SERGIO QUINZIO

SERGIO QUINZIO

“Provo l’umiliazione di non poter dire nulla con chiarezza. Ma in me non è chiaro niente, sebbene fossi partito dall’esigenza di cose chiare e semplici. Tutto si è invece, come nella storia della salvezza, così in me complicato, mediato, trasposto, contraddetto, reso assurdo. Non so se nelle mie giornate soffro, o gioisco, o sono indifferente, se amo o non amo, se ho vissuto davvero tutto quello che credo di aver vissuto.”

(Dalla gola del leone, 1980)

Teologo ed esegeta biblico profondo ed inquietante. Dopo la Morte della moglie, nel 1970, si ritira in isolamento a Isola del Piano, nelle Marche, dove studia incessantemente la Bibbia. Giunge alla considerazione che la salvezza portata da Dio all’uomo è una salvezza disperata, perché Dio non è perfettamente onnipotente. “Sono rimasto quello che ero, con il mio obbediente adeguarmi alla situazione, nella consapevolezza dell’impossibilità di cambiarla nel senso decisivo che sento indispensabile, con la mia sorridente disperazione, con la mia, giustamente, sempre più stanca e confusa confusione”

(Diario profetico, Adelphi, p. 19)

Ancora “E, mentre l’indice addita il futuro sperato, lo addita dall’esperienza di un Dio assente dal mondo, un Dio che deve misteriosamente pervenire alla propria divinità attraverso la lacerazione e la sconfitta” (La sconfitta di Dio, 1992, p. 49).

Nel 1944, adolescente, viene precettato dai tedeschi per lavorare all’obitorio. Recupera i cadaveri delle vittime dei bombardamenti. Esperienza determinante per la sua tragica visione della vita. Padre incarcerato per sospetto collaborazionismo. Trasferimento da Alassio a Roma. Facoltà di ingegneria, poi studi filosofici. Accademia della Guardia di Finanza. Inizia a scrivere ed esprime una visione radicalmente escatologica della fede cristiana, accompagnata da una lettura apocalittica della storia. Negli anni sessanta vonisce Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte. Si interessa di lui Roberto Bazlen e inizia il sodalizio con Adelphi. Sposa Stefania Barbareschi, figlia del politico socialista Gaetano. Nel 1966 nasce l’unica figlia, Pia. Purtroppo, come già detto, un tumore uccide la moglie trentenne. Trasferimento a Isola nel 1973. Conosce e sposa Anna Giannatiempo, allora assistente di padre Cornelio Fabro all’Università di Perugia. Porta a termine il Commento alla Bibbia. Poi scrive La fede sepolta (Milano 1978), Dalla gola del leone (Milano 1980), La croce e il nulla (Milano 1984), Radici ebraiche del moderno (Milano 1990). Il suo pensiero interessa Massimo Cacciari, Gianni Vattimo, Sergio Givone e Salvatore Natoli tra gli altri. Il confronto verte sul nichilismo e sullo svuotamento, sul fallimento storico della Chiesa come passaggio verso la salvezza (La sconfitta di Dio, Milano 1993 e Mysterium iniquitatis, Milano 1995). Muore per problemi cardiaci il 22 marzo 1996. I funerali vengono celebrati dal cardinale Achille Silvestrini.

“Sento confusamente tante cose, ma non riesco a distinguerle […] una incertezza anche maggiore si ha nelle scelte quotidiane: nessuna mi attrae abbastanza, e il non scegliere mi è intollerabile, perché sento che bisogna fare qualcosa. Una grande confusione, per l’impossibilità di essere compresi nel parlare di una cosa qualunque nello scrivere nel piangere nel ridere, sempre, per la solitudine abissale, tanto che devi fingere qualcosa per riempirla, fare e dire qualcosa che non serve, perché non si può stare senza fare e senza dire.”

(Religione e futuro, 1962)

Per Quinzio in definitiva l’unica vera speranza consiste nella venuta del Regno promessa da Cristo, nella quale i morti risorgeranno e Gesù tornerà per sempre a vivere tra coloro che lo hanno atteso nei millenni.

J.V.

Rispondi