Severino
Emanuele Severino
“L’intransigenza della pena eterna è uno dei tratti che più hanno reso il Dio cristiano insopportabile all’uomo moderno. Il pensiero greco evoca Dio per salvare l’uomo dal nulla; ma ora la giustizia divina si rivela ben più temibile del male che essa avrebbe dovuto guarire.”
Bresciano di origini siciliane. Allievo di Bontadini. Docente universitario di filosofia teoretica a soli ventidue anni. Dal 1954 al 1969 insegna all’Universita Cattolica di Milano ma il suo pensiero entra in conflitto con la dottrina ufficiale della Chiesa. Dopo lungo esame condotto da Cornelio Fabro il suo pensiero viene dichiarato inconciliabile con quello cattolico. Viene chiamato a Ca’ Foscari a Venezia dove insegnano alcuni suoi allievi come Salvatore Natoli e Umberto Galimberti. Accademico dei Lincei e tra i più importanti filosofi europei del Novecento. Muore il 17 gennaio 2020.
Critico del capitalismo, del comunismo e del Cristianesimo “Le spiegazioni della crisi del nostro tempo rimangono molto in superficie anche quando vogliono andare in profondità. Il fenomeno di fondo, che non viene adeguatamente affrontato, è l’abbandono, nel mondo, dei valori della tradizione occidentale; e questo mentre le forme della modernità dell’Occidente si sono affermate dovunque. Un abbandono che si porta via ogni forma di assoluto – e innanzitutto Dio.(…) Muore, dicevo, ogni forma di assolutezza e di assolutismo, dunque anche quella forma di assoluto che è lo Stato moderno, che detiene – dice Weber – “il monopolio legittimo della violenza”. Questo grande turbine che si porta via tutte le forme della tradizione è guidato dalla tecnica moderna – ed è irresistibile nella misura in cui ascolta la voce che proviene dal sottosuolo del pensiero filosofico del nostro tempo. Il turbine travolge anche le strutture statuali. Investe innanzitutto le forme più deboli di Stato. (…) La trasformazione epocale di cui parlo non è indolore: il vecchio ordine non intende morire, ma è sempre più incapace di funzionare, soprattutto in Paesi come l’Italia. E il nuovo ordine non ha ancora preso le redini. È la fase più pericolosa (non solo per l’Italia)“.
Severino affronta in modo radicale il problema dell’Essere e dell’errore costituito dalla fede nel senso greco del divenire per cui tutta la storia della filosofia occidentale è basata sull’errata convinzione che l’essere possa diventare un nulla. Porta a conseguenze estreme il pensiero parmenideo. Mentre Parmenide tenta di risolvere il conflitto tra il divenire e l’immutabilità dell’essere affermando l’illusorietà del divenire, negando l’esistenza delle cose del mondo e cadendo quindi in un’aporia, Severino sostiene che ogni essente è eterno, ogni cosa, ogni pensiero, ogni attimo sono eterni. Il divenire è soltanto l’apparire successivo degli eterni stati dell’essere, alla stregua dei fotogrammi di un film. Gli enti entrano ed escono dal cerchio dell’apparire. L’ente non diviene nulla ma si sottrae alla vista. Il divenire degli enti è come lo scorrere degli oggetti sullo specchio. Il tempo è l’immagine mobile dell’Eterno. In Severino l’Eterno non è Dio che crea gli enti, ma ciò che si estende a tutti gli enti che nel divenire si manifestano. Occorre tornare a Parmenide e rinunciare alla strada platonica, la strada del pensiero occidentale e quindi ormai mondiale, dove gli enti entrano ed escono dal nulla. Il pensiero occidentale pensa l’ente come essere ma anche come diveniente e ciò equivale a follia, al pensiero nichilista che si nasconde nella filosofia, nella scienza moderna e nella tecnica. Severino si discosta da Heidegger perché per lui la vera differenza ontologica è quella che si costituisce tra l’ente diveniente e l’immutabile. Per Severino nichilismo è credere che le cose siano mortali, ovvero che l’essere possa non essere, ed uscire e rientrare nel nulla, ovvero credere nel divenire delle cose. Il divenire dell’essere è un’opinione senza verità. L’Occidente domina il mondo perché possiede una possibilità offensiva superiore grazie alle idee guida di scienza, potenza, tecnica, salvezza. La filosofia occidentale, e quindi ormai tutto il mondo, cerca un rimedio contro l’imprevedibilità del divenire, contro il terrore che scaturisce dalla possibilità esistenziale. Così le grandi forme di rimedio epistemico come i sistemi di Aristotele ed Hegel si muovono anch’esse sul terreno nichilistico. Tutta la Storia occidentale è storia del nichilismo. La libertà umana non esiste ma appare all’interno di quell’essente, anch’esso eterno, che è il nichilismo dell’Occidente.
Siamo quindi destinati al tramonto per lasciare spazio al Destino della verità, una verità che testimonia la follia della fede nel divenire, dove la Morte è la persuasione dell’assentarsi dell’eterno.
Per quanto detto è chiara l’inconciliabilità del pensiero di Severino con la dottrina cristiana della salvezza.
L’uomo ha sempre lottato contro la morte, prima col mito, poi con la filosofia, poi con un Dio onnipotente. Operazioni folli che oggi hanno condotto al Dio-Techne, al culmine della Follia. L’accecamento iniziale della filosofia ormai è completo. La filosofia contemporanea tende a tramontare nel sapere scientifico. La tendenza fondamentale del nostro tempo è la negazione e la distruzione degli immutabili, un’operazione che riguarda la Techne. Le forme estreme di questa fede sono la scienza sul piano della teoresi e il capitalismo sul piano della prassi. Ad una ha risposto Hegel, all’altra Marx ma entrambe non hanno sconfitto il nichilismo in quanto si muovono dentro il concetto greco del divenire.
In sostanza quella di Severino è una ontologia della necessità. Il futuro della filosofia non è la filosofia del futuro ma il riproporsi della filosofia del passato che ci porta oltre l’uomo è oltre l’angoscia della fede del divenire e del conseguente riparo, oltre la volontà di potenza. Noi siamo re che vivono da mendicanti, siamo eterni e non vogliamo accettarlo.
J.V.