Vespasiano
Dopo la tragedia del 68 e la morte di Nerone, un uomo completamente diverso diviene imperatore. Un soldato: Vespasiano. Nel 2009 si è celebrato il bimillenario della sua nascita. Nasce a Rieti, espressione dell’Italia municipale laboriosa e guerriera. Un uomo nuovo, un “borghese”. Nel corso della guerra civile del 68 emerge la sua figura di valoroso generale. Il primo luglio del 69 le truppe di Egitto, Giudea e Siria lo acclamano imperatore. Nello stesso anno altri tre imperatori vengono acclamati da altre legioni: Galba, Vitellio e Otone, ma saranno soltanto semplici e fugaci comparse. Vespasiano si avvia a divenire il miglior amministratore di tutta la storia dell’impero romano.
Il ruolo dell’esercito è ormai fondamentale. Caligola, Claudio e Nerone furono protetti ed eliminati dai pretoriani. Ora tocca alle legioni acclamare il nuovo imperatore sulla base del rapporto strettissimo tra generale e soldati. Tutto ciò conferma la precarietà imperiale e la mancanza di una salda norma costituzionale che regoli la successione imperiale. Tacito parla di Arcana Imperii “Se la fine di Nerone si era risolta, sul momento, in un’esplosione di giubilo, aveva provocato reazioni diverse, non solo a Roma tra i senatori, il popolo e i soldati della guarnigione, ma in tutte le legioni e fra i loro comandanti: era adesso consapevolezza diffusa un principio del potere finora segreto, che si potesse divenire imperatori anche al di fuori di Roma.”
Così ormai anche le Province giungono ad acclamare gli imperatori.
Vespasiano proviene da una famiglia di uomini dediti alla riscossione delle imposte e alle vendite all’incanto. Non precisamente il massimo della concezione che i Senatori hanno della nobiltà. I valori per i Senatori sono costituiti dalla terra, non dal denaro. Vespasiano è il segno chiarissimo del mutamento dei tempi e della fluidità sociale.
Inviato in Giudea, zona caldissima dell’impero, da Nerone (sapeva scegliere i propri generali), aveva già operato con Claudio sul Reno e in Britannia. Proconsole d’Africa, uomo integerrimo, generale capace e amato dai soldati coi quali condivide frugalità e fatica. Volto quadrato e figura massiccia, prototipo del legionario italiano. Esperienza militare e capacità nel sapere amministrare il denaro sono i pilastri del suo buon governo.
Trova le finanze dissestate a causa della politica lussuosa di Nerone, delle ingenti spese occorrenti per la ricostruzione della capitale devastata dall’incendio e delle guerra civile del 69. Le sue manovre economiche sono complesse ma giungono a buon fine. Aumenta le tasse, recupera terre occupate abusivamente, interviene sulla moneta, razionalizza le uscite e porta ordine nelle entrate.
Uomo assai frugale, spiritoso, ostenta la propria parsimonia. Dopo il fantasmagorico Nerone non poteva esistere imperatore più austero e parsimonioso di Vespasiano. Muta anche il modus vivendi delle classi dirigenti.Tacito lo descrive benissimo nel terzo libro degli Annali. Tramonto dello stile lussuoso del Senato. Cresce la fiducia nel ruolo imperiale. Ricorda la moralizzazione augustea. Come tutte le epoche moralizzatrici nasconde un notevole tasso di ipocrisia ma dopo i fasti neroniani probabilmente si tratta di medicina necessaria. Epoca degli uomini nuovi, ricambio sociale. Paradossalmente Vespasiano darà l’avvio ai lavori faraonici della costruzione del Colosseo grazie al bottino della guerra giudaica. Non soltanto non si tratta di sprechi ma di precisa operazione politica tendente a rinsaldare il rapporto tra Principe e popolo romano. Il Colosseo, ultimato da Tito, viene edificato in un luogo pubblico dove Nerone aveva costruito la Domus Aurea. Vespasiano restituisce al pubblico uno spazio simbolico della proprietà privata imperiale.
Abilissimo nel tessere il dialogo tra Principe e plebe, offre un messaggio di moderazione e di speranza. Un messaggio forse un po’ ipocrita e calcolato, ma sicuramente efficacissimo.