Schopenhauer

Schopenhauer

Simplex sigillum veri. Spregiatore dell’uomo. Imperatore del pessimismo radicale. Madre Johanna chiave dell’enigma. Rapporto complesso con genitori, padre Floris suicida, madre colta, raffinata, esigente, amica di grandi letterati e filosofi. Il piccolo, in tutti i sensi, Arthur soffre l’esclusione, nutre avversione per Goethe che circola per casa, per Hegel amico di Goethe, per le donne che detesta, per gli uomini che odia, per i bambini che vorrebbe non fossero mai nati… per sé stesso suppongo. Vuole un’arma sempre a portata di mano, picchia una sartina garrula che lo infastidisce, litiga con gli editori, litiga con tutti. Nessuno studente lo considera e parla ai banchi vuoti. Presuntuoso all’inverosimile, si appella al tribunale dei posteri.

Una chicca sul genere femminile:

“..soltanto l’intelletto maschile annebbiato dall’istinto sessuale ha potuto chiamar bel sesso quello dalla piccola statura, dalle spalle strette, dai fianchi larghi e le gambe corte: sicchè tutta la bellezza femminile deriva da cotesto stimolo…

Per Schopenhauer “l’uomo è annebbiato dalla visione dei genitali femminili, non esiste amore ma solo attrazione sessuale, l’amore è la giustificazione ad un istinto primordiale che nella donna si completa con la maternità… La donna non deve avere nessun diritto… è una civetta che vuole essere solo notata per attirare gli uomini”.

Probabilmente Arthur capisce poco di donne. Ama soltanto se stesso, è diversamente bello e le donne non se lo filano.

Per lui la vita è un inganno ininterrotto, un desiderio continuo inappagato. La vita è dolore. L’uomo beffato dalla speranza, danza nelle braccia della morte. La lotta per l’esistenza è il fondamento. Contesta duramente l’ottimista Leibniz.

Conosciamo soltanto rappresentazioni. Tutte le cose sono soltanto fenomeni. Segue la linea kantiana e detesta Hegel per motivi personali e filosofici. Dietro l’apparenza esiste la Volontà, il Wille Zur Leben. Il corpo umano, nella sua essenza, è Volontà che si rende visibile in un oggetto. La Volontà rappresenta l’essenza più interiore dell’uomo. La Volontà “è anche nella forza che fa crescere e vegetare la pianta; in quella che dà forma al cristallo; in quella che dirige l’ago calamitato al nord… e persino nella gravità, che agisce con tanta potenza in ogni materia e attira la pietra a terra come la terra al cielo”. La Volontà domina tutto. Il Mondo esiste come Volontà e rappresentazione. La Volontà è un impulso cieco e inarrestabile e si esprime nei diversi gradi, dalle forze inorganiche sino alla coscienza umana che diviene conoscenza. Ecco perché il Dolore regna sul mondo. Esso consiste nella lotta universale e continua. Il Dolore è immanente ed è impulso e Volontà. L’uomo è un animale metafisico che anela alla meraviglia e allo stupore filosofico constatando la presenza infinita del Male universale. Affrancarsi dal Male e dal Dolore è impossibile. Soltanto l’arte, in particolare modo la musica, esprime la pura essenza del mondo, per qualche istante. L’unica possibilità umana è rivolgersi contro la Volontà negandola. Deve rinunciare alle passioni e ai desideri per giungere all’ascesi e quindi alla completa libertà interiore, alla “quiete dell’animo pari alla calma del mare”. Inoltre l’uomo può mitigare il dolore altrui attraverso la pietà, assumendo su di sé il Dolore dell’altro. La pietà diviene fonte del comportamento morale e supera l’egoismo. Dall’egoismo nasce il male, dalla pietà il bene. In ogni caso per Schopenhauer il non essere è preferibile all’essere, il nulla, il nirvana è preferibile al divenire doloroso.

Il suo grande romanzo teoretico anticipa Freud, l’arte contemporanea, la musica di Wagner e Mahler, il pensiero dì Nietzsche. Con Schopenhauer il pensiero orientale giunge in Occidente. Giunge sotto forma di Pensiero Tragico, Dolore Cosmico, Pessimismo Radicale, Nichilismo Estremo. Politica, Lavoro, Storia, Dio, Dovere sono illusioni celate dal velo di Maya. La Verità è quella di Sofocle, Shakespeare, Caldéron: la vita dolorosa è un sogno. Ci risveglieremo?

Schopenhauer non vive asceticamente ma di rendita, si irrita se i bambini dei vicini fanno rumore, offre il suo binocolo da teatro ad un ufficiale di cavalleria in modo che possa meglio prendere la mira per sparare sui rivoltosi del 1848. Egoista, presuntuoso, cattivello… eppure prevede il tempo della meschinità e dell’osceno nel quale viviamo oggi e prova ad indicare una via maestra: isolamento, pochi sani piaceri carnali, musica (ama Rossini), misantropia, misoginia, consapevolezza che il Male è l’essenza del mondo. Alcune perle di saggezza di Schopenhauer:

“Quasi la metà di tutte le nostre angosce e le nostre ansie derivano dalla nostra preoccupazione per l’opinione altrui.

L’amore è il grande agguato che la natura ha teso agli uomini per propagarne la specie.

Un alto grado di intelligenza tende a rendere un uomo asociale.

Quasi tutti i nostri dolori scaturiscono delle nostre relazioni con gli altri. Non c’è sentiero più sbagliato per la felicità che la mondanità.

La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia.

C’è un unico errore innato, ed è quello di credere che noi esistiamo per essere felici.

Il senso dell’umorismo è la sola qualità divina dell’uomo.

La musica, intesa come espressione del mondo, è una lingua universale al massimo grado, e la sua universalità sta all’universalità dei concetti più o meno come i concetti stanno alle singole cose.

Quando si hanno di fronte degli imbecilli o dei matti, c’è un modo solo di dimostrarsi intelligenti: non parlare con loro.

L’uomo è l’unico animale che provoca sofferenza agli altri senza altro scopo che la sofferenza come tale.

In genere è consigliabile palesare la propria intelligenza con quello che si tace piuttosto che con quello che si dice. La prima alternativa è saggezza, la seconda è vanità”.

Questo è l’uomo.

Intanto a Napoli un altro uomo di statura fisica minore rispetto ad Arthur ma di statura complessiva enorme, scrive questi versi:

“E tu, lenta ginestra,

Che di selve odorate

Queste campagne dispogliate adorni,

Anche tu presto alla crudel possanza

Soccomberai del sotterraneo foco,

Che ritornando al loco

Già noto, stenderà l’avaro lembo

Su tue molli foreste. E piegherai

Sotto il fascio mortal non renitente

Il tuo capo innocente:

Ma non piegato insino allora indarno

Codardamente supplicando innanzi

Al futuro oppressor; ma non eretto

Con forsennato orgoglio inver le stelle,

Nè sul deserto, dove

E la sede e i natali

Non per voler ma per fortuna avesti;

Ma più saggia, ma tanto

Meno inferma dell’uom, quanto le frali

Tue stirpi non credesti

O dal fato o da te fatte immortali”.

Anche Giacomo pensa che il mondo sia intriso di male e lui stesso è vittima della volgarità del mondo, ma nella sua grandezza pensa anche che gli esseri umani debbano essere solidali col dolore altrui, debbano comprendere più che aver pena dei suoi simili.

Alcuni anni dopo un giovanissimo professore universitario di Basilea compra un libro in una bancarella. È Il Mondo come volontà e rappresentazione. Torna a casa, si getta sul divano e lo legge d’un fiato. Così Friedrich passa dalla filologia alla filosofia.

J.V.

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