ROBESPIERRE
ROBESPIERRE
“Oh Libertà, quanti crimini vengono commessi in tuo nome?” (Madame Roland, mentre viene condotta alla sua esecuzione, 1793)
Un filo rosso di sangue lega il grande bugiardo Rousseau al freddo assassino Robespierre. Lo stesso avvocato di Arras sa bene che prima o poi finirà vittima di quella ghigliottina che lui ha usato senza pietà contro migliaia di esseri umani. “Conosco la sorte che mi è riservata” afferma nel 1791. Quando muore il folle Marat scrive “Gli onori del pugnale sono riservati anche a me… la mia caduta si avvicina a grandi passi… un trapasso prematuro” è il prezzo che deve pagare L’”uomo virtuoso”. Così scrive nella sua celeberrima dedica al ginevrino. Ecco, in queste parole troviamo l’essenza di Robespierre. Vuole che i francesi siano felici e virtuosi e se non vogliono essere tali gli taglia la testa. Egli stesso lascia ai posteri il giudizio sul suo sacrificio per il “bene dei suoi simili”. Un conformista retorico, assetato di successo, ossequioso nei confronti della buona società di Arras. Un dilettante vanitoso del quale ancora oggi, come Necker, ci chiediamo in che modo sia potuto diventare padrone di Francia? Un uomo che odia ogni spontaneità e fa del decoro borghese un’autentica ossessione, casto per scelta, noioso sino allo sfinimento. Come l’Eloisa di Rousseau sembra dire “Voglio essere casto, perché questa è la prima virtù che nutre tutte le altre”. Imbarazzante. Elimina in se stesso ogni separazione tra pubblico e privato, fra amor proprio e amor di patria, porta il discorso ideologico al grado più alto di perfezione. Robespierre è l’ideologia nella sua essenza. Sacrifica tutto alla trasparenza, si identifica col popolo, è in assoluta buona fede e quindi pericolosissimo.
È, come dirà Büchner “insopportabilmente onesto”. La sua probità è inattaccabile e per tutti egli è l’Incorruttibile. Come dirà Roederer “Avrebbe pagato perché gli si offrisse dell’oro, per poter dire di averlo rifiutato”. All’ incorruttibile piace ostentare l’onestà in modo religioso. Una vanitosa onestà da spietato censore. Un sofista incendiario, demagogo e calcolatore, freddo e odioso che suscita sincera antipatia all’interno dell’Assemblea ma riscuote grande successo nelle osterie della capitale. Nel marzo 1790 è Presidente dei giacobini ma si installa al comando dopo il 10 agosto 1792. Già a partire dalla primavera del ‘91 fa regnare nell’Assemblea il “dispotismo d’opinione” di cui lo accuserà Louvet. Dalla fuga del Re in poi il suo potere si accresce enormemente, può mettere in atto tutti i trucchi possibili e immaginabili, esercita una continua manipolazione. Scarso oratore assume il tono dell’ inquisitore ma mentre Marat insinuava e sospettava in modo banale ed elementare, Robespierre esercita un turpe magistero politico “Non calunniate la diffidenza, checché ne diciate, essa è la custode dei diritti del popolo, sta al sentimento profondo della libertà come la gelosia sta all’amore “. Parla uno che di amore non sa proprio nulla. Con lui il complotto è onnipresente e paludato da intenzioni patriottiche. Con lui prevale il Sospetto Universale, la Realtà diviene menzogna della verità. È un grande illusionista che usa la retorica pedante in modo ossessivo con un chiacchiericcio insignificante raccogliendo il consenso acritico dei fanatici giacobini. E così giunge al Terrore e alla conquista del potere eliminando tutti gli avversari politici. Passa dalla rousseauiana democrazia diretta alla rappresentanza, segue la congiuntura, è un grande opportunista. Può essere monarchico il 9 agosto 1792 e repubblicano l’11 senza contraddizione. Colpisce coloro che vorrebbero un’accelerazione come gli hébertisti e coloro che vorrebbero poter tornare indietro come i dantonisti. Lui è lo stabilizzatore che legittima il Terrore. Poi con evidente malafede in termidoro tenterà di imputare il Terrore ai suoi nemici. Finalmente il 9 termidoro il Terrore è vinto e Robespierre viene liquidato.
La profezia di Danton si avvera. “Tu [Robespierre] ci seguirai presto. La tua casa sarà abbattuta e sale seminato nel luogo in cui si trovava “. (Georges Danton, diretto alla ghigliottina nell’aprile 1794)
J.V.