Rousseau
Egocentrico, assai presuntuoso, velleitario, principe dei bugiardi, volubile, irriconoscente… fermiamoci qui per carità di patria. Nasce a Ginevra nel 1712 per morire nei dintorni di Parigi nel 1778. Fugge di casa da ragazzo e si arrangia come apprendista scrivano, operaio, musicista, domestico, segretario, educatore, impiegato del catasto, allievo di preti. Ipercinetico talentuoso, scrive opere e drammi che vengono rappresentate anche a Versailles (la Corte ama mettersi in casa i propri acerrimi nemici). Conduce vita grama ed inquieta tra Svizzera, Italia e Francia. Cambia casa continuamente. Nelle Confessioni lui stesso dice di essere bugiardo, pigro, lettore disordinato, seduttore. Ciò che è certo è che appartiene alla vil razza di coloro che raccontano le proprie imprese amorose. Da ragazzo è stato picchiato duramente e conserva piacere nel continuare a ricevere sberle. Onanista esagerato, esibizionista a rischio serio di ricevere dure e pesanti legnate. Poi Madame de Warens, dama stravagante e di trent’anni più anziana, lo converte al cattolicesimo, gli offre una stabile dimora, gli fa da madre e amante. La signora ha il piede veloce e quindi non si accontenta del ragazzotto.
Il giovane la prende male. Si separa da lei e intreccia amorazzi con cortigiane veneziane. Rischia la sifilide. Si prende una pausa di riflessione e poi si lega ad una povera sempliciotta, una ricamatrice di buon carattere che gli darà cinque figli. Dopo ventitré anni di convivenza la sposa. Ovviamente il gran teorico dell’Educazione non sa che pesci prendere e quindi spedisce i figli in orfanotrofio dal momento che gli arrecano disturbo quando legge e sono costosi da crescere. Ancora oggi mi chiedo come sia possibile prendere sul serio questo balordo. Blatera di innocenza originaria, esalta la povertà e l’ignoranza. Un disordinato mentale. Vuole riportare l’uomo alla sua purezza originale. Bisogna leggere le sue opere per comprenderne appieno il disagio esistenziale e il disturbo psichico. Tormentato dalle malattie, ipocondriaco e malinconico, pieno di astio e rancore verso il mondo, litigioso al massimo livello. Voltaire lo conosce bene e così lo descrive: “pazzo furioso, mostro, ciarlatano, cancro della letteratura, escremento del secolo, bestia selvaggia e diffamatore.” Verrebbe sicuramente dimenticato se l’occhiuta autorità ginevrina prima e parigina poi non ne facessero un martire bruciando i suoi libri perché anticristiani. Viene emesso un ordine di cattura mai eseguito. Ora però il nostro uomo può giocare al martire. Sogna complotti inesistenti contro di lui, attentati, persecuzioni. Accetta l’invito di Hume e si reca in Inghilterra. Riesce ad essere insopportabile anche all’ottimo scozzese e, dopo aver litigato, si toglie dai piedi prima di essere cacciato. Veste malissimo, è sciatto e trasandato, chiuso in una veste larghissima, con uno sporco cappello di pelo sulla testa. Muore solo e amareggiato, gonfio di rancore, piagnucoloso come suo solito “Son dunque solo sulla terra, senza fratelli, né parenti, né amici, né altra compagnia che me stesso. L’uomo più socievole e il più disposto ad amare i suoi simili è stato proscritto per unanime consenso. Nella raffinatezza del loro odio hanno cercato quale poteva essere il tormento più crudele per la mia anima sensibile, e hanno violentemente infranto tutti i legami che mi tenevano avvinti a essi.”
Post mortem la sua fama cresce a dismisura. Durante la rivoluzione francese le sue spoglie vengono trasportate al Panthéon. Grazie ai suoi tratti eccentrici influenza persino Herder e Goethe, gli idealisti tedeschi e l’ingenuo Nietzsche. Di sicuro ha scosso i fondamenti del pensiero illuministico introducendo sentimento e passione. Scavalca l’arida ragione in nome di illusioni di libertà totale.
Un esagerato di talento. Viene folgorato da grandi intuizioni che, a causa di una cultura vasta ma assai disordinata, non riesce a tradurre operativamente in modo compiuto. Piace ai dilettanti perché offre loro ricette di basso conio spacciandole per elisir di vita eterna. Si occupa di cose più grandi di lui con l’impudenza del dilettante di talento. Poi pesca il jolly e lavora su Ragione e Sentimento, su Verità e Menzogna. Lavora bene a tal punto che Kant scrive “Rousseau scoprì la natura profondamente nascosta dell’uomo, dietro la molteplicità delle sue maschere”.
Questo è il vero progetto filosofico di Rousseau, il suo pezzo forte. All’origine non si trova l’intelletto ma il sentimento, la verità non risiede nel pensiero ma nel sentire, nella certezza del cuore. La Nuova Eloisa è un inno all’amore immediato, fuori dalle convenzioni. Per Rousseau esiste un originario stato di bontà dell’uomo che il progresso ha contaminato. La sua è una lotta contro la società perché essa falsifica la natura umana. Dio crea l’uomo buono ma esso viene poi attratto dal male. Il male non è una forza antitetica a Dio, il male è il Progresso, il processo di incivilimento. Ecco perché i giacobini prima e i marxisti poi scorgono in Rousseau il loro Maestro. Anche la sua teoria pedagogica rampolla da questi pensieri. Il bambino, buono per natura, non va in alcun modo costretto. Nell’Emilio scrive castronerie utili a sghignazzare volgarmente con gli amici dopo abbondanti libagioni. Invece è stato preso sul serio da pletore di ignoranti che hanno letto due libri, e, cosa più grave, li hanno applicati nelle scuole. Se volete allevare idioti con tendenze criminogene educateli alla maniera di Rousseau. Il capolavoro comunque lo raggiunge con la Volontà generale, anticamera del totalitarismo. “L’obbedienza alla legge che ci siamo prescritti è libertà”, come se le leggi non fossero prodotti umani e quindi fallaci e dipendenti da sincronia e diacronia storico-geografica.
Un cialtrone sventurato, sessualmente turbato, emotivamente instabile, padre degenerato. Proverei pena per lui se non avesse creato tanto danno all’umanità. Non sopporto il dilettantismo e la cialtroneria di cui è intriso. Il mondo è terribile ma va affrontato con coraggio e dignità senza cedimenti al volgo e senza blaterare di stupide volontà generali che aprono, ed hanno aperto la strada, a banditi da strada e malfattori di ogni genere, da Hitler e Stalin in poi. Alla fine della sua vita scrive Le fantasticherie del passeggiatore solitario, dove racconta le miserie di un depresso insano di mente.
È lo stesso soggetto che aveva scritto anni prima il Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza tra gli uomini, Bibbia di tanti poveri cristi che lo hanno preso sul serio. Rousseau incarna sino in fondo la follia della modernità. Guida spirituale del freddo assassino Robespierre prima e dei dittatori rossobruni del Novecento poi.
J.V.