NATURALISMO E VERISMO

NATURALISMO E VERISMO

Nella seconda metà dell’Ottocento la cultura europea di stampo romantico si avvia verso l’ultima fase di coincidenza tra finito ed infinito: il positivismo, anch’esso prettamente romantico. Il genere letterario romanzo, espressione esemplare di quella stagione, è sinonimo di modernità, di scavo e di indagine sociale. Si nutre la fallace fiducia nel progresso tecnico-scientifico. La ricerca della realtà oggettiva assume aspetti esasperanti e lo scrittore diviene una voce narrante esterna, oggettiva e neutrale. Ovviamente è un’operazione destinata a fallire come ben testimoniato in “Coscienza e società” un bellissimo libro di Stuart Hughes del 1967, tradotto in italiano dal mai troppo rimpianto Claudio Costantini. La rivolta antipositivista metterà fine, almeno a livello di alta cultura, ad alcune illusioni tecnologico-scientiste. In questa sede ci occupiamo esclusivamente delle differenze tra naturalismo francese e verismo italiano tralasciando quindi il dibattito filosofico più elevato che porterebbe inevitabilmente verso Nietzsche e Heidegger. Limitiamoci ad una semplice comparazione letteraria tra Zola e Verga.

Le analogie tra Naturalismo e Verismo esistono ma vengono superate dalle differenze perché nel primo lo scrittore è la voce narrante che tenta di restare distaccata mentre nel secondo lo scrittore è completamente nascosto… o vorrebbe esserlo. Inoltre l’ambiente dei naturalisti francesi è urbano, borghese/proletario, mentre i veristi si occupano del mondo arcaico-rurale fortemente arretrato del mezzogiorno italiano. Infine, e cosa più importante, il Naturalismo nutre cieca fiducia verso la scienza mentre per i veristi la scienza rappresenta un ostacolo per l’emancipazione dei ceti contadini perché chi cerca di progredire rimane schiacciato dal progresso stesso. Quella dei veristi è una visione pessimistica, nostalgica e profondamente… vera. Sarà sufficiente paragonare Zola a Verga. Il primo, famoso più per il caso Dreyfuss che per la sua attività di romanziere, inizia a scrivere dopo l’incontro con Paul Cézanne al Collège Bourbon e la scoperta dei grandi scrittori romantici francesi, da Victor Hugo ad Alexandre Dumas. Per lui la narrazione è scientifica, oggettiva (o presunta tale) perché è la stessa natura umana a richiedere questo tipo di narrazione. Tutto si gioca nel rapporto di causa ed effetto. La sua scrittura vuole fotografare la realtà illudendosi che esista una possibilità di emancipazione e progresso verso una possibile verità. L’esperienza verista italiana si allontana dai naturalisti francesi. Ne sono esempi I Viceré di De Roberto o il progetto del ciclo dei Vinti di Verga. Si è soliti far iniziare il Verismo nel 1874, anno di pubblicazione della novella Nedda, ambientata nel mondo rurale siciliano e quindi testimonianza della gravissima questione meridionale. Pessimismo, sfiducia e consapevolezza della tragicità del reale sono il sale del Verismo. Non esiste speranza alcuna. Non esiste di fatto e non può esserci alcun progresso, l’essere umano è un legno storto e non si può raddrizzare, l’arretratezza diviene quasi rifugio nostalgico nella consapevolezza che tutto verrà travolto: vincitori e vinti. Nella società moderna gli interessi economici sono il destino a cui nessuno può sfuggire. Il proprietario terriero Verga è lucido e consapevole nella descrizione dell’impossibilità di scalata sociale: la marea ti riporta indietro, Sisifo cade schiacciato dai massi. Nessuna euforia borghese compare in lui. Simpatizza per la povera famiglia Toscano (Malavoglia) ma non le lascia scampo. Verranno travolti tutti, loro e anche Mastro Don Gesualdo. La lotta per la vita è destinata al fallimento. Soltanto un siciliano aristocratico, colto e intelligente come Verga poteva permettersi il lusso di dire la verità sulla natura del mondo moderno.

A quanti sostengono che quella descritta da Verga è soltanto la Sicilia mi permetto di rispondere sommessamente da siciliano trapiantato al nord, nipote di minatori e molto meno colto di Verga che la Sicilia è una metafora dell’esistenza umana come capiranno tutti i grandi intellettuali siciliani di cultura europea come Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Sciascia e Bufalino.

J.V.

Rispondi