Scrittura
Scrittura
“Una delle più diffuse ingenuità consiste nel ritenere che a furia di scrivere si possa diventare scrittori.”(Alessandro Morandotti)
Per scrivere occorre credere nella parola, nel mascheramento del silenzio, nell’esercizio costante della lettura, nello sforzo fisico che ne deriva, nella convinzione che Dio ascolti le nostre parole e ti conceda così l’immortalità. Scrivere è sofferenza, sangue che sgorga, sudore che gronda, fatica immane. Non è esercizio per dilettanti. Come scrive l’immenso Borges “Si legge quello che piace leggere, ma si scrive quello che si è capaci di scrivere”. Scrivendo si corrono rischi, si viaggia verso l’ignoto, verso l’inferno, si entra nel labirinto. Alcuni grandi scrittori come Balzac, Kafka e Cioran scrivono di notte come malati insonni. In effetti lo scrittore autentico è sempre un malato. Così Abelardo “Bisogna prendere speciali precauzioni contro la malattia dello scrivere, perché è un male pericoloso e contagioso” (Lettere a Eloisa).Con la scrittura l’anima viene messa a nudo, scarnificata, scossa alla ricerca del senso di un dolore da esprimere. Se metti a nudo il tuo cuore vieni ascoltato e le cicatrici disegnano una trama precisa. Il vero scrittore legge moltissimo, è onnivoro, non possiede spocchia, osserva la realtà e la traduce, è intimorito dai giganti e quasi prova vergogna nel gettare giù dieci righe. L’idiota invece scrive senza ritegno, è spudorato, non prova vergogna, non legge e presume di poter scrivere ugualmente in nome di una delinquenziale e criminale libertà di espressione. Scrive banalità e le scrive male, gli manca il confronto umile con i grandi.
Prima di scrivere tre righe occorre aver la consapevolezza della difficoltà del fornire il senso al vuoto esistenziale, del tentativo di sconfiggere il tempo che trascorre. Il lavoro dello scrittore è simile a quello dello scultore che ricava la statua dal blocco di marmo. Scrittura e mistero sono legati indissolubilmente. Non troviamo risposte ma scriviamo ugualmente, per noi, per chi vuole leggerci, perché ci offre sollievo come una terapia malinconica.
J.V.