cognata Hélene Weil identificano i suoi effetti personali. La Francia piange uno dei suoi figli migliori. Nel 1949 Febvre pubblica Apologia per la Storia. Vengono ripubblicate tutte le opere di Bloch. Intanto la Francia della IV Repubblica, nata da un compromesso, cede in Indocina nel 1954 e finisce la propria breve esperienza sulla questione algerina nel 1958. De Gaulle torna al potere e nel 1962 chiude la crisi algerina. Due anni prima era morto Lucien Febvre.
“Certamente, anche se la storia dovesse esser giudicata incapace di servire ad altro, resterebbe pur sempre a suo favore il fatto che procura uno svago.”(Marc Bloch)
J.V.