SINIŠA MIHAJLOVIC (1969-2022)

SINIŠA MIHAJLOVIC (1969-2022)

“Rivivrei ogni cosa, nello stesso modo. Anche gli sbagli. Perché non esistono vite perfette. E sarebbero pure noiose”

Sampdoria-Eintracht Francoforte amichevole

Da giovane subisce gli orrori della guerra fratricida. Il calcio è il suo riscatto. La lealtà la sua guida, i patimenti subiti il suo ricordo costante “Mi piace vivere bene, so cosa significa avere poco da mangiare. Da piccolo adoravo le banane, ma non avevamo i soldi, mia madre ne comprava una e la dovevo dividere con mio fratello. Una volta le ho detto: quando divento ricco mi compro un camion di banane e le mangio tutte da solo”. Non scende a compromessi. Il 13 luglio del 2019: “Ho la leucemia. Nessuno di noi deve pensare di essere indistruttibile. In un momento ti cambia tutto”. La notte prima dell’annuncio piange “e ancora adesso ho le lacrime ma non sono di paura”. Trapianto di midollo “Non sono un eroe. Ora parliamo di calcio. Mi sono rotto di piangere”.

Poi, il 26 marzo scorso, la recidiva. Lo comunica lui stesso “Questa malattia è molto coraggiosa se ha scelto di tornare ad affrontarmi, ma se non le è bastata la prima lezione gliene daremo un’altra”.
Coraggio e paura. Un uomo vero, un duro, a volte discutibile, ma sincero e diretto, politicamente scorretto perché privo di ipocrisia. “Ai giocatori chiedo personalità, coraggio. Ci sono quelli che ce l’hanno e devi solo tirarglielo fuori, e quelli che non ce l’hanno”. Non è mai stato leggero. “Vengo considerato un duro, è vero. Ed è meglio se non mi fai incazzare. Ma anche uno con le palle può commuoversi”.

A soli 22 anni vince la Coppa dei Campioni con la Stella Rossa. Poi viene in Italia. Roma, Sampdoria, Lazio, Inter. Vince due campionati e diviene simbolo di forza. La sua specialità sono i gol su punizione: ne realizza anche tre in una sola partita. “Mio padre faceva il camionista, è morto a 69 anni, di tumore ai polmoni. Quando se n’è andato io non c’ero. Ci penso tutti i giorni. Quando si parla di sogni non penso ad alzare una Champions League o uno scudetto. Il mio è impossibile: poter riabbracciare mio padre”.

Vive la sua vita, breve, sempre di corsa. Spavaldo, anche un po’ violento, nel bene e nel male. Se vuoi capire Siniša Mihajlovic devi guardare come batte le punizioni. Breve rincorsa, colpo secco, palla che viaggia a oltre 160 km. Dinamite allo stato puro. Fascetti, un altro che non le manda a dire, dopo un Sampdoria Bari, dichiara “abbiamo perso contro un uomo che ha un fucile al posto del piede sinistro”. Anche la sua vita è un susseguirsi di colpi secchi. Non ha mai nascosto il suo amore per la Serbia attirandosi ire ed antipatie. Difende persino la sua amicizia con Radzik, il generale di Srebrenica. Prende squalifiche per razzismo e violenza in campo. Paga il suo carattere tutto d’un pezzo. Non è uno stinco di santo e non vuole esserlo ma è vero, sincero, leale. Sempre elegante nel vestire e nel portamento, ama il profumo, le citazioni importanti, sfodera un magnifico sorriso che contrasta con la sua espressione dura. Amico di un altro uomo di ferro come Zeman. Dimostra di essere anche un ottimo allenatore a Catania, a Milano, a Bologna. Prende la Sampdoria messa male e la porta in acque tranquille. Trasmette forza ai giocatori. Poi la malattia.
Lascia nel dolore moglie e sei figli (il primo avuto da giovane da un’altra donna). Lascia nel dolore molti che lo hanno conosciuto e apprezzato.

A me piacevi Siniša… molto. Ti sia lieve la terra

J.V.

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