Qualche riflessione sulla Superlega

Qualche riflessione sulla Superlega 


Soltanto qualche pseudo intellettuale ignorante-snob con punte di forte imbecillità può ancora non considerare importante il calcio o lo sport in genere. Sia sufficiente riflettere sulle relazioni profonde tra politica e sport e sugli interessi economici enormi che a livello globale vengono messi in gioco. La querelle Superlega è soltanto agli inizi della sua storia e se qualche anima bella crede di poter tornare a “com’era verde la mia valle” sappia che ciò non è possibile. Vediamo invece di ragionare su cosa sta accadendo da anni e sui diversi sistemi di economia capitalista nordamericano ed europeo ricordando ciò che sostiene Hannah Arendt “La società di massa non vuole cultura, ma intrattenimento.”

Lo sport americano, assai competitivo già a livello giovanile, è perfettamente inserito nel grande gioco capitalistico e i professionisti di ogni sport devono rispettare ferree regole atte a far funzionare il sistema. Negli USA lo spettacolo costa, dal cinema al basket o all’kockey. Al contrario il calcio europeo e quello sudamericano nascono e crescono in una zona neutra dell’economia con riconoscimento (col tempo) di lauti guadagni per i suoi attori principali ma fuori dalla logica di sfruttamento commerciale dello spettacolo. E qui sta il primo paradosso perché il tifoso europeo in particolare è il consumatore ideale e alimenta il circuito affaristico che dice di detestare. È così dal 1992, anno dell’importazione in Premier League del modello americano. Il ruolo attuale di JP Morgan deve far riflettere come deve far riflettere la mobilità liquida della Fiat. Andrea Agnelli, al di là di facili battute da bar, vuole proporre la Juventus in ogni parte del pianeta e massimizzare i guadagni. Gli strepiti dell’Uefa sono legati all’appartenenza a burocrazie che mal tollerano gli venga tolto il giocattolo. Qui sta lo scontro tra i capi di governo europei, da Johnson a Draghi, e il progetto Superlega. Scontro tra imprenditori privati e interessi nazionali. La torta è enorme, mondiale e riguarda il monopolio degli eventi sportivi. La rivolta popolare per il momento aiuta i singoli governi ma la partita è appena iniziata e il sistema crollerà. I club indebitati cercano una via d’uscita e Florentino Perez per ora batte in ritirata lasciando il cerino in mano al disgraziato Andrea Agnelli che paga dazio per tutti facendo la figura del pirla. Agnelli a parte la realtà è che il Manchester City può contare su 400 milioni di euro e le altre grandi si sono dissanguate per tenere il passo dello sceicco Mansur. Milan e Inter sono in mani straniere e la Juve non vuole più giocare contro le medie e piccole squadre. I top club sognano la Nba americana prendendosi gli insulti di UEFA e Fifa, come dire che il bue dice cornuto all’asino. Quelli che hanno voluto la Champions allargata e i mondiali in Qatar… Ceferin e Infantino… roba da ridere… se non fosse tragica. Gli eredi di Blatter e Platini difendono “il meraviglioso giuoco” aiutati per ora dal fuoco di sbarramento dei tifosi e delle istituzioni politiche di ogni nazione. In Italia l’ultimo scudetto “romantico” lo vinse la Sampdoria nel lontano 1991.

Concludo: Perez e Agnelli ma come loro Infantino e Ceferin di noi romantici non sanno proprio cosa farsene, con buona pace di chi, come il sottoscritto, considera il calcio e lo sport in genere, l’ultimo sogno.Una piccola previsione e una timida speranza: e se nelle sabbie del Qatar il meraviglioso giuoco iniziato in Inghilterra e divenuto adulto nel 1930 si schiantasse all’improvviso? 


E ora a voi la palla. Astenersi perdigiorno…
J.V. 

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