Søren Aabye Kierkegaard, Il concetto di angoscia. (Begrebet Angest)

Søren Aabye Kierkegaard, Il concetto di angoscia. (Begrebet Angest)

Prima edizione København 1844, con lo pseudonimo Virgilius Haufniensis.

Opera teologico-filosofica. Angoscia in relazione al peccato originale. Contro Hegel. Passaggio dell’innocenza alla colpa, opposizione Anima/Corpo, Temporalità/Eternità, Necessità/Possibilità. Lo Spirito nell’innocenza ignora la differenza tra Bene e Male. Esso è però dominato dall’Angoscia (dal latino angere, stringere soffocare). Nasciamo predisposti all’angoscia e quindi impossibilitati a non vivere questa condizione, o siamo vittime inconsapevoli di una cultura coercitiva che innesta in noi questa condizione? Dilemma Natura/Cultura. Una vertigine di libertà, modo di essere dell’uomo nel mondo. Singolarità, Possibilità, Scelta, Disperazione, Fede. Angoscia come sentimento del possibile, un possibile pesantissimo in quanto prospetta l’impossibilità, l’impotenza umana nel realizzare la propria esistenza.

“L’angoscia si può paragonare alla vertigine. Chi volge gli occhi al fondo di un abisso, è preso dalla vertigine. Ma la causa non è meno nel suo occhio che nell’abisso; perché deve guardarvi. Così l’angoscia è la vertigine della libertà”

L’angoscia esistenziale nasce dalla percezione del vuoto rispetto alla propria esistenza, dalla consapevolezza che la libertà è una non libertà nella quale ogni scelta etica e sociale è costretta da altri e non indirizzata dai nostri veri desideri. Ecco il peso insopportabile dell’esistenza. Questo peso può essere sopportato soltanto con la Fede. Angoscia è differente da Paura, che è paura di… qualcosa. Angoscia è la realtà della libertà in quanto Possibilità della possibilità. Più grande è l’uomo, più profonda diviene l’angoscia.

“Ora, volgendosi verso se stesso, egli [il genio] scopre la colpa. Più il genio è grande e più profondamente scopre la colpa. Che questa sia una follia per la mancanza di spiritualità, è una cosa che mi fa piacere e lo considero come un segno felice. Il genio non è alla stregua degli altri, e non si accontenta di esserlo. Ciò non è perché egli ripudia gli uomini, ma dipende dal fatto ch’egli ha da fare originariamente con se stesso, mentre tutti gli altri uomini e le loro spiegazioni non gli servono né per andare avanti né per andare indietro… Quando la morte si presenta nella sua vera faccia scarna e truculenta, non la si considera senza timore. Ma quando essa, per burlarsi degli uomini che si vantano di burlarsi di lei, si avanza camuffata, quando soltanto la nostra meditazione riesce a vedere che, sotto le spoglie di quella sconosciuta, la cui dolcezza c’incanta e la cui gioia ci rapisce nell’impeto selvaggio del piacere, c’è la morte — allora siamo presi da un terrore senza fondo”.

Heidegger dirà che l’angoscia esistenziale nasce quando l’uomo scopre nella morte la possibilità decisiva dell’esistenza; solo in questo modo l’uomo diventa consapevolmente autentico.

Come Adamo (ebraico Adam, uomo) ogni uomo perde la propria innocenza a causa della propria colpa. L’angoscia così aumenta, è consapevole perché gioca sulla conoscenza del Bene e del Male. L’uomo a questo punto può lasciarsi coinvolgere ancora più dal peccato oppure chiudersi in se stesso e rifiutare di riconoscere Dio nella libertà (il demoniaco). Soltanto nella Fede esiste l’esperienza della possibilità della redenzione da parte di Dio.

Opera che influenzerà fortemente Heidegger, Jaspers, Sartre, Camus tra gli altri e, in generale, tutto il Novecento.

“E difficile qualificare con esattezza il metodo seguito da Kierkegaard: la sua dichiarazione di voler fare unicamente un’indagine “psicologica” sulla natura del peccato originale va presa con cautela. La trattazione tocca di volta in volta i vari campi interessati al problema: la teologia dogmatica, la metafisica, la fenomenologia o psicologia in senso proprio. Ma se si deve dichiarare una dominanza, essa va attribuita alla metafisica tenendo presente all’inizio l’origine teologica del problema (il dogma del peccato originale) e gli spunti biblici della sua potente analisi fenomenologica (la tentazione, il demoniaco…) che operano continuamente in ogni punto del trattato. L’angoscia è il presupposto del peccato originale rispetto alla caduta di Adamo ed Eva, come lo è per la caduta nel peccato di ogni loro discendente. Il suo oggetto è il nulla ed è l’avvertenza di questo nulla che rivela all’uomo di essere una sintesi di anima e corpo nello spirito. Se l’angoscia può essere occasione di caduta e di perdizione, può anche e deve essere, con la sua scoperta degli orrori del peccato, una tappa per incamminarsi verso il bene e la salvezza: il più spaventoso e pericoloso di questi orrori è la tentazione del suicidio, ma l’uomo ha in sua mano un punto solido a cui ancorarsi, ed è precisamente la “fede” che mette in fuga ogni angoscia e rende possibile il dispiegamento positivo delle energie dello spirito per accostarsi a Dio”. (Cornelio Fabro)

J.V.

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