Nostalgia. Piazza Martinez
Nostalgia. Piazza Martinez
Piazza Martinez per me è anche, e soprattutto, Nostalgia (νόστος, ritorno, e άλγος, dolore; “dolore del ritorno”). Tristezza e rimpianto per la lontananza da persone o luoghi cari. Volontà di rivivere alcuni momenti felici o ritenuti tali. Felicità e tristezza mescolati, appagamento per ciò che si è vissuto e accettazione che si tratta di un tempo trascorso, un tempo che non tornerà. È una risorsa esistenziale. L’intera Odissea è un’operazione nostalgica, fondata sulla partenza, il viaggio, la memoria, il racconto, il ritorno. Il passato offre senso al presente. Rinforza l’autostima e ci avvicina agli altri. Ci allontana dall’inevitabilità della morte e ci spinge alla condivisione solidale. Ci protegge dalle intemperie della vita e dalla mancanza di senso. Emozioni vicine alla tristezza in realtà si trasformano in fonte di maggior benessere. Una risorsa psicologica da coltivare serenamente per combattere il pessimismo cosmico.
“C’è qualcosa di lontano in me, in questo momento. Sto sulla terrazza della mia vita ma non si tratta esattamente di questa vita. Mi trovo sopra la vita e dal mio punto di osservazione la osservo. Essa si estende sotto il mio sguardo, in terrazzi e declivi, come un paesaggio diverso, fino al fumo delle case bianche dei borghi della vallata. Chiudendo gli occhi continuo a vedere, proprio perché non guardo. Se li apro non vedo più niente, perché non vedevo. Mi sento tutto una nostalgia vaga, non del passato o del futuro, ma una nostalgia del presente, anonima, prolissa e incompresa.”
(Ferdinando Pessoa, 1986).
La nostalgia è la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare in un luogo della memoria, dove tornano le persone reali, non fisiche e corporee, ma reali in quanto da noi pensate. Non esiste altra realtà che non sia quella del pensiero. Come dice il poeta Giorgio Caproni
“Tutti riceviamo un dono.
Poi, non ricordiamo più
né da chi, né che sia.
Soltanto ne conserviamo
– pungente e senza condono –
la spina della nostalgia.
Certo invecchiando è sempre più facile annegare nella nostalgia perché ogni nostalgia è una specie di vecchiaia. Scrive Schopenhauer che a volte crediamo di sentire la nostalgia di un luogo lontano, mentre in verità abbiamo nostalgia del tempo che laggiù abbiamo trascorso, quando eravamo più giovani e più freschi. In tal caso il tempo ci inganna, prendendo la maschera dello spazio. È proprio così e ci rendiamo conto che le cose non erano insopportabili come sembravano allora. È la nostalgia a nutrire la nostra anima, non l’appagamento; il senso della nostra vita è il cammino, non la meta. Ogni risposta è fallace, ogni appagamento scivola via e la meta non è più tale appena è stata raggiunta. Credo di aver studiato filosofia perché essa è davvero nostalgia, il desiderio di essere a casa.
Forse viviamo Piazza Martinez come un tentativo di non appiattirci sul presente, vogliamo rivivere il passato, magari deformandolo a nostro piacimento, ricordando ciò che vogliamo e omettendo altro. Che importa? E allora rivediamo il pateccaro, i baffi che arrivano dopra le moto come sceriffi americani, le partite tirate per realizzare impossibili gol sotto la panchina, la piazza piena di neve, le spedizioni domenicali al cinema Ideal dove non era importante vedere il film ma dire a chi entrava dopo di noi il finale, con tanto più gusto se di trattava di un giallo. E allora rivedo Filippo Vinci che mangia il cervello al malcapitato di turno, Rocky “triste” seduto sulla panchina, Maurizio Scianni che corre, Antonio Vitiello che gioca in piazza come se stesse giocando a San Siro, con la stessa concentrazione. Rivedo Marsano e “a cuppa”, Andrea Vitiello che stronca tutti nella corsa, Bobo che fuma come se fosse sempre l’ultima sigaretta, Ermanno che stringe i pugni, Pitta che insegue Fossa, Mimmo che giganteggia sulla Sampdoria, Maurizio Capitani e Busacca al bar Lux, Tosi all’ammuffita, Alberto Proietti elegante nel tocco di palla, Angelino che ogni volta che apre la bocca prende un pattone da suo cognato. Rivedo le ragazze piene di speranza e voglia di amare l’amore, ricche di sogni e capaci di una forza che noi uomini non possediamo. Rivedo un bambino solo che trova riparo nei libri e… nella Piazza, dove, come scrive Sommariva, trovi sempre qualcuno… la famiglia, quella vera che non nasce tanto dal sangue quanto dalla volontà di condividere il dolore con altri come te. Alcuni si atteggiano a duri, altri recitano la parte del cattivo. In realtà tutti abbiamo fisso il pensiero della morte e quel pensiero lo allontani soltanto con la nostalgia e con l’amore.
Piazza Martinez non è un luogo fisico, ma mentale. Come dice il filosofo Esse est percipi, l’essere è ciò che percepisci.
“Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra
mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi
quando si dorme si perdono le mani e i piedi
io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno
durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o desiderio
del fresco nell’afa o del caldo nel gelo
era qualcosa che non può giungere a sazietà
non era gioia o tristezza non era legata
alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
era in me e fuori di me.
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.”
(Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me, Nazim Hikmet)
J.V.